VITERBO – Un grande segnale di civiltà. Si tratta del cosiddetto “oblio oncologico”, cioè dare gli stessi diritti di tutti anche a chi è guarito dal tumore. Con la raccolta di ben 100mila firme, la prima campagna per una legge per il diritto all’oblio oncologico è approdata in Parlamento, nello scorso aprile, ed è condivisa sia dalla maggioranza che dall’opposizione. A presentare il disegno di legge alle Camere è stato il CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro): l’oggetto della campagna di comunicazione è #iononsonoilmiotumore, promossa da Fondazione Aiom (Associazione italiana di oncologia medica).
In pratica, una volta approvata, questa norma permetterebbe alle persone guarite da un tumore, che in Italia sono più di un milione, di riprendere la propria vita, senza discriminazioni. Attualmente, infatti, è ancora molto difficile richiedere mutui, prestiti, stipulare assicurazioni, partecipare ai concorsi, accedere all’iter per le adozioni per chi ha avuto un cancro. Perché ogni volta che si compilano i vari moduli è necessario riferire la cartella clinica. Anche dopo la guarigione, quando i rischi per la salute sono gli stessi di tutti gli altri. Tutto questo, naturalmente, può comportare conseguenze: basti pensare all’aumento del premio e, addirittura, il possibile rifiuto.
È una situazione che riguarda non solo i diretti interessati, cioè gli ex pazienti e gli ammalati per intendersi, ma anche i familiari ed i caregiver (una persona che presta assistenza gratuita e quotidiana ad un proprio parente). Vista la sostanziale convergenza sulla necessità di arrivare il più presto possibile all’approvazione, non è difficile ipotizzare un iter abbastanza celere. Un importante gesto di ascolto verso un milione di italiani, come peraltro è già avvenuto in Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Portogallo e Romania. Una vera e propria tutela dei cittadini guariti dalla devastante esperienza del cancro. Basti pensare che per essere definiti “guariti” occorrono anni: per il cancro alla tiroide ne servono 5 dal termine del ciclo di cure, meno di 10 per il tumore al colon. Ma, ad esempio, per mielomi e leucemie occorrono 15 anni. Quindi, riconoscere il diritto è una essenziale condizione per poter ritornare ad una vita normale e dignitosa.
Il testo, che dovrebbe arrivare in Aula alla fine di luglio, è stato redatto sulla base di nove progetti di legge precedenti, presentati da diversi gruppi parlamentari e dal Cnel. Prevede due scaglioni temporali per accedere a determinati servizi senza dover fornire informazioni sul proprio stato di salute: 10 anni dopo il termine delle cure per chi ha avuto il cancro dopo i 20 anni, 5 per chi ha avuto il tumore prima. “Saranno importanti anche i passaggi successivi – sostengono i promotori – perché i limiti di tempo devono essere modulati ulteriormente, sulla base del tipo di patologia”.
“La legge per il diritto all’oblio oncologico punta a cambiare un paradigma: cancro non è sinonimo di morte. Si può guarire. Ecco perché è importante sia attuare comportamenti sani di prevenzione, sia curarsi”, spiega Giordano Beretta, il presidente della Fondazione Aiom, in prima linea nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’importanza di ottenere una legge che tuteli i pazienti che hanno raggiunto la stessa aspettativa di vita dei soggetti che non hanno avuto cancro.
La burocrazia, dunque, rappresenta un vero e proprio intoppo, un problema per il quale chi è guarito, si vede negati alcuni diritti fondamentali. Chi ha intenzione di adottare un figlio, è obbligato a dichiarare di aver avuto un tumore, rischiando così di essere penalizzato nel complicato percorso previsto dalla legge; per non parlare di chi, ritornando al lavoro, si è trovato ad essere stato demansionato o anche trasferito. Senza dimenticare chi è stato addirittura licenziato.
Ritornare ad essere considerati uguali agli altri, dopo una estenuante battaglia contro la malattia oncologica, per poi trovarsi ad essere “etichettati”, magari per sempre. Vere e proprie discriminazioni sociali che colpiscono oltre un milione di italiani, con conseguenti ripercussioni sulla vita quotidiana, ecco perché l’oblio oncologico è un diritto.
“Si tratta di una battaglia di civiltà – conclude Beretta – affinché cessino quelle discriminazioni nascoste che segnano la vita di chi ha avuto un tumore. Ma sarò soddisfatto solo quando il testo diventerà legge. C’erano sono già state altre proposte anche nella scorsa legislatura, la novità di questa, però, è che si tratta di un testo unico con l’accordo di maggioranza e opposizione, che trova il favore anche della premier Giorgia Meloni e del ministro della Salute Orazio Schillaci, su cui nessuno, quindi, può mettere una bandierina”.
Un passo in avanti, dunque, sotto il segno della civilità, un messaggio di speranza per tutte quelle persone che lottano ogni giorno un’impari lotta contro il male, sulla propria pelle. Una sorta di libertà da quegli ottusi ostacoli che hanno il potere di limitare l’esistenza di chi ha superato una difficile fase della propria vita che, come ha scritto sul proprio sito Fondazione Aiom serve a garantire “ai suoi cittadini un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica”.
Laura Ciulli
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