La tregua del Natale del 1914 fu un momento unico nella storia dell’umanità, un evento straordinario in cui prevalse la solidarietà umana e la fratellanza fra i popoli, un avvenimento che rivela la forza sorprendente dell’animo umano capace di trovare speranza e pace anche nei momenti più terribili e disperati.
La guerra era scoppiata in Europa in agosto con una grande e inarrestabile mobilitazione di truppe, note diplomatiche aggressive e invasioni di massa. Germania e Austria-Ungheria si trovarono a combattere una guerra su due fronti contro nemici che includevano Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia.
All’inizio il fronte più caldo fu proprio quello occidentale, che andava dal mare del Nord fino al confine svizzero.
Fra ottobre e novembre si tenne la “Prima battaglia di Ypres”, chiamata anche “delle Fiandre”, l’ultima grande battaglia del 1914. La città di Ypres, in Belgio, si trovava in una posizione strategica grazie ai numerosi canali e fiumi che collegavano la costa alle strade principali che convergevano in città. I tedeschi quindi tentavano in ogni modo di conquistarla nella cosiddetta “Corsa al Mare”.
Proprio con l’approssimarsi della stagione più fredda e delle festività natalizie, la popolazione in Gran Bretagna e in Germania fu esortata dalla stampa e dagli opinionisti locali a non dimenticare gli uomini al fronte. Nei giornali comparvero numerosi annunci pubblicitari per la raccolta di fondi e di ogni tipo di regalo da inviare all’estero. La stessa moglie del comandante in capo britannico, John French, chiese alle donne di lavorare a maglia 250.000 sciarpe da spedire al fronte. Il pubblico rispose con alacrità. Il risultato di questo immane sforzo di beneficenza fu un diluvio di posta che nel dicembre del 1914 partì dall’Inghilterra in direzione del fronte; e lo stesso accadde in terra germanica, un incredibile flusso di merci partì dalla Germania verso le trincee tedesche: pipe, sigarette, tabacco, tutto pur di tenere alto il morale dei soldati e rinforzare il loro attaccamento alla patria.
Il Natale era prossimo ed era terribilmente evidente quanto fossero inconciliabili le due situazioni che si stavano vivendo.
da una parte una terribile e sanguinosa guerra fra nazioni, dall’altra l’atmosfera e la tradizione del Natale con tutto il suo carico di bei sentimenti e buoni propositi.
Circolavano voci che suggerivano che il Natale, per quell’anno, avrebbe dovuto essere cancellato, per timore di un insuccesso della guerra.
Papa Benedetto XV, invece, era chiaramente di tutt’altro avviso: era la guerra che avrebbe dovuto essere cancellata, anche se solo temporaneamente. Fu così che egli chiese ufficialmente una tregua per il periodo natalizio.
L’appello però cadde nel vuoto, chi stava al comando non aveva alcuna intenzione di deporre le armi nemmeno per un solo giorno.
Date queste premesse risulta ancor più eccezionale ciò che accadde poi nella realtà.
Quando si parla della tregua del Natale del 1914, si parla sempre di un unico episodio localizzato in un singolo posto; in realtà non fu così, essa fu un fenomeno diffuso e accadde con tempi e modalità diverse da luogo a luogo.
Alcuni armistizi furono conseguenza delle offerte tedesche di cessare il fuoco per consentire alle unità britanniche di recuperare i caduti ammucchiati sul filo spinato e nella “terra di nessuno”: un gesto a metà fra atto umanitario e semplice intervento di igiene, le trincee erano già abbastanza brutte e nessuno voleva vedere dozzine di morti distesi a pochi metri di distanza. In altri punti delle trincee si smise semplicemente di sparare; in altri ci fu un vero e proprio incontro fra soldati dei diversi schieramenti con scambio di doni, bottoni e auguri.
I soldati inglesi e tedeschi avevano scavato un ampio sistema di trincee, e in alcuni punti erano davvero molto vicine, alcune solo a circa 30 metri di distanza. In mezzo, fra le due trincee vi era quella che era definita la “terra di nessuno”. Tutto partì dai tedeschi, dove la tradizione natalizia era più forte e più sentita. Al fronte arrivarono, oltre all’essenziale militare, anche alberi già decorati, inviati d’ufficio, per far sentire il conforto del Natale ai soldati al fronte. E gli alberi vennero utilizzati sui parapetti delle trincee, in modo che potessero essere visti anche dalle trincee nemiche. Presi dallo spirito che si stava diffondendo, vennero esposti non solo gli alberi, ma anche lanterne, piccole candele, cartelli con messaggi amichevoli della serie “NON SPARATE, NOI NON SPARIAMO”. La notte della vigilia di Natale l’atmosfera era sentita, i soldati cominciarono a intonare canti natalizi e, con le trincee così vicine, il canto poteva essere ascoltato anche dall’altra parte.
E poi arrivò Natale, portando un carico di sentimenti di pace e di buona volontà e, inevitabilmente, anche la malinconia di casa e della famiglia. Gli armistizi localizzati crebbero in una tregua più diffusa. Una volontaria cessazione delle ostilità. In quel momento ai soldati apparve evidente che all’altra estremità del fucile vi era qualcuno molto simile a loro, in fondo erano gli stessi ragazzi della classe lavoratrice, con la stessa voglia di tornare a casa a riabbracciare i propri cari. Oltre ai momenti dedicati alla sepoltura dei caduti, vi furono attimi di vera fratellanza. I regali ricevuti dai rispettivi governi, inviati per dare ai soldati un’idea di Natale e, soprattutto, con l’intento di rafforzarne l’attaccamento alla patria, diventarono doni ideali da scambiare col “nemico”; gli inglesi avevano tabacco e cioccolato, i tedeschi sigari e salsicce. Vennero scambiati bottoni e cartoline, scattate fotografie.
I Comandi militari non gradirono però l’iniziativa dei loro soldati e subito inviarono ordini affinché tale condotta poco bellicosa cessasse al più presto. Il Comando tedesco riaffermò addirittura le regole che proibivano la fraternizzazione con il nemico, ricordando che quelle azioni erano punibili come alto tradimento.
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