MILANO – Imparare a gestire le proprie emozioni, riconoscendole e assecondando gli effetti sull’organismo e nelle relazioni sociali è di fondamentale importanza. Proprio in momenti come quelli attuali ci si accorge che le reazioni sono diverse da individuo a individuo di fronte a situazioni nuove ed inaspettate, che costringono ad un ripensamento della propria esistenza presente e futura, coinvolgendo le proprie abitudini, il proprio lavoro, il proprio modo di vivere e soprattutto il modo di gestire gli affetti e le relazioni interpersonali in genere. Appare evidente che l’essere umano spesso non è preparato a gestire le proprie emozioni e tanto meno a condividerle. L’educazione emotiva deve iniziare fin dalla nascita e passa inevitabilmente attraverso il rapporto che si instaura con i genitori, per poi proseguire in ambito scolastico. Di fatto non è quasi mai riconosciuta come materia di studio e spesso è affidata ad attività collaterali sviluppate attraverso interventi di esperti nell’ambito di progetti di tipo formativo.
Nelle isole Canarie c’è una scuola che ha reso obbligatoria l’educazione emotiva al pari di altre materie di insegnamento più classiche. Gli studenti hanno così la possibilità di imparare a conoscere e gestire i propri stati d’animo con evidenti benefici sulla socialità e sul rendimento scolastico. La materia è diventata obbligatoria al pari delle altre ed è utile soprattutto a far sì che già da bambini si impari ad identificare meglio i propri stati d’animo e a gestirli. Per esempio sembra che sia utile insegnare che il diritto di essere arrabbiati è sacrosanto, ma che ci sono dei limiti: non si può urlare né colpire un compagno. La rabbia è un’emozione che ha sempre un effetto sul proprio comportamento e quindi prima di agire è bene fermarsi e respirare. Naturalmente prima di tutto devono essere gli adulti ad esserne consapevoli e a comportarsi di conseguenza. Nelle Canarie infatti, questa materia così innovativa è proposta ai ragazzi da alcuni tutor opportunamente formati. Questi speciali insegnanti infatti hanno imparato per prima cosa a gestire le proprie ferite emotive e a sciogliere i propri nodi irrisolti in modo tale da poter essere d’aiuto agli altri. Per ora sembra che solo in altri due paesi dell’Unione Europea gli studenti abbiano tra le materie in programma l’educazione emotiva. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha ritenuto la cosa molto interessante e sta preparando una valutazione delle nuove competenze emotive e le abilità sociali degli studenti.
L’idea è che è importante considerare materie fondamentali la matematica, la comprensione della lettura, la conoscenza delle lingue straniere, ma anche quelle che vengono definite “competenze globali” di uno studente come appunto l’educazione emotiva. I risultati emersi dall’introduzione di questa nuova disciplina nelle scuole dicono che i vantaggi sono molteplici e da quando si insegna l’educazione emotiva a Las Palmas sembra che ci sia un migliore clima in classe. I bambini evitano di insultare o prendere in giro gli altri, non hanno paura di tirare fuori la tristezza quando c’è e, soprattutto, sono in grado di cercare e trovare soluzioni ai problemi quando si presentano. Per il momento la componente emotiva viene valutata ogni anno con questionari somministrati a studenti e insegnanti. Domande come: “Quando provi rabbia nei confronti di una persona che prende alcuni dei tuoi materiali senza permesso, come reagisci?” Oppure “quando torni a casa, la tua famiglia ti accoglie con un abbraccio?“. Così gli allievi imparano a riconoscere i segnali che il corpo emette in base ai differenti stati emotivi e provano a gestirli.
Durante il periodo storico attuale in molti paesi europei e non, studenti e docenti utilizzano gli strumenti tecnologici preposti per la realizzazione della didattica a distanza rimanendo chiusi fra le proprie mura domestiche, gomito a gomito con i propri familiari e magari in spazi troppo ristretti e non sempre pienamente confortevoli. Tante le emozioni da gestire: la paura, l’angoscia, la noia, la pazienza, l’insofferenza, l’inadeguatezza, il dolore, la tristezza, la solitudine e così via. Nessuno era ed è preparato, meno che meno le nuove generazioni. Da queste riflessioni presso l’Istituto tecnico industriale Feltrinelli di Milano nasce l’iniziativa, che di fatto è un vero progetto nel progetto, di una docente che, in accordo con la presidenza, ha pensato di dare voce alle emozioni degli studenti del proprio Istituto attraverso degli Incontri pomeridiani a cadenza settimanale durante i quali si abbandona il ruolo istituzionale per esprimere i pensieri e le emozioni al tempo del coronavirus. La docente ha attivato un’aula virtuale dal nome singolare “Incontri poetici al tempo del coronavirus” inserendo questa esperienza all’interno di un progetto di poesia già approvato dal Collegio Docenti. La poesia infatti è innanzitutto comunicazione emozionale e pertanto si pone come uno strumento valido per supportare quella che potrebbe diventare Educazione emotiva.
Il primo incontro del 15 aprile ha visto partecipare una dozzina di studenti che a fatica hanno raccontato la propria esperienza emotiva al tempo del coronavirus. Alcuni hanno parlato delle proprie letture e della motivazioni che li ha spinti a scegliere un determinato libro, altri hanno letto frasi o piccoli versi composti in solitudine o rubati dal web. La settimana successiva si è parlato di amicizia e solidarietà ai tempi del Codiv 19 ed infine il 29 aprile si è parlato dell’importanza dei sogni, quelli che devono dare la spinta a mettersi in gioco e non devono marcire nel cassetto. Purtroppo il cassetto di molti di loro è vuoto o pieno di ragnatele. Così emerge l’esigenza di dare loro nuova fiducia nel domani e nel futuro, soprattutto in questo momento di grande incertezza. E le poesie? Si leggono anche poesie di autori noti e meno noti e ci si lascia trascinare dalle emozioni che corrono sul web e traspaiono dalla voce incrinata o dal sorriso appena abbozzato davanti ad una fredda telecamera. Una iniziativa che piano piano sta coinvolgendo altri docenti ed un discreto numero di studenti sotto la spinta dell’hastag #ContagiamociDiPoesia.
La sorpresa più grande per la docente referente è sicuramente ricevere per email piccoli testi o un link ad un video realizzato per raccogliere le emozioni più profonde. Esempi di scrittura spontanei e genuini che trasmettono emozioni sincere. Non si può certamente parlare di educazione emotiva, ma di un invito ad esprimere senza indugio e senza vergogna i propri sentimenti da tracciare su un pezzo di carta o su qualsiasi mezzo di comunicazione a disposizione. Gli scritti, poesie, haiku o semplicemente pensieri personali faranno parte di una piccola raccolta pubblicata in un libro prodotto in self publishing a cura delle docente referente e con la collaborazione degli studenti stessi. Se tutto andrà bene l’iniziativa potrebbe avere un seguito anche il prossimo anno e diventare un appuntamento stabile che molto probabilmente coinvolgerà come ospiti numerosi poeti contemporanei.
Margherita Bonfilio
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