PALERMO – A Scoglitti, in provincia di Ragusa, in uno dei tratti più belli di costa della Sicilia orientale, noto per i suoi tramonti suggestivi, a inizio agosto è stato riaperto il museo regionale di Kamarina. Dopo quattro anni di chiusura, sale e padiglioni sono stati ampliati con nuovi spazi espositivi e ripropongono una vasta collezione di reperti archeologici: i visitatori potranno ammirare suppellettili, monete, corredi funerari, statuette devozionali, resti di edifici sacri, risalenti al periodo antico greco, oltre che oggetti ed armi in selce di epoca preistorica.
Forse unica al mondo all’interno del museo la collezione che comprende una numerosa tipologia di uno degli oggetti più usati nel mondo antico: l’anfora, utilizzata principalmente per usi domestici, ma spesso presente anche nelle tombe, per la sua valenza religiosa e simbolica nella tumulazione dei defunti.
I reperti museali provengono principalmente dall’antica città greca di Kamarina, importante colonia fondata verso il 598 a.C. dai greci di Siracusa, su un promontorio delimitato dalla foce del fiume Ippari e dal torrente Oanis (oggi chiamato Rifriscolaro). Di Kamarina – il cui nome secondo il geografo Strabone significa “abitata dopo molta fatica” – si trovano notizie negli scritti di Tucidide e di Erodoto. La città raggiunse la sua massima espansione urbanistica nel IV secolo a.c., prima di essere conquistata dai Romani, che ne apprezzarono e utilizzarono il porto. La cittadina venne distrutta dagli Arabi nell’827 d.C.
Quello che resta della città greca riveste grande interesse archeologico e testimonia la vastità dell’antico sito. In particolare, sono rimaste tombe arcaiche (risalenti al settimo secolo a.C.) e ruderi di un tempio dedicato a Minerva. Lungo il fiume Ippari si può riconoscere il tracciato dell’antico porto canale. La città è ancora riconoscibile nella sua area originaria dai resti di case e di pavimentazioni.
Nel vicino bosco di Passo Marinaro si trovano ancora le tombe di una necropoli classica nel V o IV secolo a.C.: sono state esplorate circa 1000 tombe, che hanno dato abbondanti testimonianze dei riti funerari e dei tipi di sepoltura. Molti dei resti rinvenuti nel sito si trovano nell’ampia sala del museo interamente dedicata alla necropoli: in essa sono esposti, infatti, vari corredi funerari risalenti al V-IV secolo a.C., crateri a campana a fondo rosso con figure nere, lucerne, coppe, ciotole, e altri pregevoli corredi ceramici attici. La sala contiene anche una sepoltura a ‘cappuccina’ con corredo, un’epigrafe funeraria della città africana di Ippona e tegole con timbri, un’ara ed alcuni plastici ricostruttivi di una fattoria greca e di tutto il sito archeologico.
Si deve a Paolo Orsi l’inizio degli scavi e la ricognizione completa del sito di Kamarina: l’illustre archeologo vi lavorò dal 1896 al 1911, fornendo abbondante materiale archeologico che si trova soprattutto al Museo di Siracusa.
Domenico Buzzone, direttore del Parco archeologico di Kamarina ha dichiarato che, con la riapertura del museo, è in cantiere un progetto complessivo di rilancio dell’intera zona archeologica: “Il nostro progetto di rilancio e di riqualificazione dell’area prevede anche la realizzazione di una foresteria dove studiosi e archeologi di tutto il mondo, che si spera vengano qui a scavare e studiare, possano poi alloggiare e dormire. L’auspicio è che Kamarina – come in passato – torni a essere una ‘polis’ aperta, un importante e accogliente centro culturale.”
Maria D’Asaro
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