Del proprio lavoro si può anche morire; di giornalismo si può morire. Specialmente se fatto con passione, con dedizione e spirito di servizio, nei confronti dei lettori e dell’opinione pubblica il mestiere di cronista si può trasformare in un pericolo fisico e morale per la propria incolumità.
Time Magazine ha scelto i giornalisti perseguitati per la ricerca della verità come “Persone dell’anno’ 2018”. Il riconoscimento a “I guardiani e la guerra della verità” è andato in particolare a Jamal Khashoggi, alle cinque vittime della sparatoria nella redazione della Capital Gazette, e ad altri tre giornalisti: la filippina Maria Ressa e i due reporter della Reuters arrestati in Myanmar, Wa Lone e Kyaw Soe Oo.
Secondo Time Magazine nel 2018 sono stati 52 i giornalisti che hanno perso la vita nell’esercizio della propria professione. E c’è da considerare anche coloro che sono stati aggrediti e hanno riportato ferite o chi ha subito conseguenze psicologiche gravi. Questo avviene ogni giorno, in tante parti del mondo compresa l’Italia.
Oltre al saudita Khashoggi, il cui assassinio nel consolato di Istanbul è diventato un caso di rilevanza internazionale, Time ha voluto sottolineare altre vicende di giornalisti perseguitati o uccisi. Maria Ressa, autrice di articoli critici sulla politica del presidente filippino Rodrigo Duterte, è stata incriminata il mese scorso per evasione fiscale e rischia fino a dieci anni di carcere. Ex giornalista della Cnn, dirige ora il sito di news Rappler. Wa Lone e Kyaw Soe Oo sono due giornalisti della Reuters in carcere da un anno in Myanmar. A settembre sono stati condannati a sette anni di detenzione per aver ottenuto documenti confidenziali sulla persecuzione della minoranza etnica dei Rohingya. La sparatoria nella redazione della Capital Gazette ad Annapolis, in Maryland, è del 28 giugno: a compierla un uomo che si sentiva diffamato dagli articoli del giornale sulla sua condanna per stalking. (AdnKronos – Washington, 11 dicembre 2018).
La libertà di stampa, ancora oggi, troppo spesso si paga cara.
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