NUORO – Scrivere di sé non sempre è facile. Si è portati ad autoincensarsi o, al contrario, a buttarsi giù. Tutti nella vita attraversiamo momenti di gioia e dolore, ma spesso, soli o con l’aiuto delle persone care, riusciamo a venire fuori dal magma incandescente che talvolta sembra bruciarci dentro e farci soffrire. Il dolore fisico è facilmente superabile ma spesso le cicatrici interne faticano a rimarginarsi e lasciano strascichi che sono duri da superare. Agli occhi della gente appariamo sereni, sorridiamo e siamo autoironici, ma non sempre questo è ciò che il nostro animo sente. Vorremmo urlare al mondo il nostro sconforto e la nostra solitudine ci appiattisce: basterebbe che qualcuno scrutasse un po’ più con attenzione dentro di noi per capire quello che proviamo.
Sono stata una bambina amata e felice, ma fisicamente non mi sono mai piaciuta tanto. Brava studentessa, sempre promossa a giugno con ottimi voti, discreta sportiva e amante della musica. Eppure ho sempre avuto un acerrimo nemico: lo specchio. Paffutella inizialmente, robusta poi, grassa e infine obesa e ciò ha sicuramente creato dentro di me un forte senso di smarrimento e frustrazione. Il caro cortisolo, spesso definito “ormone dello stress” perché la sua produzione aumenta, appunto, in condizioni di stress psico-fisico severo, a seguito di una serie di peripezie che hanno influito sulla mia serenità nel corso degli anni, ha dato il suo colpo di grazia stravolgendo il mio metabolismo e portando il mio peso a 101 kg. Tre anni fa, perciò, non riuscendo a respirare, a muovermi quasi più, con un polmone collassato e problemi al fegato ho deciso di cambiare vita, o meglio di riprendermi in mano la mia vita che a meno di 50 anni mi stava sfuggendo dalle mani.
Raramente si pensa ad una persona obesa, si parla molto più dell’anoressia e della bulimia. Il sovrappeso e il suo eccesso vengono percepiti come mancanza di volontà, ingordigia, poco riguardo per la propria salute e la propria estetica. Tutto questo rischia di banalizzare una condizione psichica complessa e altrettanto tragica quanto le altre patologie alimentari. Il sostantivo obesità è stato usato per la prima volta nel 1610 e trova la sua etimologia nella parola latina “obesitas”, che vuol dire “grassezza” o “corpulenza”. Durante il Medioevo, l’obesità era un segno di prosperità e benessere, che stava ad indicare che avevi denaro sufficiente per mangiare tutto il cibo che volevi, a dispetto di tutti gli altri che morivano di fame. Oggigiorno, ricerche scientifiche hanno dimostrato che essere troppo grassi può causare molteplici problemi di salute. Quando prendi coscienza di ciò arriva il momento di dare una svolta alla tua vita e così è successo a me. Talvolta il consumo del cibo era visto come promessa illusoria di sostituire il vuoto che mi circondava, ma col tempo ho preso coscienza del fatto che il riempirsi non porta mai ad una giusta soddisfazione. Nel riempirsi di tutto non si sperimenta il vuoto che è ciò che produce il pensiero, il desiderio, gli atti creativi: il pieno tenta di riempire l’angoscia del vuoto, ma porta all’angoscia di un pieno che soffoca e cancella il soggetto. E il mangiare continuo o in modo errato rispondeva come compensazione alla frustrazione di una domanda d’amore. Cercavo di sparire dentro il nero dei miei vestiti ma un obeso non può non essere visto e questo accresceva in me vergogna e senso di emarginazione.
Pur venendo apprezzata in famiglia per le mie qualità, pur essendo rispettata e gratificata dal lavoro e dagli studenti stavo male e il sorriso vestito in pubblico era una maschera fittizia che sbandieravo al mondo per mostrare, mentendo a me stessa, che non c’erano problemi e tutto andava a gonfie vele. Il mito della magrezza, nel mondo occidentale, è sempre stato un valore dominante. Essere magri nell’immaginario comune è sinonimo di giovinezza, bellezza, attrazione sessuale, forza morale, capacità lavorativa, successo, felicità. L’eccesso di peso, invece, viene disprezzato, rifiutato, spesso deriso. Questo provoca gravi discriminazioni e uno stigma sociale che condiziona fortemente le persone affette da obesità, e se ad essere sovrappeso sono le donne è ancora peggio. In Italia una persona su 10 è obesa, ovvero oltre 5 milioni di adulti. Se ci spostiamo in America la situazione peggiora drasticamente. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’obesità è l’”epidemia” non infettiva di più vaste proporzioni del terzo millennio. L’obesità e il sovrappeso interessano 2,3 miliardi di persone nel mondo e l’obesità da sola 650 milioni di persone. Inoltre, causa quasi di 5 milioni di decessi. Allarme anche per i bambini. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità su 50.000 bambini il 21,3% risulta in sovrappeso e il 9,3% obeso.
Ma l’obesità è una malattia cronica che accorcia la vita, ma se si prende coscienza di questo e si riesce a impegnarsi a fondo si può guarire. Per questo, quando ho cominciato a faticare a salire le scale, a respirare solo con l’ausilio di una macchina che non mi facesse continuamente andare in apnea, a non sopportare più i dolori alle gambe e alla schiena ho detto BASTA. Con la complicità e l’amorevole aiuto dei miei familiari e di un’esperta equipe medica, con me ancor oggi sempre in contatto, ho cambiato stile di vita dopo un intervento chirurgico. Ora, a tre anni dall’intervento, sono un’altra, o meglio sono sempre io ma priva di tutte le patologie che mi affliggevano e di quella corazza di grasso di 40 kg che mi portavo addosso. La lettura del libro “Adorata nemica mia” è stata un ulteriore sprone e la frase “I grassi fingono un’accettazione di sé stessi che non è mai sincera, perché nessuno potrebbe andar davvero fiero di certe dimensioni, tranne quelli che si sono già arresi” è diventata il mio grido di battaglia per non arrendermi.
Ora sto bene, seguo un’alimentazione bilanciata, esco di casa almeno 3 volte al giorno col mio labrador e faccio una media di 23.000/25.000 passi al giorno. Sorrido di più e non solo per compiacere gli altri ma perché sto meglio con me stessa, non mi affatico più tanto nel fare le cose, preparo i cibi con piacere e mangio di tutto, ma cucinato in modo più sano. Ai prodotti confezionati e con conservanti preferisco quelli freschi, frutta e verdura non mancano mai dalla mia tavola e cucino con gioia per me e le persone che amo. Non è stato facile ma alla fine “volere è potere”. Ora mi apprezzo di più e lo specchio lo guardo con meno paure, vittimismo e odio come in passato. Costanza, attività fisica, buona volontà, serenità e amore per sé stessi, con l’aggiunta dell’amore che gli altri hanno per me, è stato il cocktail ideale e perfetto che mi ha permesso di “guarire”. Concludo con una frase tratta dal libro “Forte e sottile è il mio canto”: “È difficile l’obesità, proprio perché a molti non pare una malattia e obbliga chi ne soffre a convivere con la tragicità della distorsione forzata tra quanto di più sacro si ha, la propria identità, e l’immagine visibile di sé”. Molti dovrebbero farla propria per capire meglio gli altri.
Virginia Mariane
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