MILANO – La ricorrenza della Commemorazione dei defunti si avvicina e con essa si rispolverano usanze che addolciscono una festa velata di tristezza. Un’antica usanza diffusa in Italia e in tutta Europa, infatti, vuole che nei giorni tra il 1° e il 2 novembre si preparino e si consumino in onore dei defunti i così detti “dolci dei morti”. In tutta Italia per quei giorni si preparano leccornie che hanno in comune origini, per lo più propiziatorie, per placare le anime e ricevere da loro prosperità e protezione.
In genere si tratta di biscotti che si preparano in casa o si acquistano in pasticceria con lo scopo di celebrare i defunti. Ogni regione d’Italia ha la sua tradizione. Alcune si somigliano, altre sono del tutto originali ed hanno radici molto lontane. Alcuni dolci hanno la forma e la consistenza di un osso, ma ne esistono anche di diverse varietà sia per la foggia che per gli ingredienti di cui sono fatti. Alcuni sembrano le dita della mano, altri ricordano piuttosto vagamente forme umane; altri ancora, hanno la forma di un ferro di cavallo.
Nell’impasto di tali dolci, le mandorle sono quasi sempre presenti, da aggiungere agli elementi base come farina, uova, zucchero e aromatizzanti. Per le ricette più elaborate sono previsti ingredienti come il cioccolato, la marmellata e la frutta candita. Le “Fave da morto”, “fave dei morti” o “fave dolci” sono tipici di Lazio, Marche, Umbria, Emilia-Romagna e Lombardia. Si chiamano così perché. nell’antichità, nell’area del Mediterraneo, le fave erano il legume collegato all’aldilà e a coloro che lo abitavano. Infatti nell’antica Roma le fave rappresentavano il simbolo legato alle anime dei morti e così questo legume era donato agli dei dell’Ade. Sembra addirittura che esistessero dei rituali scaramantici come la masticazione di fave secche, la loro cottura oppure l’offerta di fave al defunto da deporre sulla tomba.
Ma qual è il legame tra le fave e i morti? Il nesso sembra risiedere nel fatto che questa pianta ha radici molto lunghe e per questo si credeva potessero fare da tramite tra il mondo terreno e quello sotterraneo. Gli antichi Egizi non mangiavano fave, non le seminavano e neppure le toccavano con le mani. I sacerdoti non osavano neppure alzare lo sguardo sopra questo legume ritenendolo immondo. Si credeva, a quei tempi, che le fave, in particolare quelle nere, contenessero al loro interno le anime dei morti. Nel tempo la tradizione contadina e il cristianesimo sono riusciti a mantenere vivo questo legame tra le fave e i morti. Addirittura in tempi più vicini a quelli attuali, nei giorni che precedono il 2 novembre, c’era ancora chi lasciava ciotole di fave agli angoli delle strade oppure sui davanzali delle case.
Adesso invece i legumi sono stati sostituiti da dolci prelibati. Sono pasticcini alla mandorla, di forma ovoidale, schiacciata, simile alle fave. Il gusto assomiglia a quello degli amaretti, ma la pasta risulta più consistente. In Veneto, a Trieste e in Friuli si trovano Ie “Favette dei Morti”. Sono tricolori: panna, marrone e rosa, contengono mandorle e la loro consistenza va dal croccante al morbido. Spostandosi a sud, nella bella Sicilia, il dolce dei morti è quello che il catanese definisce “Uossa de Motti”, perché sono dedicati ai defunti e perché ricordano le loro ossa rimaste nel tempo. La tradizione vuole che durante la notte tra l’1 e il 2 novembre i cari estinti vengano tra i vivi per portare ai bambini doni detti “morticini”. Tra i giocattoli e gli altri regali, i defunti portano anche i biscotti e dolcetti e naturalmente tra essi non possono mancare quelli che in italiano sono detti le Ossa di Morto.
Ma le “Ossa di morto” o “ossa da mordere” si trovano anche nelle Marche, in Piemonte e in Lombardia. Sono ovviamente biscotti dall’impasto duro, come le ossa, fatti con mandorle e albume d’uovo. A Parma invece sono fatti di pastafrolla e ricoperti da una golosa glassa di zucchero o cioccolato.
Le “Ossa di morto”, in Veneto, hanno forma oblunga, mentre quelli siciliani sono di colore bianco e marrone chiaro e hanno una consistenza molto secca; nell’impasto, contengono zucchero, albume e farina, con l’aggiunta di acqua di chiodi di garofano, ricoperti poi di cioccolato. Nel senese invece le “Ossa di morto” sono biscotti friabili, di forma rotonda, che nell’impasto contengono mandorle tritate.
Ma non solo dolci vengono dedicati ai defunti, anche pani speciali. In Trentino-Alto Adige si possono trovare i così detti “cavalli”, di grandi dimensioni, in Sicilia “le mani” dalla forma circolare tanto da sembrare due mani che si uniscono. Il “Pan dei morti”, di origine lombarda, invece è costituito da piccoli panini dolci, fatti di biscotti sbriciolati e contenenti frutta secca. A Napoli è possibile assaggiare il “Torrone dei morti”: morbido, di vari gusti e a base di cacao che generalmente viene venduto a pezzi.
A Lecce si preparano le Fanfullicchie, riccioli di zucchero caramellato, aromatizzati alla menta, che addirittura una volta venivano venduti al cimitero, per la festa di Ognissanti e dei defunti. E poi ci sono le “Dita di apostolo” che hanno la forma di una mano. Sono fatti di pasta all’uovo e contengono una farcitura di crema di ricotta e panna. In Puglia si prepara anche “La colva”, un dolce fatto con grano cotto, uva sultanina, noci e mandorle tritate, fichi secchi a pezzetti, scaglie di cioccolato fondente, chicchi di melagrana, zucchero e vincotto. Si dice che la presenza dei semi come ingredienti sia simbolo di rinascita, legato al ciclo continuo di vita e morte.
Insomma ce n’è per tutti i gusti e per tutti i palati, anche quelli più esigenti. Un modo per ricordare il forte legame con l’aldilà e l’importanza della vita di cui la morte è essa stessa una parte.
Margherita Bonfilio
Interessanti storie di tradizioni italiane che stanno cedendo il passo ad Halloween.