La diffusione delle fake news, ovverosia le false notizie, è un problema che esiste da tempo immemorabile ma oggi, con l’avvento di internet, dei social e soprattutto di facebook, si è trasformato in un fenomeno di massa così presente e pericoloso che può addirittura cambiare la cultura dell’opinione pubblica. E non risparmiano nessuno, insinuandosi anche nei più delicati settori della vita sociale di interi Paesi.
“Non mi hanno vaccinato per paura dell’autismo”, “Avevo acquistato sul web un farmaco miracoloso”, “Ho curato il cancro con il bicarbonato di sodio”. Sono alcuni degli epitaffi che, sovrastati da una croce, campeggiano su altrettante lapidi nella campagna shock “Una bufala ci seppellirà?” lanciata dalla Fnomceo per combattere le bufale in tema di salute, soprattutto quelle che si diffondono tramite la rete.
“Diffidate delle bufale sul web, chiedete sempre al medico” è l’invito che campeggia sui poster 6 metri x3 e sugli annunci stampa che la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici ha ideato e messo a disposizione degli Ordini provinciali per la pianificazione in affissione sul territorio e sulla stampa locale. Sono già più di trenta gli Ordini che hanno aderito.
Secondo la Ricerca Censis Assosalute 2017 sono 15 milioni gli italiani che, in caso di piccoli disturbi, cercano informazioni sul web. Un atteggiamento pericoloso che è sempre più diffuso tra i giovani: il 36,9% dei millennials (la generazione digitale) usa autonomamente il web per trovare informazioni su come curare i piccoli disturbi. Nel nostro paese ammontano a 8,8 milioni ogni anno le vittime di fake news in materia di salute, mentre sono 3,5 milioni i genitori che si sono imbattuti in indicazioni mediche sbagliate in rete. Anche perché le fonti di informazione sul web non sempre sono autorevoli: nel 17% dei casi si tratta di siti web generici sulla salute, nel 2,4% di social network e solo nel 6% si tratta di siti istituzionali.
I canali web pesano sempre di più come punto di riferimento per l’informazione in materia di salute: il medico di medicina generale è la fonte nel 53,5% dei casi, il farmacista nel 32,2%. Seguono a breve distanza i canali web (28,4%).
La Federazione nazionale degli Ordini dei Medici ha scelto una campagna shock perché vuole far comprendere i pericoli spesso sottovalutati cui il cittadino va incontro nel momento in cui si affida a fonti non autorevoli per decidere della propria salute. “Gli Ordini dei medici sono garanti della Salute pubblica come bene per tutta la società – spiega Filippo Anelli, presidente della Fnomceo – ed hanno quindi il dovere di intervenire per informare e sensibilizzare i cittadini rispetto ad atteggiamenti che ne minano il benessere. Il medico deve tornare al centro della relazione che il paziente ha con la propria salute. Occorre ricostruire quel rapporto di fiducia medico-paziente che è stato fortemente indebolito dall’aziendalizzazione della Sanità”.
La stessa Associazione Stampa Romana, il sindacato dei giornalisti del Lazio, è scesa in campo al fianco dei medici. “Un tema centrale e cruciale per una società che voglia avere rispetto dei professionisti che lavorano sulla salute dei cittadini – afferma Lazzaro Pappagallo, segretario regionale dell’Asr – un tema di reciproca fiducia delle parti in campo, medici-giornalisti-cittadini, un tema su cui si misura un nuovo patto di affidamento per le notizie che viaggiano sul web”.
Sarà una campagna dura, dal forte impatto che vuole richiamare l’attenzione del Governo e delle amministrazioni pubbliche su quanto avviene nel mondo della Sanità.
“Un paese civile – aggiunge Pappagallo – si misura anche da quanto viene effettuato e praticato per proteggere buone pratiche sanitarie, diffonderle e garantire così salute e integrità dei cittadini. E in questo l’informazione, la buona informazione, gioca un ruolo decisivo”.
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