PALERMO – Bocciata senza appello la qualità dell’aria in molte città italiane. A dirlo è il recente studio di Legambiente dal titolo emblematico “Mal’Aria di città. Cambio di passo cercasi”, il report che ha reso pubblici i dati ottenuti nel 2022 nei capoluoghi di provincia, sia per quanto riguarda i livelli delle polveri sottili (PM10, PM2.5) che del biossido di azoto (NO2).
Su 95 città monitorate, infatti, ben 29 hanno superato gli attuali limiti normativi per sforamenti relativi alle polveri sottili, stabiliti in un massimo di 35 giorni all’anno, con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi per metro cubo. Le città con il primato negativo sono Torino, che si piazza al primo posto con 98 giorni di sforamento, Milano con 84, e poi Asti con 79, Modena con 75, Padova e Venezia con 70.
Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, evidenzia che “la pianura padana, specialmente nel periodo invernale, ha fenomeni di inversione termica, vale a dire condizioni metereologiche che favoriscono il ristagno dell’inquinamento e non la sua dispersione”.
I dati relativi alla quantità di smog, polveri sottili e biossido di azoto nell’aria dei cieli sopra l’Italia non sono quindi confortanti, e sono peggiori rispetto a quelli di molti paesi europei. Tra l’altro, nel nostro continente l’inquinamento atmosferico è la prima causa di morte prematura per fattori ambientali: l’Italia, con 52.000 decessi annui da PM 2.5, è responsabile di ben un quinto del totale delle morti europee.
Da un punto di vista normativo, se non ci sarà un significativo cambio di rotta, nel 2030 la situazione peggiorerà in quanto nell’Unione Europea, su indicazione dell’Organizzazione mondiale della Sanità, i limiti di polveri sottili consentiti per metro cubo di aria scenderanno a 20 microgrammi per il PM10, a 10 microgrammi per il PM2.5 e a 20 microgrammi per il biossido di azoto, limiti questi oggi ampiamente superati da 72 città, vale a dire il 76% del totale.
Le città che da subito dovranno adoperarsi di più per ridurre le loro concentrazioni di polveri sottili e adeguarsi ai nuovi target sono: Torino e Milano (riduzione necessaria del 43%), Cremona (42%), Andria (41%) e Alessandria (40%), relativamente all’emissione di PM10; Monza (60%), Milano, Cremona, Padova e Vicenza (57%), Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino (55%), Como (52%), Brescia, Asti e Mantova (50%), relativamente alle emissioni di PM2.5. Milano (47%), Torino (46%), Palermo (44%), Como (43%), Catania (41%), Roma (39%), Monza, Genova, Trento e Bolzano (34%) saranno invece impegnate a ridurre dei quantitativi in parentesi l’NO2, cioè il biossido di azoto.
A questo proposito, fa ancora osservare il responsabile scientifico di Legambiente che “l’Italia ha già pagato tre multe per l’inosservanza dei limiti attuali. E non si tratta di multe ‘una tantum’, ma di sanzioni che si pagano finché non si rientra nei limiti. Questo significa che, entro i prossimi sette anni, le città italiane dovranno lavorare sodo per adeguarsi ai nuovi parametri, considerando soprattutto che i ‘trend’ di riduzione dell’inquinamento finora registrati non sono incoraggianti e che i valori indicati dalle linee guida dell’OMS – il vero obiettivo da raggiungere per tutelare la salute delle persone – sono ancora più stringenti dei futuri limiti europei”.
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, aggiunge: “È necessario agire con urgenza per salvaguardare la salute dei cittadini, introducendo politiche efficaci ed integrate che incidano sulle diverse fonti di smog, dalla mobilità al riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura. Chiediamo al Governo, alle Regioni e ai Comune di porre in essere azioni coraggiose per creare città più pulite e sicure. La salute è un diritto fondamentale che non può essere compromesso”.
E. quindi, in città togliamoci l’auto dalla testa. Noi italiani ne possediamo un numero spropositato: circa 65 ogni cento abitanti, mentre in Olanda, ogni cento abitanti, non arrivano a 30…
Infine, Andrea Minutolo sottolinea che “parlare di mobilità sostenibile non vuol dire cambiare le auto con motore a combustione con quelle elettriche. Vuol dire ridurre drasticamente il numero di auto private e permettere ai cittadini di spostarsi in città con mezzi alternativi, come mezzi in sharing, ma soprattutto trasporto pubblico, tram e metropolitana. Questa è una visione completamente diversa di mobilità, che ha al centro non la macchina e i suoi spostamenti, ma il benessere dell’uomo e dei suoi spostamenti”.
Maria D’Asaro
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