RIETI – “Lodovico Petrini (1817-1882) Patriota, Massone e Sindaco di Rieti”, un libro per ricordare il primo sindaco di Rieti del Regno d’Italia e il ruolo svolto dalla città nel periodo risorgimentale, scritto da Gianfranco Paris e Luciano Tribiani, stampato dal Comitato Provinciale di Rieti dell’Istituto Storico del Risorgimento e della Sezione della ANVRG “Giuseppe Garibaldi”. Il libro è stato presentato nella sala consiliare della Provincia, alla presenza degli autori, lo storico Roberto Marinelli e la docente Benedetta Graziosi, un evento che si inserisce nel quadro del III festival del Risorgimento di Rieti, in collaborazione con l’associazione culturale Lodovico Petrini, l’Università Popolare Sabina e con il patrocinio dell’amministrazione Provinciale di Rieti.
Nato in una famigli agiata di speziali di origini marchigiane (ancora oggi la farmacia di famiglia nel centro storico di Rieti è un punto di riferimento), iscritto alla Giovine Italia’nel 1834, Petrini partecipò a tutti i moti risorgimentali fino alla presa di Porta Pia nel 1870, che salutò dal Palazzo Municipale a nome dei cittadini di Rieti, all’atto della nomina a sindaco. Fu uno dei protagonisti della fondazione della Loggia Massonica Sabina nel 1863, restò celibe e fin dagli anni giovanili dedicò tutta la sua vita all’attività pubblica, fu presidente del circolo democratico di Rieti che partecipò all’assemblea nazionale romana. Il suo settennato ha lasciato segni concreti: la ristrutturazione urbanistica del centro storico con la realizzazione del primo acquedotto per rifornire le fontanelle (alcune ancora in funzione), la sistemazione definitiva delle vie Cintia e Garibaldi (all’epoca attraversata per un lungo tratto dal fiume Cantaro), il primo Piano Regolatore, la ferrovia L’Aquila-Rieti-Terni, di grande importanza strategica locale e nazionale (quel consiglio comunale sulla ferrovia è stato rappresentato dagli studenti in una recita teatrale).
Si deve a lui, che coniugò la vocazione agricola del territorio con il primo sviluppo industriale, l’idea di uno dei primi zuccherifici d’Europa, che fu fonte di profondo disagio e malessere. Quando sei troppo avanti, quando hai una visione futuristica, non sei capito: i contadini non ci credettero e non aumentarono la produzione di barbabietola da zucchero. Sul busto di Petrini, opera di Gaetano Possenti, nella hall dell’ufficio del sindaco, realizzato grazie a una sottoscrizione popolare, subito dopo il funerale, si è soffermato Marinelli, che ha evidenziato il viso di un uomo deluso profondamente, perché allo zuccherificio credeva fortemente. L’idea infatti era giusta e venne ripresa dal Principe Ludovico Spada Veralli Potenziani (fu governatore di Roma dal 1926 al 1928, senatore del Regno dal 1929 al 1943) e da Emilio Maraini (consigliere comunale e deputato fino al 1916). Lodovico Petrini morì povero, ma stimatissimo.
Il primo libro sulla sua vita venne scritto da Angelo Sacchetti Sassetti, storico, docente e sindaco prima e dopo il fascismo. All’ingresso di Rieti la dicitura “Città del Risorgimento” ricorda che Rieti, in quel periodo ricco di fermenti e aneliti di libertà e democrazia, ha svolto un ruolo importante, che pochi conoscono. Sulla battaglia di Mentana, in cui i garibaldini furono sconfitti pesantemente, Petrini nutriva seri dubbi, sapendo che i francesi avevano fucili più moderni: avrebbe voluto evitarla. Ippolito Vincentini, Francesco Battistini, Giuseppe Maffei e Mario Simeoni furono eletti a costituenti della Repubblica, insieme a Giuseppe Garibaldi (risiedette a palazzo Colelli, sede del Quartier Generale della Prima Legione italiana, insieme alla moglie Anita per due mesi e mezzo), parteciparono alla redazione della prima costituzione democratica repubblicana d’Europa. Per tale impegno subirono persecuzioni dopo la restaurazione del potere temporale di Pio IX ad opera dei francesi di Napoleone III.
Nel 1850 Petrini stanco dell’ennesima perquisizione, si imbottì di santini e immagini di santi e così girò per le strade e i bar della città “Per Dio, non si può essere devoti?”. Non potendo partecipare alla seconda guerra di indipendenza, i liberali di Rieti inviarono mille fucili a Garibaldi, che li utilizzò nella battaglia di Bezzecca, l’unica vinta. Anche nella spedizione dei Mille, Petrini ebbe un ruolo di protagonista, in corrispondenza sia con Roma che con L’Aquila. La liberazione di Rieti avvenne il 23 settembre 1860. Bisognerebbe girare in città guardandosi bene intorno, perché oltre alla toponomastica, ci sono targhe e insegne che raccontano una storia importante. Il Comitato provinciale dell’Istituto Storico del Risorgimento, in collaborazione con la Sezione di Rieti dell’ Associazione Nazionale Veterani Reduci Garibaldini “Giuseppe Garibaldi”, con Gianfranco Paris, Francesco Rinaldi, Michele D’Alessandro, Giuseppe Martellucci, ha iniziato un percorso didattico per le scuole medie, sulle tracce del Risorgimento in città.
Gli studenti hanno scoperto Largo Margaret Fuller, giornalista americana, prima reporter di guerra della storia, che dette alla luce Angelo Ossoli, figlio dell’ufficiale dell’esercito repubblicano che difese la Repubblica Romana dalle armi francesi di Napoleone III. A via Cintia, davanti a Palazzo Vincentini, Garibaldi si fermò il 23 ottobre 1867 diretto verso la battaglia di Mentana per salutare il suo amico e sodale costituente della Repubblica Romana Conte Ippolito Vincentini. Sotto i portici del Comune le targhe ricordo degli eventi e dei 4 costituenti reatini della Repubblica romana: Ippolito Vincentini, Mario Simoni, Giuseppe Maffei e Francesco Battistini. In via Garibaldi, a Palazzo Colelli, Garibaldi soggiornò con la moglie Anita nel 1849, prima di partire per difendere la Repubblica contro l’esercito di Napoleone III, venuto a restaurare il Papa e lo Stato pontificio.
A Porta d’Arci la scaramuccia tra i soldati dell’esercito delle Legazioni durante i moti carbonari del 1831 e i difensori della Rieti papalina, la Battaglia di Lesta del marzo 1821 tra i costituzionali di Napoli e l’Imperatore Francesco I, giunto per soffocare ogni anelito di libertà nel Regno di Napoli, battaglia avvenuta a Villa Reatina, sui colli dell’Annunziata e in valle Oracola, alle pendici del colle di Lesta dal quale il generale Guglielmo Pepe dirigeva l’esercito napoletano.
Fu quella la prima Battaglia del Risorgimento: un periodo che andrebbe riscoperto e approfondito, in contrasto con l’immobilismo, quasi una rassegnazione, di oggi.
Francesca Sammarco
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