MILANO – I riflettori sono puntati su una donna che ha fatto della creatività, spiritualità, lealtà i suoi punti di forza. Cambiare la propria strada per dedicarsi all’arte, la conoscenza del sé e l’aristotelica catarsi artistica: Monica Antonioli. “Nell’essenza – sottolinea – io sono figlia del mondo, figlia della vita, figlia di Dio, la mia parte spirituale dell’essere è molto importante anche in termini laici. La spiritualità laica ha caratterizzato da un certo punto in poi la mia vita. La mia scoperta è che io sono una figlia amata”.
Professionalmente come si inquadra la sua essenza? “Questa introspezione mi ha portato a rivoluzionare la mia vita, precisamente nel 1995, c’è stata questa scoperta forzosa che è arrivata attraverso un evento traumatico che mi ha portata a lasciare il mio lavoro. Ero un imprenditore nell’ambito doganale-commerciale, negli aeroporti di Linate e di Malpensa. In un periodo della mia vita con problemi fisici, sentivo un senso di vuoto, è poi arrivato un fulmine che ha scisso la mia esistenza, con una linea di demarcazione tra ieri e oggi, il passato e il futuro. Questa scoperta che mi ha portato a rivedere la mia vita e a fare un percorso sia analitico che di crescita personale, con il quale si è innestato, in maniera molto potente la parte spirituale dell’essere, cioè la parte invisibile; l’esperienza dell’invisibile ha determinato la mia ristrutturazione completa nell’ambito lavorativo e personale. Io arrivo da un’impostazione artistica, avendo frequentato il liceo artistico, il conservatorio, mi sono ‘quasi’ laureata in scienze motorie, poi ho lasciato gli studi, ho avuto due figli (la benedizione della mia vita) mi sono scoperta una persona eclettica, con una fame creativa alla base del mio essere e questa irrequietezza mi caratterizza”.
Cosa ha portato questa creatività? “Fin da bambina ho sempre messo insieme questi due ambiti: la creazione artistica, cioè scrivere, disegnare, suonare, scolpire . Così ho poi iniziato un percorso, una vocazione: ho iniziato un seminario di crescita personale col metodo Louise Hay. Già nella notte successiva al seminario, ho chiamato in California-San Diego, e dopo un paio di mesi, ho deciso di dedicarmi alla mia formazione. Ho mollato l’azienda, ho raschiato a fondo gli ultimi risparmi ed ho scelto questa nuova strada. Subito dopo, ho conosciuto la biodanza e sono diventata facilitatrice di biodanza, con formazione sperimentale. Nel 2007, sono approdata ad una mia nuova esperienza, innestando la biodanza e il teatro. Ritualità, movimento spontaneo, esperienza vivenziale potevano essere applicata all’ambito teatrale. Ho voluto approfondire il teatro originario: ossia il teatro sciamanico, il teatro ateniese, teatro che si faceva per guarire, per mettere in scena gli archetipi, i miti della nostra vita che vivono nella nostra anima. Per cui tutto l’impianto della crescita personale e della psicologia, che ho approfondito con la psicologia clinica, laureandomi in tale settore, si sono innestati e fusi con l’ambito artistico teatrale”.
“Il corpo e la vivencia, il lavoro sul gesto archetipico e gli archetipi – continua Monica – sono approdati in un corso e poi nello spettacolo ‘Vivi per amore’, che va in scena dal 2010 ininterrottamente e da subito con successo. Il teatro è amatoriale, però è utilizzato in termine di tecniche, anche in seminari nelle aziende ed è diventato fondamentale nel mio lavoro. Il teatro adesso ha l’etichetta di Master Move Theatre™ che mira a metter insieme l’espressione artistico – teatrale, creativa della persona qualunque, perché tutti noi abbiamo le potenzialità per esprimere noi stessi, con la crescita personale del conosci te stesso. Il teatro si compie come catarsi artistica aristotelica, il teatro è una guarigione come atto pubblico. Aristotele formulò il concetto di catarsi artistica con riferimento al potere della musica sulla regolazione delle emozioni e all’effetto. In certe forme di teatro sciamanico, gli attori sono sacerdoti officianti e gli spettatori potenziali attori che partecipano in prima persona alla dramma umano messo in scena”.
C’è una data per la vostra prossima esibizione? “Ho voglia di riscoprire un teatro all’aperto e abbiamo già iniziato l’esibizioni nello spazio di mia proprietà di 7000 mq. E’ un teatro che nasce dal ‘fare con quel che c’è’. Il teatro si spoglia di tanti orpelli e diventa sempre più l’essenza. La pandemia mi ha fatto pensare ad un teatro che si spoglia. La natura accoglie sempre volentieri e così abbiamo realizzato già una prima rappresentazione. Il prossimo spettacolo ‘Shaman’, il teatro come origine della guarigione, sarà domenica 18 luglio presso La Via di Casa a Vergiate (Varese). Ho un impulso ad uscire, a portare lo spettacolo nelle piazze, negli spazi pubblici. Concludendo, vorrei aggiungere, che il metodo teatrale, si è servito dello strumento tecnologico. Ho lavorato tantissimo, in piena pandemia, col teatro attraverso le piattaforme digitali, i social network tanto che abbiamo realizzato uno spettacolo online; ciò non deve sostituire, però, lo spettacolo che deve essere vivo e dal vivo, ma il digitale e la tecnologia devono diventare uno strumento al servizio dell’arte e del teatro”
“Ciò che sta accadendo – conclude Monica Antonioli – sta portando molto dolore, molta disperazione (come mancanza di speranza), invece io l’ho avvertito come una grande opportunità della nostra vita: ella mia, sicuramente. La vita, l’universo è sempre benevolo e se ci mette davanti a questo apparente impoverimento, come limitazione delle libertà. Ecco che laddove la mia libertà è limitata c’è un tesoro che si chiama coscienza. La vita sta premendo sulla nostra coscienza, affinché si espanda e perché noi siamo molto di più di quello che pensiamo”.
Claudia Gaetani
Nell’immagine di copertina, l’artista Monica Antonioli
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