La Provincia Autonoma di Bolzano occupa, come lo scorso anno, il primo posto tra i migliori territori “mother friendly” (letteralmente “madre amica”), seguono Emilia-Romagna e Toscana mentre la Basilicata è fanalino di coda. Emerge dalla nona edizione del rapporto di Save the children “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2024”. Non è affatto casuale che il report arrivi proprio nei giorni in cui a Roma si tengono gli Stati generali della natalità, evento annuale in cui si affrontano le problematiche demografiche con particolare attenzione al declino delle nascite in Italia. Il titolo dell’edizione 2024 (organizzata tra gli altri da Fondazione per la natalità e Forum delle associazioni familiari, due movimenti molto vicini alla Chiesa) è “Esserci – Più giovani più futuro”. Il tema dovrebbe essere condiviso da tutti e invece in diversi ambienti è stato considerato divisivo, tanto da sfociare in contestazioni in alcuni casi anche piuttosto violente: al ministro della Famiglia Eugenia Roccella è stato impedito di parlare, cortei (non autorizzati) di giovani hanno tentato di raggiungere il luogo dove si tenevano i lavori e sono stati fermati dall’intervento delle forze dell’ordine.
Episodi disdicevoli che una Democrazia matura (e seria) non può permettersi perché servono riflessioni consapevoli, invece che battaglie ideologiche e di schieramento preconcetto che non servono a nulla se non ad alimentare sterili polemiche. I fatti dicono che la natalità in Italia diminuisce costantemente e che tale fenomeno continuerà nei prossimi anni (lo certifica l’Istat) tanto che nel 2050 il numero degli anziani supererà di gran lunga quello dei giovani. Con effetti devastanti sulla tenuta del sistema sociale. Si dovrebbe discutere di politiche a sostegno delle famiglie, di equilibrio tra lavoro e vita familiare, di accesso all’abitazione per le giovani coppie, di asili nido e scuole materne a costi accessibili e con orari compatibili, di più classi a tempo pieno nella primaria e nella secondaria, di strutture (didattiche e ricreative) per il “dopo scuola”… Sono tematiche che interessano tutti, mentre si è preferito concentrarsi solo sulla questione dell’aborto che da decenni contrappone blocchi ideologici che raramente riescono a dialogare.
“Bisogna porre una madre nella condizione di non dover scegliere tra lavoro e cura dei figli”: nella sua disarmante semplicità Papa Francesco non ha bisogno di tante chiacchiere per inquadrare il problema. Aggiungendo subito dopo che bisogna “liberare tante giovani coppie dalla zavorra della precarietà occupazionale e dell’impossibilità di acquistare una casa” e che “c’è bisogno di un impegno maggiore da parte di tutti i governi, perché le giovani generazioni vengano messe nelle condizioni di poter realizzare i propri sogni”. Il succo della questione è proprio questo: le donne spesso sono costrette a rinunce in campo lavorativo per seguire i figli, mentre accade molto più raramente che tale tipo di scelte riguardi gli uomini. In molti casi, è il “welfare familiare” a dare una corposa mano: ci pensano i nonni, insomma. E quando tale supporto non si può concretizzare?
I costi degli affitti, soprattutto nelle grandi città, sono proibitivi; decisamente più conveniente sarebbe pagare il mutuo che però non viene concesso se non si presentano garanzie più che solide. Ma se il lavoro è precario e spesso anche sottopagato, non vale neppure la pena andare in banca. E’ su questo circolo vizioso e deleterio che bisognerebbe ragionare piuttosto che sull’applicazione totale o parziale della legge sull’interruzione della gravidanza. Tanto per essere chiari: l’aborto (che resta comunque un diritto) è una sconfitta per tutti, in primis per la madre. Mettere la donna in condizione di portare avanti la gravidanza e aiutarla prima, durante e dopo il parto è un dovere da parte dello Stato (non del Governo di turno). Che movimenti di ispirazione cattolica portino avanti certe istanze è assolutamente legittimo, ma è assai complicato ipotizzare che schieramenti laici possano non condividere la necessità di tutelare sempre e comunque la mamma e il nascituro sin dalle fasi della gestazione e poi, ancor di più, al momento della nascita e della crescita.
Il rapporto di Save the children è illuminante: le regioni del Mezzogiorno continuano a posizionarsi tutte al di sotto del valore di riferimento italiano, con alcune particolarmente lontane dalla quota 100. Calabria, Puglia, Sicilia, Campania e Basilicata occupano gli ultimi posti dell’Indice generale e queste territori, più di altri, scontano i mancati investimenti che si traducono in una carenza strutturale di servizi e lavoro. “Non si tratta di convincere a fare figli, qui si tratta di mettere ciascuno nelle condizioni di decidere liberamente cosa fare della sua vita. E oggi non è così perché la nascita di un figlio in Italia è una delle prime cause di povertà”, sintetizza Gianluigi de Palo, organizzatore degli Stati generali della natalità.
“C’è una periferia esistenziale in Occidente, poco vistosa, che non si nota immediatamente. È quella delle donne e degli uomini che hanno il desiderio di un figlio, ma non riescono a realizzarlo – afferma papa Francesco -. Molti giovani faticano a concretizzare il loro sogno familiare e allora si abbassa l’asticella del desiderio e ci si accontenta di surrogati mediocri, come gli affari, la macchina, i viaggi, la custodia gelosa del tempo libero… Questa è una nuova povertà che mi spaventa: è la povertà generativa di chi fa lo sconto al desiderio di felicità che ha nel cuore, di chi si rassegna ad annacquare le aspirazioni più grandi, di chi si accontenta di poco e smette di sperare in grande. Non vedere il problema della denatalità è un atteggiamento miope; è rinunciare a vedere lontano, a guardare avanti. È, in una parola, arrendersi”.
Ancora più esplicito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “La accentuata diminuzione della natalità rappresenta uno degli aspetti più preoccupanti delle dinamiche sociali contemporanee e segnala una difficoltà”. E dunque bisogna favorire “la famiglia e l’adempimento dei relativi compiti, come prescrive l’art. 31 della Costituzione, che ci richiama, conseguentemente, alla tutela della maternità, dell’infanzia e della gioventù”. “Ocorre insistere nel perseguire condizioni – aggiunge il capo dello Stato – che consentano alle giovani generazioni di costruire il proprio futuro e, in questo senso, va garantita piena dignità ai giovani, alle donne, alle famiglie. Le donne devono affrontare ancora oggi troppi impedimenti e difficoltà per raggiungere una piena parità e un apporto essenziale può venire dalla conciliazione dei tempi di cura della famiglia e dei tempi di lavoro. È questione che interpella anche le imprese e la loro funzione sociale. Non può esservi opposizione tra impegno professionale, attività lavorativa e scelta di maternità”.
Secondo l’Istat, se non verrà invertita la rotta della natalità con misure strutturali, nel 2050 l’Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno; solo poco più di una persona su due sarebbe in età da lavoro, con un 52% di persone tra i 20-66 anni che dovrebbero provvedere sia alla cura e alla formazione delle persone sotto i venti anni (16%), sia alla produzione di adeguate risorse per il mantenimento e l’assistenza ai pensionati (32%). C’è bisogno di aggiungere altro?
Buona domenica.
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