PERUGIA – Sosteneva Marco Valerio Marziale, presentando i suoi caustici epigrammi, che una qualsiasi opera letterararia contiene alcune cose buone, altre mediocri, la maggior parte pessime e concludeva, in modo apodittico, “aliter non fit, Avite, liber” (“in altro modo non si fa, o Avito, un libro” oppure “un libro non è fatto diversamente”). A confutare, a smentire la dogmatica affermazione dell’irridente poeta ispanico (nato e morto a Bilbilis, nonostante il rimpianto per la lunga stagione vissuta a Roma, al tempo dei Flavi), basta scorrere – non è il solo, ovviamente, ma rappresenta un bell’esempio di come un testo possa contenere il bello ed il buono, rifuggendo dalla mediocrità o peggio – il prezioso lavoro di Fedora Boco, appena pubblicato col titolo “Le Maioliche di Monteluce – Ascesa e tramonto di una manifattura perugina (1921-1931)”, edito da Aba Press.
L’esistenza di questa attività produttiva, più che artigianale, artistica (e culturale), che segnò la storia non solo economica del capolouogo umbro tra le due guerre, era rimasta avvolta nei racconti orali un po’ fumosi e generici e negli approfondimenti di qualche studioso, non facili da reperire. In virtù di ricerche archivistiche e bibliografiche, molto accurate e certosine, ora Fedora Boco, studiosa di vaglia, accompagna per mano il lettore, anzi lo immerge, nello spaccato dell’epoca e nella storia della città, in maniera assorbente, totale, illuminante. Una ricostruzione davvero completa e che si divora col massimo interesse, anche da chi non è addetto ai lavori per le varie vicende, personaggi e curiosità offerte di pagina in pagina (oltre alle fascinose immagini).
Perugia – come altre comunità umbre: da Gubbio a Gualdo Tadino, da Deruta a Orvieto e non solo – ha coltivato fin dai tempi della sua fondazione (come testimonia il ritrovamento dell’alfabetario etrusco in Piaggia Colombata) l’arte dei vasai: ceramiche, terrecotte, maioliche.
Tuttavia la “Società autonoma umbra Maioliche Monteluce” (SAUMM, in sigla), fondata il 17 luglio 1921 con un capitale di 80.000 lire, fece toccare all’alto artigianato perugino vette prestigiose, pure a livello internazionale. La fondazione dell’impresa, che vide come soci illustri e illuminati personaggi cittadini, avvenne davanti al notaio Angelo Tei e neppure dieci mesi più tardi la SAUMM si trasformò in società per azioni.
La produzione – con le sedi che via via si spostarono dal centro (via Bontempi, via Baglioni), nell’immediata periferia (palazzina Ginocchietti, a Monteluce) – si indirizzò tra tradizione e modernità, con una cospicua varietà di disegni e di forme (pure riprese dall’antichità classica, greca ed etrusca), ma anche puntando sugli esempi splendidi del Quattro-Cinquecento fino ad approdare alla contemporaneità dello stile Liberty e del Decò. Riconoscibile lo stemma aziendale: tre monti stilizzati illuminati dal sole.
Tra i collaboratori, significativo il contributo di pittori di maioliche, umbri, ma non solo. Dalla fabbrica uscivano vasellame comune e da tavola, ma pure portalampade, cache pot, oggetti di puro arredamento, statue. Lo sviluppo, anche commerciale, si rivelò irresistibile, tumultuoso. Ma l’azienda, come una cometa brillantissima quanto effimera, dopo due lustri, si offuscò e si spense nel nulla.
Dall’attenta, puntuale ricerca è emersa anche una lunga, sofferta diatriba giudiziaria tra soci (con tutti gli atti del procedimento), che ha probabilmente rivestito un ruolo non secondario nella caduta e nella scomparsa della prestigiosa attività.
Il cospicuo apparato iconografico, che accompagna ed illustra l’elegante pubblicazione, arricchisce l’opera e dimostra come la produzione manifatturiera avesse incontrato i gusti non solo dei clienti europei, ma anche degli americani e degli statunitensi in particolare. Molti pezzi usciti dall’azienda perugina sono esposti – a conferma della loro alta qualtà – in collezioni pubbliche e private. Il libro, godibile e curatissimo in tutti i suoi aspetti, si rivela un vero e proprio gioiello.
Elio Clero Bertoldi
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