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Le Saline di Trapani, a passeggio nella natura

di | 2022-08-03T18:51:58+02:00 7-8-2022 6:10|Sezione 3, Viaggi|0 Commenti

PALERMO – Le Saline di Trapani e Paceco fanno parte di un’area naturale protetta che si estende per quasi 1000 ettari nel territorio degli omonimi comuni. La Riserva, istituita nel 1995 e gestita dal WWF Italia, ha un elevato valore paesaggistico, architettonico ed etno-antropologico e costituisce un’oasi preziosa di biodiversità di flora e fauna, con circa 470 piante diverse e 270 specie di uccelli.

L’ambiente tipicamente salmastro delle saline ospita infatti numerose specie erbacee e arbustive che si sono via via adattate alle condizioni naturali dell’area. In particolare, lungo gli argini delle vasche di sale prosperano diverse specie di Chenopodiaceae, tra cui la salicornia strobilacea e quella amplessicaule, piccole piante perenni, legnose con rami erbacei sino alla base, piante presenti solo in pochi altri luoghi della Sicilia e della Sardegna. Altre specie particolari sono il fiorrancio marittimo,  nella zona costiera tra le isole dello Stagnone di Marsale e il Monte Cofano, l’enula marina, il Limonio delle saline e altri tipi di Limonium, l’euforbia delle Baleari.

Il sito rappresenta altresì una delle più importanti aree umide costiere della Sicilia occidentale, ed è sia ambiente di sosta di numerose specie di uccelli migratori verso l’Africa sia “casa” stabile per uccelli stanziali: l’avocetta, una delle numerose specie di uccelli nidificanti nell’area protetta, è diventata l’uccello simbolo della riserva. Tra gli altri numerosi volatili, presenti il fenicottero, la spatola, l’airone bianco maggiore, la garzetta, il tarabuso, il gabbiano roseo, il martin pescatore, il falco di palude, il cavaliere d’Italia. L’area si caratterizza anche per la presenza di insetti rari e, nelle pozze salmastre, di un piccolo crostaceo, l’Artemia salina, che si adatta a condizioni di vita estreme.

Gran parte della Riserva è costituita da saline di proprietà privata – estese sino alle isole dello Stagnone – in cui viene tuttora praticata l’estrazione del sale secondo le tecniche tradizionali in uso da secoli. Di origine fenicia, la presenza delle saline è documentata già in epoca normanna. Dopo l’Unità d’Italia, nel 1861, le saline del Trapanese furono le uniche a non essere nazionalizzate e continuarono a esportare in proprio il sale in diversi Paesi. Ma, negli anni ’50 del secolo scorso, molte furono dismesse o abbandonate, poiché non reggevano la concorrenza delle saline industrializzate di Cagliari, di Santa Margherita in Puglia e del salgemma.

La ripresa delle attività produttive e della lavorazione del sale si ebbe proprio con l’istituzione della Riserva, a cui fecero seguito la realizzazione di interventi di restauro e recupero degli impianti abbandonati e un Regolamento speciale che ha permesso di “esercitare la salicoltura nelle aree tradizionalmente a ciò destinate e l’attività di acquacoltura di parte delle saline”. Nel 2011 il sale marino trapanese, già inserito nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha anche ottenuto il riconoscimento dell’IGP – Indicazione Geografica Protetta – con la denominazione “Sale marino di Trapani”. Nello stesso anno, con decreto del Ministero dell’ambiente, le saline di Trapani hanno ottenuto l’inserimento nell’elenco delle zone umide di importanza internazionale, previsto nel 1971 dalla Convenzione di Ramsar.

Dal 1995 – anno di istituzione della Riserva – la produzione del sale è in costante aumento: è passata infatti da 50.000 a circa 80.000 tonnellate all’anno, ed è in corso di realizzazione anche una nuova salina.

“Quello del salinaro è un lavoro faticoso, che richiede molta dedizione – ha detto il ‘salinaro’ Marco Culcasi a Enrica Maio, TG3 regionale siciliano – ma io sono felice così. Questo è il posto del mio cuore. Qui mi trovo benissimo, a contatto con la natura”. La passione per il lavoro di salinaro è confermata dal padre Giovanni, che aggiunge: “Si è diplomato, ma nonostante le insistenze mie e di mia moglie non ha voluto continuare l’università perché la sua testa, il suo cuore, la sua passione sono qui”.

I salinari camminano per chilometri nella riserva e controllano dai muretti il colore del sale nelle vasche, colore che, in questo periodo dell’anno, è rosa. Nelle isole dello Stagnone è iniziata in questo mese la raccolta a mano in notturna del sale: si comincia al tramonto e si finisce verso mezzanotte. Attività che i visitatori potranno ammirare sino a fine settembre.

Di notevole impatto paesaggistico nella Riserva anche la presenza di numerosi mulini a vento, che in origine erano di diversi tipi: c’erano quelli utilizzati per pompare l’acqua tra i bacini, quelli per il sollevamento dell’acqua e infine quelli per la macinatura dei cristalli di sale. Ora sono tutti dismessi e nella Riserva fa tutto il vento che soffia costantemente e prosciuga l’acqua del mare nelle vasche. In estate, in uno di questi antichi mulini – il Mulino Maria Stella, in frazione Nubia, lungo la strada provinciale Trapani-Marsala – è aperto un centro di accoglienza per i visitatori.

Meritano un viaggio questi luoghi speciali, composti da elementi primordiali e preziosi come mare, cielo e distese di sale. Qui lavoro e turismo si sposano con la tutela di ambienti naturali di rara bellezza.

Maria D’Asaro

 

Già docente e psicopedagogista, dal 2020 giornalista pubblicista. Cura il blog: Mari da solcare
https://maridasolcare.blogspot.com. Ha scritto il libro ‘Una sedia nell’aldilà’ (Diogene Multimedia, Bologna, 2023)

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