RIETI – Il Covid ci è caduto tra capo e collo, non ne siamo usciti migliori, non è andato tutto bene, la lezione non l’abbiamo imparata, il Servizio Sanitario Nazionale è sempre in affanno, il personale medico è insufficiente, vax e no vax si guardano in cagnesco, la politica è divisa anche sulla gestione della pandemia. Ma tutto questo è un film che l’Uomo ha già visto e continuerà a vedere: peste, vaiolo, polio, tubercolosi, lebbra, polmoniti (mortali senza la penicillina), morbo di Krupp, enterocoliti per acqua e alimenti impuri, anche le malattie esantematiche mietevano vittime. Guardarsi indietro per andare avanti, ma sembra sempre più difficile. La pratica della vaccinazione esiste da circa trecento anni e anche allora ci furono i favorevoli e i contrari. Il vaiolo nel XVIII secolo decimò la popolazione in Europa, Nord America e Oriente.
Il medico britannico Edward Jenner è considerato il padre dell’immunizzazione, ma c’è chi lo ha preceduto: Mary Wortley Montagu, nobildonna inglese appassionata di scienza e medicina. Fu lei a introdurre la prima immunizzazione dal vaiolo in occidente, dimostrando la sicurezza della pratica che lei stessa, dopo aver contratto il virus, restandone segnata esteticamente, testò sui propri figli. Grazie a lei in Inghilterra si diffuse la “variolizzazione”, una rudimentale ma efficace tecnica di profilassi. Lady Mary Pierrepont (questo il cognome da nubile) nasce a Londra nel 1689, figlia di Evelyn Pierrepont, eraldo di Kingston, membro del parlamento e del partito riformista. Le origini aristocratiche le assicurano un’istruzione eccellente e lei, brillante e curiosa, già a sedici anni dimostra una spiccata vocazione letteraria, pubblicando volumi di poesie, studiando il latino da autodidatta.
A 23 anni sposa Edward Wortley Montagu sfuggendo a un matrimonio combinato, partecipa alla vita mondana, frequenta la corte di re Giorgio I. Nel 1713 il fratello William muore di vaiolo a soli vent’anni, lei lo contrasse due anni dopo e ne portò per sempre i segni sul viso. La sfiducia e le critiche nei confronti di dottori e studiosi s’inasprirà quando lei stessa sfiderà la comunità scientifica importando la pratica della variolizzazione dall’Oriente, dove seguì il marito, nominato ambasciatore dell’impero Ottomano. Entra in contatto con la popolazione, apprende usi e costumi orientali che racconta nelle Turkish Embassy Letters, raccolta di carteggi, tra i primi esempi di lavoro laico svolto da una donna sull’oriente musulmano. Lady Mary frequenta le ‘zenana’, appartamenti riservati alle donne nelle dimore turche, dove assiste alla pratica dell’“innesto”, già descritta da alcuni studiosi inglesi, ma mai sperimentata sugli occidentali. Si preleva una piccola porzione di materiale infetto da una persona malata di vaiolo e si inocula in un paziente sano attraverso una piccola incisione chirurgica praticata sul braccio. Con sintomi contenuti, l’infezione localizzata si dimostra in grado di immunizzare il soggetto senza causare la morte, né danni permanenti.
Persuasa dall’efficacia decide di sperimentarla sul figlio primogenito di sei anni con il chirurgo Charles Maitland, al servizio dell’ambasciatore: il medico descrive accuratamente l’innesto voluto dalla “ingegnosa signora”, il bimbo supera l’intervento senza riportare danni, né cicatrici. Rientrata in Inghilterra, Lady Mary si fa ambasciatrice del nuovo metodo di profilassi. Qui nel 1721 il vaiolo dilaga e lei si espone per promuovere l’innesto che ripete sulla figlia, sempre con il dottor Maitland, assistito da altri due medici in qualità di testimoni oculari: è il primo caso scientificamente documentato, inizia il passaparola sulla stampa e nei salotti, la principessa Carolina di Galles prima di procedere con l’innesto sulle figlie, chiede un test su scala più ampia e così sei condannati a morte vengono prelevati dal carcere di Newgate come volontari, in cambio della libertà. L’operazione va a buon fine, la promessa viene mantenuta, la variolizzazione viene praticata a spese della Corona su undici orfani per un secondo test.
Nel corso del XVIII secolo furono vaccinati personaggi di alto rango, come i sovrani di Danimarca e di Svezia, i duchi di Parma e di Toscana e la zarina Caterina II. L’opinione pubblica è divisa, a causa di alcuni test non ben praticati, che non andarono a buon fine, la pratica venne ritenuta “immorale” da alcuni uomini di chiesa e poco sicura da una parte della comunità scientifica, incerta sul potere immunitario della variolizzazione e timorosa che questa potesse favorire la diffusione del male. Nel periodo più acceso, sulle pagine del The Flying-Post compare un saggio anonimo intitolato “Un resoconto del piano di inoculazione del vaiolo da parte di un mercante turco”, scritto da Mary, definita “ambasciatrice del progresso”. Il dibattito si placa negli anni e tra il 1721 e il 1728 vengono sottoposte alla variolizzazione 897 persone di cui solo 17 non superano l’innesto, probabilmente a causa dell’operazione in sé. L’efficacia è comprovata dai numeri, il vaiolo causa circa il 9 per cento delle morti complessive registrate in Inghilterra.
Lady Montagu viene riconosciuta anche oltre i confini inglesi, in particolare dagli illuministi francesi. Non fu la prima a pensare a questa soluzione per prevenire il vaiolo in Europa, ma fu lei a difenderla strenuamente contro la dura opposizione di medici ed ecclesiastici nel suo Paese. Termina la sua vita in solitudine, vivendo gli ultimi anni in Italia, dove muore nel 1762. L’eredità della sua scoperta viene raccolta da Edward Jenner, che sviluppa una tecnica più sicura partendo dal vaiolo bovino. Figlio di un pastore protestante del villaggio di Berkeley, nella contea di Glouchestershire, contrasse il vaiolo e a tredici anni, diventò apprendista di un chirurgo locale. Nei successivi otto anni studiò e acquisì la pratica medica e chirurgica e dal 1790 cercò sistematicamente un rimedio per il vaiolo. Conosceva la variolizzazione, ma cercò di trovare un metodo più efficace che eliminasse il rischio di mortalità e di contagio.
Osservando i contadini si accorse che contraevano la malattia dagli animali con il contatto, ma non in forma letale, quando si ammalavano di vaiolo umano venivano colpiti da una forma lieve e nella maggior parte dei casi non morivano, giungendo alla conclusione che il vaccino, che si chiamò così proprio perché proveniva dalle vacche, era una difesa sicura contro il vaiolo. La scoperta non fu accolta subito con entusiasmo, dura l’opposizione soprattutto in ambito scientifico e religioso. Anche il filosofo Immanuel Kant non era d’accordo…
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