//L’Italia non è più un… Paese per medici

L’Italia non è più un… Paese per medici

di | 2024-11-02T13:19:52+01:00 3-11-2024 2:00|Punto e Virgola|0 Commenti

In larga maggioranza sono giovani, quindi all’inizio della carriera e senza particolare esperienza, ma qualcosa lo hanno già imparato nei pochi anni di lavoro: la sanità pubblica in Italia vive da tempo situazioni complicate, fatte di insicurezza, scarse soddisfazioni (sia economiche che professionali), precariato… E dunque, se se si presenta l’occasione giusta, tanti professionisti del settore sanitario (medici, infermieri, fisioterapisti, farmacisti…) scelgono di andarsene. “Secondo una recente proiezione – spiega senza mezzi termini Gianluca Giuliano, segretario nazionale di Ugl Salute – al termine del 2024 saranno circa 20.000 i medici che potrebbero scegliere di andare all’estero”. E aggiunge: “Continuare a parlare di fuga è irrispettoso nei confronti dei medici che scelgono di andare a svolgere la loro professione all’estero. Si tratta invece di una decisione ponderata, dettata da migliori condizioni economiche, di progressione della carriera e di sicurezza sui luoghi di lavoro. Una tristissima realtà con cui l’Italia e le sue istituzioni devono fare i conti”.

Qualche altro dato rende ancor meglio la drammaticità della situazione. “Dal 1 gennaio 2023 al 31 agosto 2024, più di 10.320 tra medici, infermieri e altri professionisti sanitari italiani hanno chiesto di lasciare il nostro Paese”, si legge in un’indagine realizzata da Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia) e Umem (Unione medica euromediterranea). “L’82% di chi avanza richiesta lavora nel pubblico e, al primo posto, ci sono le aree di emergenza-urgenza, quindi pronto soccorso, seguiti da anestesia, ortopedia, neurochirurgia, chirurgia plastica, traumatologia, pneumologia, ginecologia, pediatria, dermatologia”, aggiunge Foad Aodi. presidente di Amsi e dell’Umem.

Il confronto con gli anni precedenti è sconfortante: nel 2021-2022 erano solo 4.700 i professionisti che presentarono richiesta all’Amsi per lasciare il nostro sistema sanitario, anche perché si era in un periodo davvero delicato in cui non era agevole muoversi per l’Europa e per il mondo, visto che si stava uscendo dalla pandemia. Nel periodo 2015-2016 furono 2.200, 3.100 nel 2018-2019  e nel 2019-2020 furono 1.200 i professionisti che si rapportarono con l’Amsi al fine di prendere informazioni finalizzate a lasciare il nostro Paese.

Le ragioni che inducono i professionisti a valutare l’ipotesi di lasciare la sanità italiana sono principalmente “la stanchezza, la piaga della medicina difensiva, la scarsa sicurezza economica, le deboli prospettive di carriera e il rischio sempre più concreto di subire aggressioni, con il 55% dei professionisti che dichiara di avere subito almeno una volta una violenza fisica o psicologica”, sottolinea ancora Aodi. Per gli emolumenti valgono le leggi di mercato, ma è un dato di fatto che l’Italia è, in Europa, al terz’ultimo posto in questa voce e precede solo Portogallo e Grecia. Ma pensare che sia solo un problema di soldi sarebbe profondamente sbagliato. Al di fuori dei nostri confini la possibilità di progressione in carriera è uno sviluppo normale della professione e negli ospedali delle altre nazioni le condizioni di lavoro sono assolutamente migliori.

“Se da noi lo stillicidio di notizie riguardanti aggressioni al personale sanitario è quotidiano – aggiunge Giuliano – non è così all’estero dove le condizioni di sicurezza sono altissime e il rischio di burnout (condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo, ndr) estremamente ridotto”.

Le regioni ai primi posti per le richieste di fuga giunte ad Amsi sono il Lazio, con l’area di Roma al primo posto, e poi Veneto, Lombardia, Toscana, Sicilia, Sardegna, Campania, Calabria, Umbria e Trentino. In Campania, in particolare, da gennaio 2023 ad ottobre 2024, 672 professionisti hanno già chiesto informazioni per trasferirsi all’estero. Nello specifico di tratta di 432 medici, 192 infermieri, 38 fisioterapisti, 10 farmacisti, la maggior parte di Napoli e provincia. Tra questi l’83% lavora attualmente nel settore della sanità pubblica e il restante 17% nel privato.

“Per quanto riguarda le preferenze delle nazioni dove vagliare la possibilità di lavorare – si legge nel report di Amsi – il 95% delle richieste riguarda, negli ultimi anni i Paesi del Golfo Persico (Emirati Arabi, Arabia Saudita e Qatar), seguiti da alcune nazioni europee dove palesemente gli stipendi superano di almeno del doppio i nostri”.

In estrema sintesi, la situazione è più che complicata: bisogna mettere in atto, concretamente e urgentemente, tutte le soluzioni e le sinergie possibili per risolvere le numerose criticità che affliggono da tempo il sistema sanitario italico, che è nazionale ma viene gestito dalle Regioni. Una contraddizione palese che genera 20 metodi di lavoro differenti che producono, a loro volta, palesi disparità. E anche nell’ambito dello stesso territorio regionale, le Asl si comportano in maniera difforme. Un caos organizzativo e gestionale che si ripercuote sulla qualità dei servizi offerti e che ha come effetto non secondario la fuga verso lidi più sicuri e più vantaggiosi economicamente. La conclusione è molto semplice ed è affidata al sindacalista Gianluca Giuliano: “Bisogna intervenire con la massima urgenza su emolumenti, carriera e sicurezza. O presto l’Italia sarà una nazione senza medici”.

Buona domenica.

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