RIETI – Il titolo di un articolo di questa settimana ha attirato la mia curiosità: “Cosa fai nel weekend?”. Normalissima e banalissima domanda, se non fosse che giunge in questo periodo in cui i nostri programmi e le nostre ordinarie abitudini sono completamente sovvertite e direttamente connesse ai “colori” che periodicamente ci vengono destinati a seguito dell’andamento dei valori della curva di incidenza della pandemia nei territori. Dunque, “Cosa fai nel weekend?” è stata la maniera per avventurarsi alla scoperta di una iniziativa che vede la creazione del primo villaggio per nomadi digitali d’Europa.
Questa iniziativa nasce dal Progetto sviluppato dal Governo locale a Madeira, che prende il nome di “Startup Madeira” insieme alla “mente” Conçale Hall. Nel mezzo dell’Atlantico, costa sud dell’arcipelago portoghese di Madeira, sta per nascere quello che viene definito il villaggio nomade digitale, il primo in Europa. Sorgerà a Ponta do Sol e inizierà ad accogliere, dal primo febbraio, i professionisti digitali di tutto il mondo per dar vita ad un grande esperimento, ovvero quello di creare la prima comunità integrata tra lavoratori da remoto e abitanti del luogo. Il Progetto ideato da Conçalo Hall, Digital Nomad Consultant, ospiterà i nomadi digitali in un vero e proprio paradiso naturale dove troveranno sistemazioni accoglienti, spazi di coworking gratuiti, ristoranti, caffè, negozi, il tutto con una rete wifi potentissima.
“Ci aspettiamo che i nomadi restino per periodi lunghi di tempo e che possano avere un impatto positivo qui a Madeira – spiega Conçalo Hall -. Costruendo comunità ed aiutandoci a combattere la riduzione del turismo e lo svuotamento delle città”. Il villaggio che sorgerà a Madeira sarà unico. Ma in realtà in cosa consiste la vera novità? “Alcuni Paesi europei – racconta Conçalo – stanno lavorando sulla cosiddetta ‘digital nomad visa’ (un visto speciale che permette a chi ne ha diritto di lavorare da remoto da una località straniera), altri stanno cercando soluzioni per attrarre nomadi digitali in posti turistici. Il nostro approccio qui a Madeira è invece completamente diverso. Crediamo che i nomadi digitali e i lavoratori da remoto cerchino principalmente una comunità e per questo motivo un piccolo villaggio, dove creare una rete di relazione di scambio, sarebbe perfetto. Ci sono così tante cittadine che si sono svuotate nell’ultimo anno e questo progetto potrebbe aiutarle a creare nuove dinamiche”.
In pratica, dunque, come dovrebbe funzionare un” villaggio di nomadi digitali”? Innanzitutto ci sarà un “local community leader” il cui compito sarà quello di fare da raccordo tra i lavoratori da remoto e la realtà locale, con l’obiettivo di favorire l’integrazione tra chi arriva e chi c’è già. Mentre il nomade digitale si impegna ad integrarsi, a supportare le realtà locali, ad avere un impatto positivo nel luogo in cui deciderà di vivere, la comunità metterà a disposizione spazi comuni di lavoro, lo aiuterà a trovare una sistemazione e ad entrare in contatto con altre persone mosse da interessi simili. Lo scambio è pensato per essere equo. Ma la domanda che nasce spontanea è se in un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui viaggiare è davvero difficile, questa iniziativa avrà seguito? Conçalo Hall è convinto di sì: “Stiamo vivendo tutti un momento difficile, in tutto il mondo. Eppure l’interesse è stato tantissimo, con oltre 600 nomadi digitali registrati. Molte le persone dagli USA che attendono che si aprano i confini, nel frattempo saremo lieti di accogliere gli europei che hanno mostrato interesse ed entusiasmo per questa grande esperienza”.
Ovviamente, visti i tempi, rassicurano che l’attenzione alla sicurezza sarà massima: verrà richiesto un tampone all’atterraggio, i cui costi saranno supportati dal governo locale di Madeira e il villaggio rispetterà le norme di distanziamento e di capienza massima dei presenti negli eventi di gruppo. All’aperto la maggior parte delle attività. Conçalo Hall, alla domanda se riuscirà nell’intento a far rimanere per un periodo lungo i nomadi digitali in visita, risponde: “Sono un nomade digitale portoghese. Ho viaggiato il mondo negli ultimi anni raggiungendo posti come Bali, il Vietnam, la Thailandia. Ma nulla mi ha lasciato più a bocca aperta di Madeira. La natura lussureggiante, le cascate, l’oceano, il cibo, inoltre è la base per organizzare attività d’immersione, il trekking, le passeggiate. Il wifi qui è veloce e l’inglese si parla quasi ovunque. L’unica cosa che manca è una comunità forte ed è ciò che vogliamo costruire”.
Il lavoro da remoto imposto dalla pandemia ha dato la possibilità a molti lavoratori di riflettere sul proprio stile di vita. Si può essere produttivi anche senza passare otto ore nel posto di lavoro tutti i giorni? Si può prendere il pc e connettersi da luoghi più affini al nostro modo di essere? I nomadi digitali ne sono sempre stati convinti. Per i nuovi l’evoluzione sta per iniziare. “Sempre più persone – dice Hall – scopriranno il piacere di lavorare in libertà da un altro luogo, con lo stesso fuso orario del proprio posto di lavoro”. “Inoltre – continua Hall – c’è un altro tipo di nomade digitale che non esisteva prima della pandemia, ed è il lavoratore che sperimenta questa modalità per la prima volta e che può viaggiare in Europa. Sono sicuro che una volta fatto l’esperimento, non tornerà più in full time”.
Il futuro è già cominciato: bisogna solo viverlo compiutamente.
Stefania Saccone
Nell’immagine di copertina, uno scorcio dell’isola di Madeira
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