Le piante sono più intelligenti dell’Uomo, sicuramente più strategiche. Pur contendendosi il territorio, e i nutrienti che questo contiene, non arrivano mai al punto “in cui le decisioni del singolo vanno a danneggiare le piante vicine e quindi fanno perdere tutti”. Questo emerge da una ricerca condotta dalla Princeton University, negli Stati Uniti, che ha analizzato gli eventi che accadono nella parte non visibile della pianta, sottoterra insomma. Questi studi hanno accertato in particolare che “quanto più le piante sono vicine fra loro tanto più investono nelle loro radici, a differenza di quando sono coltivate singolarmente”. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Science, possono aiutare a fare luce su come e quanto carbonio le piante accumulano e quanto ossigeno rilasciano nell’aria e quindi per individuare e sviluppare strategie volte a ridurre o comunque mitigare l’aumento della CO2 e di conseguenza il riscaldamento globale.
Scienziati e ricercatori fino a pochi anni fa hanno incentrato i loro studi sullo sviluppo esterno di piante e alberi, cioè di quanto accadeva nel cosiddetto fuoriterra, trascurando il sottosuolo nonostante un terzo delle biomasse – vari organismi e composti di origine biologica e il carbonio – si concentri e venga accumulato nella parte sotterranea.
I ricercatori, mediante modelli teorici e vari esperimenti, adesso avanzano la teoria che l’estensione delle radici dipende anche da quanto le piante sono vicine fra loro. Più sono distanti e meno investono nella crescita sotterranea a differenza di quanto facciano quando vivono in prossimità. Questo perché la pianta, non preoccupandosi troppo delle sue radici, perde terreno a vantaggio di quelle più vicine. Ma non basta. Allo stesso tempo la stessa ricerca ha dimostrato che le carenze di risorse non ne penalizza alcuna in quanto le piante si adattano a questa situazione e cercano di ridurre l’estensione delle loro radici in orizzontale, che impedirebbe lo sviluppo delle vicine, e puntano ad una crescita il più possibile in profondità. Non si tratta quindi di una lotta per la sopravvivenza bensì di un adattamento finalizzato alla cooperazione.
Questo studio, secondo i ricercatori della Princeton University, è importante non solo per comprenderne il comportamento ma anche per capire meglio le conoscenze sull’anidride carbonica catturata durante la fotosintesi e che viene immagazzinata nel corpo della pianta e nelle sue radici. In genere un terzo viene depositato proprio qui e quanto più le radici sono sviluppate tanto più la CO2 verrà accumulata.
Queste e altre informazioni possono tornare utili in ambito agricolo quando si decide un tipo di coltivazione e scegliere la distanza ottimale fra le piante. Sistema importante per la loro crescita ma anche per ridurre l’impatto sull’ambiente dell’anidride carbonica che è alla base del riscaldamento del pianeta e dei cambiamenti climatici.
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