MILANO – L’1 giugno 1926 a Los Angeles in California nasce Marylin Monroe, al secolo Norma Jeane Mortenson Baker, il nome che sua madre scelse per lei in onore di due grandi attrici hollywoodiane: Norma Talmadge e Jean Harlow. Gladys Baker – sua madre – era un’appassionata di cinema e tagliatrice di pellicole per la Colombia Picture; realizzava i “tagli” e i montaggi dei lungometraggi dei più grandi registi americani degli anni ’30. Dedicò la sua vita al lavoro e poco a sua figlia Norma, affidandola alle cure dei vicini di casa. Gladys raggiunse presto la pazzia per forti crisi depressive (come era accaduto a sua madre) e fu rinchiusa nel manicomio di Norwolk. Lasciò sola sua figlia Norma che aveva 9 anni e fu ospitata nel Los Angeles Orphans Home, dato che neanche il padre la riconobbe mai.
La piccola Norma sognava già il cinema e giocava con cipria e specchi. Idee chiare e voglia di arrivare, per colei che ben presto diventerà Marylin Monroe, la bionda atomica. Venne adottata da un’amica di sua madre, Grace Goddard, e subirà dal marito di lei, Kilmer, una violenza sessuale o presunta tale che segnerà per sempre la dodicenne Norma Jeane. Crescerà in fretta, bella e attraente, sin dalla giovane età e dato il trasferimento in Virginia della famiglia adottiva sarà costretta a scegliere tra l’orfanotrofio e il matrimonio. A 16 anni, seduce con la sua strepitosa bellezza il vicino di casa, Jim Doughthy figlio di un ingegnere e una casalinga, lo farà cadere ai suoi piedi, per portarlo all’altare dopo pochi mesi dal fidanzamento. I due sposi andranno a vivere in Australia, sull’isola di Santa Catilina e Norma sarà attratta dall’oceano, le immense spiagge, ove passeggiare, leggere, scrivere il suo diario e respirare libertà: questi erano i suoi interessi.
“Le piaceva farsi accarezzare le caviglie dall’acqua fredda del mare”, scrive Alfonso Signorini nel libro “Marylin. Vivere e morire d’amore”. Su queste spiagge conoscerà i primi fotoreporter che saranno attratti dalla sua innocente bellezza e freschezza. Con la fine della Seconda guerra mondiale, l’America cercherà un volto che riscatti il Paese con spensieratezza e apertura alla nuova vita. Norma Jeane sarà perfetta nella sua salopette di jeans per posare come operaia di una fabbrica di armi (ove lavorava) e rappresentare il nuovo. Dalle pagine satinate dei rotocalchi americani, come “Peek” e “Yank”, passerà in fretta a recitare come comparsa nel mondo del cinema. In questi anni cambierà il suo nome e si consacrerà alla storia come Marilyn Monroe. Divorzierà ben presto da Jim, perché quella vita familiare era troppo stretta per lei, per dedicarsi definitivamente al cinema. Sarà la comparsa, in alcuni film come “Orchidea bionda” (musical) e nel film “Una notte sui tetti” dei fratelli Marx avrà 30 secondi di ripresa che le daranno la tanto agognata celebrità. Trenta secondi che la porteranno ad ottenere un contratto con la 20th Century Fox (per 75 dollari alla settimana) ed entrare nel mondo da sempre sognato.
Spende in creme di bellezza e profumi i suoi primi stipendi: “Solo due gocce di Chanel N.5” fu la sua celebre risposta alla domanda “Marilyn, cosa indossa per andare a dormire?”. Su consiglio di una delle segretarie della 20th, per controllare i suoi stati d’ansia, inizia a consumare calmanti e barbiturici, mescolando con la vodka le sue pastiglie. Conoscere Joe DiMaggio, campione di baseball, uomo taciturno, geloso, col quale si sposerà nel 1954, ma si lasciarono dopo soli 8 mesi di matrimonio, perché i loro caratteri erano completamente diversi. Joe non riesce a condividere il suo mondo, la sua gelosia gli fa presidiare le scene dei film e, tra i tanti aneddoti della diva, durante le riprese de “La moglie va in vacanza”, chiede a Marilyn di indossare due paia di mutandine per girare la famosa scena del vento della metropolitana (ripetuta ben 20 volte). Dopo pochi mesi di matrimonio, Joe non ne poteva più: “Marilyn, l’America aspetta te. Io nel tuo mondo non ci voglio entrare”.
Qualche tempo dopo, ad un party di grandi star americane, conosce il drammaturgo Arthur Miller, premio Pulitzer, con quale convola a nozze nel 1956: non vuole più apparire l’oca che era abituata a interpretare. Furono gli anni dei film più importanti della sua carriera, fu protagonista di “A qualcuno piace caldo” e “Il principe e la ballerina”. Fonda la MM Production e Miller scrive per lei “Gli spostati”. In una delle tante chiacchierate col marito chiede: “Arthur com’è possibile dare tanto amore nella vita?”, “Oh, è semplice basta averlo ricevuto”. Marilyn non aveva mai ricevuto amore: “Quella sarebbe stata la sua condanna: essere nata per amare ed essere incapace di farlo”, sottolinea Signorini. Contemporaneamente al suo matrimonio con Miller, Frank Sinatra le presentò uno spasimante e ben presto, lei divenne l’amante di J.F.K. (John Fizgerald Kennedy), un ruolo troppo stretto per Marilyn e imperfetto per il futuro presidente degli Stati Uniti d’America e “devoto” marito. Il 19 maggio 1962 canterà sottovoce davanti a 15.000 persone, nel Madison Square Garden, il famoso “Happy birthday, mister president”.
Esce presto di scena senza farne più ritorno. Marilyn Monroe si crogiola in questo amore non vissuto e si avvelena la notte del 5 agosto 1962, con una massiccia dose di barbiturici, lascia la sua vita e quella dei suoi fans a soli 36 anni, consacrandosi alla storia come una strepitosa icona hollywoodiana. “Il silenzio è l’unica risposta logica da poter dare agli stupidi”, disse una volta Marilyn Monroe, ma intorno a sé ha lasciato quell’alone di mistero che ancora affascina il mondo.
Claudia Gaetani
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