VENEZIA – Forse nemmeno Marco Polo avrebbe potuto immaginare che la rilettura contemporanea del suo testamento da parte di studiosi europei e asiatici avrebbe risvegliato e corroborato la rinata passione di Occidente e Oriente per la vecchia e nuova Via della Seta che sta rispolverando con gli scambi culturali e commerciali.
Uomo di grande ingegno e di spiccata intraprendenza, è sicuramente l’italiano, e l’europeo, più famoso e amato in Cina, generoso ed in qualche modo proto-femminista. Di Marco Polo non è rimasto nulla perché la sua casa vicino a San Giovanni Grisostomo, a Venezia, fu distrutta nel 1596 da un incendio, come pure la sua tomba nella chiesa di San Lorenzo che è andata distrutta durante l’occupazione napoleonica, di lui non esistono nemmeno monumenti né ritratti ufficiali della sua presenza rimane oggi solo la Corte del Milione. Difficile, dunque, regalare al solo Milione, che pure ispirò le imprese di Cristoforo Colombo, tutta l’epica di un personaggio che sembra uscito da un film d’avventura ma che, in realtà, incarna ante litteram la figura del viaggiatore e uomo d’affari dell’era della globalizzazione, dotato di spirito critico ma scevro da pregiudizi, mediatore culturale e uomo di pace. L’inizio della globalizzazione può essere davvero intestato a Marco Polo.
A rivelare aspetti forse insospettabili di questo grande esploratore veneziano, che per primo percorse in modo integrale la “via della seta” e raccontò la propria impresa nel Milione (una sorta di diario di viaggio e di avventure), è il suo testamento scritto su una pergamena. E’ il 9 gennaio 1324, quando il veneziano Marco Polo, settantenne in punto di morte, chiama il prete-notaio Giovanni Giustinian per dettare il testamento per l’esecuzione delle sue volontà nominando quali uniche eredi la diletta moglie Donata Badoer e delle tre figlie – Fantina, Bellela e Moreta “mie commissarie di fede”, come lo stesso ama definirle, un atto tutto al femminile, dettato da un uomo destinato a passare alla storia con il “Milione”, il racconto del viaggio e della permanenza alla corte del Kublai Can in Cina, assieme al padre ed a uno zio.
Questo documento, che assume la dimensione del “monumento”, forse meglio di ogni altro, racconta l’umanità di Marco Polo, epico viaggiatore veneziano, che ora svela anche la sua parte più intima, quella che emerge dall’uomo che si appresta a morire. Il testamento che Marco Polo dettò in un latino alla veneziana, è stato pubblicato, in copia, all’interno dell’opera dal titolo i Segreti del Testamento di Marco Polo “Ego Marcus Paulo volo et ordino…” e fa luce sugli aspetti umani, culturali, sociali che le parole di Marco custodiscono o evocano, ma disvela anche le storie che sono conservate dalla stessa pergamena, la sua fattura, la sua redazione, il notaio che la vergò, il passaggio di mano in mano sino a giungere a oggi e alla custodia presso la Biblioteca Marciana. Vicende materiali e trascendenti, quotidiane e straordinarie: la casa, gli oggetti, l’eredità, gli affetti, la devozione, gli echi del viaggio, la favolosa Cina e la Venezia trecentesca. Un vasto mondo che il volume esplora e consegna a chi legge.
Letto e compreso nei dettagli il cui testo “buca la storia”: l’orizzonte è al mondo femminile infatti, oltre a rivelare un uomo ricco e credente, in un momento storico nel quale si lasciava tutto al ramo maschile, egli decise di lasciare i suoi beni, oltre che a numerose chiese per conquistarsi un felice aldilà, alle donne di casa e non ai parenti maschi. L’eredità di Marco Polo consiste nell’ingente patrimonio in denaro e in beni di svariata natura, comprese alcune merci esotiche riportate dai suoi viaggi nelle lontane terre d’Oriente e descritte nel suo Milione merci, stoffe pregiate, ambre, muschio, profumi, peli di animali esotici, pietre rare che, con il testamento, confermano inequivocabilmente le imprese del mercante veneziano in Oriente. Un documento prezioso ufficialmente dichiarato autentico dopo lunghe ed approfondite indagini paleografiche ed interventi di restauro, che svela un volto inedito del Grande Marco Polo, un capolavoro, conservato presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, che vale la pena di “ammirare”.
Adele Paglialunga
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