NAPOLI – Anche quest’anno sono partiti gli esami di maturità. Cosa è cambiato rispetto agli innumerevoli, spesso inutili e a volte pure dannosi, maldestri rimaneggiamenti del riformatore di turno? Nulla se non i ragazzi stessi, loro sì cambiano di generazione in generazione, seguono i cambiamenti dei tempi. Loro, i Millennials, quest’anno tutti figli del 2000, un’età attesa come stravolgimento dell’umanità. Loro i ragazzi del 2000 con il futuro in tasca e con pure il bagaglio delle infinite incertezze ed insicurezze. Loro a cui si chiede una maturità che spesso non rivedono nei loro genitori, magari ancora in cerca di una stabilizzazione economica che non possono lasciare spazio sociale e lavorativo.
La maturità, un fine ciclo che li ha visti sempre più distaccati, disinteressati verso una scuola che non li comprende, non intercetta le loro inquietudini, non è incline ad un dialogo nemmeno ad un iter formativo meritorio visto che la promozione è certa. Gli stessi docenti nella migliore delle ipotesi sono anche motivati, ma risucchiati da una scuola burocratica che a sua volta non riconosce il merito nemmeno tra loro. Allora la demotivazione è forte.
Il voto finale con queste addizioni algebriche che non valutano il ragazzo nel suo reale potenziale, non tiene conto dei passaggi emotivi che in quest’età sono tempeste senza ancore, dove l’adulto, lui già maturo, docente o genitore che sia, annaspa per poter cogliere il filo della matassa aggrovigliata e non ha argomenti convincenti, non c’è tempo né tempi che possano inculcare nel ragazzo l’importanza della cultura e della formazione per se stessi.
Sul web, loro figli del web, la prima cosa che si legge ricercando le modalità del calcolo di crediti e voti di esami, è che il voto finale in Italia non ha grande importanza. Durante l’ultimo anno in cui, una volta, il ragazzo era completamente immerso negli studi per raggiungere un esito soddisfacente, deve invece prepararsi per gli assurdi test d’ingresso che li attendono a settembre per poter continuare gli studi se ha già le idee chiare.
Una corsa ad ostacoli, spesso vero e propri terni al lotto, dove l’accesso è sempre più ristretto per pochi eletti fortunati o raccomandati. Quanta fatica si richiede ai nostri millennials, diseducati ad essa per aver ricevuto un’educazione iperprotettiva, in un benessere virtuale che invece ha innescato mali oscuri.
La scuola, in particolar modo la secondaria, suddivisa in mille indirizzi fuorvianti che ha ancor di più parcellizzato il sapere, non riesce ad attrarre, a meravigliare e non perché debba a tutti costi, come si pensa, diventare più tecnologica o cambiare i linguaggi comunicativi. Dovrebbe invece innescare invece relazioni forti, emotive, staccarsi da quel registro elettronico, dai numeri, dalle medie strettamente aritmetiche e prendere in carico il ragazzo come solo un mentore può fare: ascoltare, crescere insieme e valutarlo per la sua potenzialità o quantomeno aiutarlo a renderla manifesta.
Spesso anche volendo, non se ne ha il tempo, classi numerose e poche ore per materia a settimana con tanti prof distratti ed indaffarati a far della scuola, come si vuole, azienda dove conta il risultato, il prodotto e non la relazione. Non c’è tempo nemmeno con un’alleanza con la famiglia spesso distante, oppositiva dove alla peggio supporta il figlio con lezioni private, corsi e mai presenza effettiva/affettiva.
Una società in cui i modelli vincenti sono quelli che non sono passati per la cultura, nemmeno spesso, per la scuola, ma che si sono inventati un posto al mondo di visibilità e guadagni, sono loro i veri influencer di questi giovani fragili e disorientati per un futuro che non ha leggi scritte.
Il lavoro che faranno i Millennials al trampolino di tuffo in società, probabilmente oggi non esiste ancora, dovranno inventarselo, adattarsi ad una società che cambia repentinamente la domanda senza avere risposte. Si richiede competenze da una scuola che non è più in grado di trasmettere conoscenze di base, dove si dà troppo poca importanza alla Storia, alla Geografia ad una collocazione consapevole in un tempo ed in uno spazio reale e non virtuale.
Ma i giovani, come in ogni generazione, sono meglio di quanto noi adulti, per scaricare le nostre responsabilità, amiamo catalogare e non sarà un voto immeritato a fermare la loro forte spinta a stare al mondo e cercare di migliorarlo, cominciando dal vero grande problema da noi sottovalutato, che non è il lavoro, l’economia o lo spread, ma l’ambente e molti movimenti giovanili lo stanno gridando.
L’ augurio a tutti i maturandi è di credere in se stessi e nelle mille possibilità che il futuro possa restituire loro solo se riusciranno a domarne l’onda senza farsi travolgere.
Angela Ristaldo
Nella foto di copertina, un momento degli esami di maturità
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