MILANO – Catalogare è un metodo sistematico di conservazione, di studio, di ricerca corretta; in maniera prioritaria vanno stabiliti dei criteri oggettivi che saranno poi utilizzati per la classificazione. Si resta esterrefatti quando a priori si stabiliscono criteri arbitrari, con grandi vantaggi per chi li teorizza, per redigere poi una soggettiva scala di valori che dovrebbe assurgere a valenza assoluta. Periodicamente parte dell’umanità si è prodigata in queste operazioni, si tratti di razza pura vs impura, di cosiddetta normalità vs diversità, di genere maschile vs femminile, di salute vs malattia. Tutti canoni discriminatori che riaffiorano soprattutto nei momenti di crisi, quando gli equilibri saltano ed è necessario un capro espiatorio su cui scaricare le tensioni sociali.
Esemplare, a questo proposito, il fenomeno della stregoneria e della caccia alle streghe che, cominciato già nel Medio Evo, raggiunse l’acme nel Cinquecento e nel Seicento. L’Inquisizione spagnola del 1478 e più tardi quella romana del 1542, furono due terribili strumenti di persecuzione, sostenuti ideologicamente dal manuale “Malleus Maleficarum” scritto dai Domenicani. I capri espiatori, come sempre, vennero individuati negli individui più emarginati e deboli: i malati di mente, i diversi, gli oppositori, gli eretici e gli Ebrei e soprattutto le donne (l’80% delle vittime dei roghi era di sesso femminile). Scrive lo storico P.B. Levack: “Li hanno accusati di crimini non commessi, hanno attribuito loro l’ambizione di distruggere l’ordine morale e politico; e hanno fatto tutto quanto era in loro potere per annientarli”.
Si pensi ancora ad un altro drammatico leitmotiv che ritorna nella storia dell’umanità: il sovranismo, l’etnocentrismo, la volontà di considerarsi “ὀμφαλός” (onfalos, ombelico e centro del mondo), di affermare la propria superiorità sull’altro; quanto mai di attualità proprio oggi, mentre soffiano sempre più forti ed ovunque venti di acceso Nazionalismo e in ogni paese si è costretti ad ascoltare il leader di turno che “abbaia” al mondo intero, difendendo accanitamente il suolo natio: voci di bieca propaganda lontane dal sacrosanto legame per la patria e per le proprie tradizioni.
Narra una vecchia leggenda indiana che quando Manitù creò l’uomo impastando argilla, fece un prototipo da mettere poi in forno: al primo tentativo lo estrasse troppo presto e così, bianchiccio e poco cotto, esso dette vita alla razza bianca; per il secondo protrasse il tempo di cottura ed il modello sfornato ormai bruciacchiato fu il capostipite della razza nera; alla fine esso fu “cotto” al punto giusto e con il suo bel colorito “rosato” fu progenitore della razza perfetta, secondo l’ottica chiaramente di parte di chi questa leggenda tramandava: quella dei nativi americani, detti pellerossa.
Travisare con ottiche preconcette e stereotipate non ha salvato neanche la Filologia: Tacito, storico latino, nell’opera etnografica “La Germania” (De origine et situ Germanorum 98 d.C.) nei capitoli II e IV scriveva dell’autoctonia dei Germani e descriveva i caratteri della stirpe; ad onor del vero, pur con tutti i limiti della “interpretatio Romana” e con la mancanza di rigore scientifico tipico della storiografia classica, furono i filologi nazisti a forzare volutamente l’interpretazione, traducendo l’espressione “propriam et sinceram” riferita alle tribù germaniche con “pura e non infetta con altre”; laddove Tacito si riferiva essenzialmente all’isolamento geografico. La stessa affermazione che i Germani antichi fossero “tutti alti, biondi e con gli occhi azzurri”, su cui si volle fondare l’aberrante teoria eugenetica della razza ariana, è un’evidente falsità. Tacito applicava semplicemente al tipo germanico i canoni letterari ricorrenti nella descrizione dei popoli del Nord.
Similmente il principio della “purezza dell’arte” fece sì che venisse allestita, il 19 luglio 1937 a Monaco di Baviera, la mostra più paradossale che la Storia ricordi: quella dell’“Arte degenerata” (“Entartete Kunst”). Il curatore Adolf Ziegler, mediocre quanto zelante artista gradito al regime, rastrellò 650 dipinti, sculture e stampe di artisti principalmente tedeschi ed esponenti delle Avanguardie; confiscò inoltre e fece esporre tele di artisti stranieri, come Picasso, Mondrian, Chagall e Kandinsky. Le opere vennero distribuite in maniera volutamente caotica in otto sale buie, spesso senza cornici e con didascalie che più che spiegare e contestualizzare le denigravano, spesso era anche presente un’indicazione del prezzo, altissimo, che i musei avevano pagato agli “speculatori ebrei”. Tra i criteri, pubblicati nel pamphlet “Pulizia del tempio dell’arte” di W. Willrich (1937), adottati per l’allestimento è emblematico ricordarne almeno tre: “Opere lontane dai canoni estetici ritenuti sani e conformi ai principî del Reich: Idioti, cretini, paralitici”; “Opere prodotte da artisti ebrei, Juden”; “Opere di artisti considerati pazzi”. Il Ministro per l’istruzione e la propaganda Joseph Goebbels organizzò contemporaneamente un’altra rassegna, la “Grande mostra dell’arte tedesca” per esporre l’arte considerata “sana” ed esemplare; per una sorta di eterogenesi dei fini, la mostra dell’Arte degenerata registrò un numero maggiore di visitatori.
La diversità criminalizzata, infine, diviene perfino “giusta causa” di guerra, come si evince dal discorso pronunciato il 6 marzo 2022 nella Domenica del Perdono dal patriarca di Mosca Kirill, che ha affermato che la guerra in Ucraina è una sorta di crociata contro i Paesi che sostengono i diritti degli omosessuali. Nelle sue parole nessuna condanna alla guerra, anzi per il Patriarca si tratterebbe della lotta contro la promozione di modelli di vita peccaminosi e contrari alla tradizione cristiana; nessun riferimento alle vittime anche civili dell’intera Ucraina, né tanto meno alle chiese colpite dai bombardamenti. Il ventesimo secolo, nonostante la tragicità del momento attuale, ha visto ben altri scenari che lasciano ancora sgomenti, ma quei piani di morte non hanno sempre raggiunto il fine che si prefiggevano: il genocidio degli Armeni e lo sterminio dei Curdi non è molto servito a consolidare la Turchia, se ancora oggi Erdogan ricorre a metodi coercitivi per stroncare il dissenso; analogamente lo sterminio dei contadini russi voluto dal Comunismo ed i Gulag, mezzo di repressione degli oppositori politici dell’Unione Sovietica, non sembra abbiano portato molta fortuna a quel regime; così come l’orrore dei comunisti cambogiani di Pol Pot che, a capo dei khmer rossi, mise a morte un terzo della popolazione non è servito a conservare il potere; né l’olocausto del popolo ebraico ha dato vigore al Nazismo.
Certo il vento degli “ismi” ha ripreso a soffiare, spesso anche in maniera impetuosa, ma bisogna continuare a costruire, ognuno nel proprio piccolo, un mondo pacificato, tollerante, guidato dalla ragione.
Adele Reale
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