PERUGIA – Quaranta, forse cinquanta vittime. Uomini, donne, bambini massacrati in chiesa. Durante la celebrazione della messa. Di più: nel giorno della celebrazione della Pentecoste.
A consumare la terribile strage – lo scorso 5 giugno, all’interno della chiesa di San Francesco Saverio a Owo, nello stato di Ondo, in Nigeria – un commando armato di tutto punto, entrato in azione mentre il celebrante, che indossava gli abiti liturgici in rosso previsti dal rito pentecostale, stava pronunciando “Andate, la messa è finita”.
La gragnuola di spari ha coperto le sue parole. Poi le urla disperate dei feriti, il sangue che si allargava, in macchie, sul pavimento e che schizzava sulle pareti, i rantoli strozzati degli agonizzanti. Eccoli i martiri dei nostri giorni.
“Uccise persone innocenti”, ha sottolineato, con indignazione, il governatore dello stato Arakunrin Oluwardtimi. Ed il vescovo della diocesi di Owo ha tuonato: “Una domenica nera”. Anche il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, ha stigmatizzato la sanguinosa violenza: “Atroce uccisione di fedeli”.
Sui feroci autori dell’agghiacciante massacro si hanno solo sospetti. Nessuna certezza, in questa fase. La popolazione nigeriana, 200 milioni di abitanti, è rappresentata dal 57% di islamici e dal 43% di cristiani (tra questi i cattolici assommano all’11%). In particolare ad abbracciare la religione cristiana nelle sue varie forme (soprattuto anglicani e protestanti) figurano gli Yoruba, etnia dedita all’agricoltura.
Gli inquirenti hanno indirizzato le attività investigative nei confronti del terrorismo islamico: Boko Haram. Nel mirino, comunque, anche i Fulani, un gruppo etnico, che ha sposato l’islamismo più radicale e che, praticando la pastorizia ed essendo quindi nomade per definizione, pare sia entrato in rotta di collisione con gli agricoltori, stanziali per loro natura.
In Africa l’estremismo islamico si conferma sempre più attivo. Rapimenti e omicidi si succedono con feroce costanza. Poche settimane fa un capo della chiesa metodista ha rischiato di essere ucciso a freddo e si è salvato pagando un riscatto. Nel Nord della Nigeria sono stati rapiti due sacerdoti cattolici, dei quali non si hanno più notizie.
Colpisce della strage, atroce, di Owo come si siano presi di mira ignari fedeli. Segno che lo scopo degli assassini è quello di spargere il terrore.
L’Africa aveva avuto i suoi martiri, volontari in quel caso, nel gennaio del 1220. Si chiamavano Berardo, Otone, Pietro, Accursio e Adiuti ed erano fraticelli che Francesco d’Assisi aveva mandato a predicare il Vangelo in Spagna ed in Marocco. I frati – tutti umbri della zona di Terni – erano stati trascinati davanti al Sultano Yussuf Al Mustansir a Siviglia in Andalusia e se l’erano cavata per il rotto della cuffia, pur essendo stati invitati a non predicare più il Vangelo. Arrivati a Marrakesh dispensarono, invece, la parola di Dio pur sapendo i rischi che correvano. Ma per loro la morte rappresentava un passaporto per la felicità eterna. Furono presi, fustigati e decapitati. Il loro martirio, fortemente voluto e ricercato, fu la molla che spinse, a Coimbra, ad abbracciare il saio francescano e la santità, il portoghese salito agli onori degli altari col nome di Antonio di Padova. Un altro frate umbro, Giordano da Giano raccontò nella “Chronica” il martirio di quei suoi compagni di Marrakesh, che sono stati chiamati i protomartiri francescani.
Elio Clero Bertoldi
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