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Ma è davvero così magico il Natale?

di | 2024-12-20T19:10:29+01:00 22-12-2024 0:30|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

PALERMO – Di cosa è capace una grande scrittrice come Natalia Ginzburg? Secondo Domenico Scarpa, critico letterario che conosce a fondo le sue opere “del prodigio per cui, partendo da una verità che sapevano tutti, si arriva a una verità che sa solo lei, anzi, che solo lei sa dire: perché difatti un istante dopo che l’ha detta lei, ognuno si accorge che la sapeva da sempre, che la sapeva ma che non sarebbe mai stato capace di dirla così”.

Natalia Ginzburg

Pubblicato dalla Ginzburg su La Stampa nel lontano dicembre 1971 (e riprodotto nella raccolta Vita immaginaria), ecco una sintesi del suo scritto dal titolo Magico Natale, straordinariamente vivo ed attuale.

Avendo io avuto pochi giocattoli nell’infanzia ed essendo cresciuta in una famiglia dove si dava poca importanza alle feste e alle tradizioni, ho custodito in me a lungo l’idea di un Natale prezioso, celebrato e felice, idea ogni anno, nell’infanzia, delusa e distrutta; che forse per questo ogni anno a Natale mi butto a comprare giocattoli e regali splendendo moltissimi soldi e sentendomi subito in colpa. 

Inoltre mi chiedo: cosa diavolo inventeranno nei prossimi Natali quelli che fanno i giocattoli dato che hanno l’aria di non sapere più cosa inventare e cosa vendere e la fantasia di chi inventa giocattoli è sempre più monotona e povera; se sono io sola a trovare le feste fosche e faticose per la mia vecchiaia, pessimismo e malinconia o se sono fosche e faticose per tutti.

 Penso però che devono essere fosche e faticose per tutti dato che tutti usano lamentarsene, lamentarsi delle feste è diventato ormai un luogo comune. Forse il Natale andrebbe celebrato da chi è religioso semplicemente andando in chiesa ma non facendo nessuna delle cose che tutti, religiosi e non religiosi, ci sentiamo inesplicabilmente costretti a fare.

Intanto ronzano e cantano nelle nostre orecchie parole che abbiamo sentito alla televisione, «magico Natale», esse ronzano dentro di noi con voce virile, sospirosa e misteriosa e noi troviamo che il nostro Natale non è affatto magico.

Noi usciamo nella città a comprare dei regali per alcuni amati bambini. Ogni anno ci eravamo proposti di provvedere a questo a novembre, ma ogni anno ci riduciamo a farlo nei giorni intorno a Natale quando la città è invasa da fiumane di gente che si è prefissa di comprare giocattoli. Simile operazione che potrebbe essere in sé innocente e potrebbe essere lieta diventa nelle feste natalizie un’operazione elefantesca e affannosa (…).

Mentre camminiamo per la città con le braccia ingombre dei nostri errori, con i polsi segati dallo spago, abbiamo la sensazione che la gente che riempie le strade sia oppressa dalla stessa identica coscienza: di portare a casa un carico di inutili e costosi errori e che il pessimismo sia il contenuto reale di tutti i nostri pacchi. Abbiamo la sensazione che ognuno provi una repulsione profonda per i negozi, le vetrine e le strade e più ancora profonda per gli oggetti che porta a casa con sé (…).

Ricordando oggi i Natali della mia infanzia, penso però che esistesse allora nell’universo un’idea della felicità universale, che cioè la gente allora potesse immaginare la felicità, mentre oggi la felicità è diventata inimmaginabile.

Per questo allora aveva un senso celebrare le feste, perché celebrando le feste si pensava a una felicità possibile anche se remota da tutti e non situata in nessun luogo. Oggi la felicità universale noi ci sentiamo totalmente incapaci di rispecchiarla nel nostro pensiero. Quello che abbiamo perduto non è il paradiso sulla terra, che non esiste e non c’è mai stato, ma un’immagine di felicità dai contorni chiari, alla quale la gente si riferiva nelle sue speranze e che le feste sembravano evocare e far fluttuare al di sopra di noi”.

Qual è la differenza con l’oggi, cara Natalia? Certo, ora la ressa per l’acquisto è magari on line, le strade sono intasate di corrieri, e i nostri polsi non sono così segati dallo spago, ma i nostri polpastrelli sono sfiniti per rispondere alla marea di auguri su WhatsApp.

Però anche noi siamo qui a cercare, forse più di ieri e più disperati che mai visto l’andazzo generale, un’idea della felicità universale, un’immagine di felicità dai contorni chiari, che includa e contempli pace, giustizia e dignità sociale per tutti. Invece assistiamo, sconfitti e impotenti, a conflitti armati che fanno morire centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini; mentre in Italia – è l’ultima rilevazione Istat ad affermarlo – nell’ultimo anno la povertà assoluta ha coinvolto il 9,7% della popolazione italiana, circa cinque milioni e 700.000 persone, e oltre un milione di bambini soffrono di gravi privazioni economiche.

Ipotizzare e magari sognare anche solo una pallida e tremula idea di felicità universale è oggi davvero difficile, quasi impossibile.

Nessuna magia, cara Natalia. Anche se, ieri come oggi, ne avremmo un disperato bisogno.

Maria D’Asaro

 

Già docente e psicopedagogista, dal 2020 giornalista pubblicista. Cura il blog: Mari da solcare
https://maridasolcare.blogspot.com. Ha scritto il libro ‘Una sedia nell’aldilà’ (Diogene Multimedia, Bologna, 2023)

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