ROCCASINIBALDA (Rieti) – “Vieni, c’è un santuario nel bosco, il suo nome conosco, vuoi conoscerlo tu? Vieni è la strada del cuore…”: parafrasando una vecchia canzone del 1943 (interpretata da Claudio Villa, Gino Bechi, Luciano Virgili), si parte alla scoperta del santuario della Madonna di Pagaret, luogo solitario e silenzioso, immerso nel bosco. E’ una piccola pieve di montagna, a 1805 mt. di altitudine, in località Vallecupola, frazione del comune di Roccasinibalda, all’interno della Riserva Monti Navegna Cervia, dove lo sguardo può spaziare dalle vette del Terminillo alla Majella. La chiesetta ha un campanile a vela e due piccole campane, che si possono suonare con una catenella. La facciata ha tre “occhi” disposti intorno al portale e sull’architrave è incisa la data: 1679, recentemente ristrutturata anche grazie all’apporto di un sacerdote di Castelnuovo di Farfa, Don Giuseppe. Dietro l’altare un’immagine mariana.
Il nome “Pagaret” potrebbe derivare da una corruzione dialettale di “apparì” o “apparette”. Si narra che la Vergine apparve a un viaggiatore aggredito da briganti locali, l’uomo terrorizzato invocò la Madonna che mise in fuga i briganti e per ringraziare dello scampato pericolo volle edificare la chiesetta, che diventò presto meta di pellegrinaggio. Raggiungerla è facile, il percorso è uno stretto sentiero che si prende poco dopo Vallecupola (a 1,3 km dal paese), seguendo l’indicazione “Fonte Crocetta” un abbeveratoio per gli animali al pascolo, dove è possibile fare scorta di acqua freschissima e limpida. Dalla fonte si segue il sentiero, una freccia segnaletica lo indica come sentiero 375a, con direzione “Santuario Madonna di Pagaret”, in alcuni punti è roccioso, sempre molto stretto, ma ben riconoscibile, curva leggermente fino a scoprire il lago del Salto.
Procedendo a passo lento, il santuario si raggiunge in poco più di 40 minuti e appare in fondo a una piccola radura, in questo punto però il fitto bosco limita il panorama. Lungo il percorso sono riconoscibili, spostando lo sguardo più a destra, anche le vette del gruppo del Monte Velino, nel territorio della Riserva della Duchessa e più in lontananza la Majella, gli Ernici e i monti del Parco nazionale. E’ una passeggiata facile, con pochissimo dislivello, che si può percorrere in un’ora e mezza tra andata e ritorno.
Il santuario aspetta solitario, nei pressi di un antico percorso di passaggio intervallivo. Il suggerimento è forte in questo periodo di turbamento tra Covid e guerra, che mai avremmo immaginato: è un’ottima occasione per essere soli con se stessi e la natura, il silenzio, gli animali al pascolo. Il silenzio viene rotto ogni anno, la seconda domenica di agosto, quando la popolazione di Vallecupola parte al mattino presto per il pellegrinaggio al Santuario, svegliata dalla Banda.
Il pellegrinaggio è a metà tra il rito prettamente religioso e devozionale e una cerimonia propiziatoria pagana, quando sul prato davanti al santuario si tirano fuori le provviste e si fa merenda. La partenza è dalla Chiesa di Santa Maria della Neve, nella piazza principale del borgo (la chiesa ospita il Volto Santo, come quello che si trova a Manoppello), in processione con la statua e la reliquia dalla piazza fino alla “immaginetta”, posta all’inizio del caseggiato, lo stendardo trasportato a braccia dalle ragazze del posto, canti tradizionali. Presso l’immaginetta, luogo aperto per l’occasione, si lascia la statua, che dal 2011 è tornata ad essere la Madonna con l’abito della festa e si prosegue a piedi lungo la strada asfaltata fino al bivio per “Fonte Crocetta”. Il santuario viene aperto e i fedeli pregano e cantano inni mariani davanti all’immagine sbiadita della Madonna che regge un bambino, affrescata sul muro alle spalle dell’altare. Poi la colazione con formaggio pecorino, vino, panini e dolcetti con tutti i partecipanti: un modo per ritrovarsi, giacché molti sono andati fuori per lavoro e tornano al paese nei mesi estivi.
Il corteo riparte senza dare le spalle all’immagine della Madonna cantando fino all’ingresso nel bosco: “Addio Madonna, ti lascio qui sola, la tua bella chioma dobbiamo lasciar. Evviva, Evviva, Evviva Maria”. Durante il percorso di ritorno l’atmosfera è prettamente pagana, con le donne che intonano canti popolari tradizionali: amori impossibili, storie di tradimenti e di fanciulle ingannate dal destino. Il gruppo torna all’immaginetta e la statua della Madonna di Pagaret rientra nella chiesa fino all’anno successivo. Il sentiero resta sempre percorribile, perché ogni anno per partecipare alla processione, viene ripulito da piante infestanti, con piccoli interventi di manutenzione.
La Riserva Naturale Regionale dei Monti Navegna e Cervia si estende per circa 3600 ettari all’interno dei bacini idrografici del fiume Salto e Turano (Rieti), interessando il territorio di 9 Comuni: Ascrea, Castel di Tora, Collalto Sabino, Collegiove, Marcetelli, Nespolo; Paganico Sabino, Roccasinibalda e Varco Sabino. Si caratterizza per la presenza di paesaggi eterogenei, frutto delle peculiarità climatiche, geomorfologiche e vegetazionali ma anche della presenza dell’uomo e offre una vasta sentieristica. Boschi montani e submontani (le faggete ed i querceti misti), i pascoli cespugliati che si stanno trasformando in giovani boschi, le praterie secondarie sulle sommità dei monti, i castagneti da frutto (con individui plurisecolari), le pareti carbonatiche che fanno da cornice ad alcuni torrenti, il “paesaggio delle dighe” originato dalla costruzione, sul finire degli anni 30, dei bacini idrici artificiali del Salto e del Turano. La caratteristica saliente della Riserva è però il basso livello di antropizzazione del territorio, unito all’ampia diffusione dei boschi: oltre il 70% della sua superficie è infatti ricoperto da formazioni forestali. Suggestiva, ma in questo caso più faticosa, la salita fino in cima al Monte Navegna, da dove si possono vedere contemporaneamente i due laghi Salto e Turano.
Francesca Sammarco
Brava!!!