ROMA – L’ amore per la creazione artistica, l’eclettismo, lo spirito di trasgressione, spinsero Sylvano Bussotti – compositore, scenografo, costumista, critico, romanziere, pittore espressionistico e quant’altro, spentosi in settembre quasi novantenne – ad entrare nella celeberrima partitura “Pierrot lunaire op.21” (1912) di Arnold Schönberg (1874-1951). Se ne è occupata il 1° febbraio scorso, la IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti, alla Sapienza), che ha riservato nella sua Aula Magna la gradita sorpresa della riedizione del “Pierrot lunaire”, in occasione del 70° della morte del compositore austriaco.
L’opera è tra i primi capolavori della modernità musicale europèa, rompendo con la tradizione tonale ed instaurando un linguaggio del tutto nuovo, in cui nella composizione sonora vengono usati tutti i 12 semitoni della scala temperata, senza che nell’opera prenda corpo un centro tonale. Nasceva così la musica dodecafonica, che proprio nel “Pierrot lunaire” si manifestava apertamente, specie nel cantato-parlato schönberghiano, nello Sprechgesang, che innalzandosi o discendendo oscillando, evidenzia le ansie e le angosce di Pierrot. Questi, maschera triste e dolente, in cerca del suo io in un universo estraneo, parla alla luna ora col sorriso, ora immaginando anche atti brutali, senza mai poter uscire dai suoi incubi. La sua voce è stata oggi impersonata dal soprano jazzista Cristina Zavalloni, specialista nella musica contemporanea di Berio e di Schönberg, oltre che del jazz.
Il testo del Pierrot poggia su 21 affascinanti poesie del simbolista Albert Giraud, che – recitate e cantate (nel modo predetto) dalla Zavalloni – assumono caratteri onirici ed inquietanti: spesso anche espressionistici, incrociandosi con la contemporanea agra e violenta pittura tedesca del gruppo “Die Brücke”, di Kirchner, di Nolde, di Otto Dix. Alla forza espressiva dell’opera di Schönberg, si aggiunge nel concerto la novità degli inserti musicali di Bussotti, data la sua concezione estetica affine a quella di Schönberg, puntando anch’egli su una costruzione artistica trasversale della composizione, connessa alle altre arti, pittura, danza, poesia, che Bussotti immette nella partitura del compositore austriaco all’inizio, alla fine e alla sutura dei vari brani raggruppati per sette. Inoltre Bussotti ha voluto disegnare il sontuoso costume scenico della Zavalloni, ed anche le scene (non utilizzate nel concerto della IUC).
Questa riscrittura – che può parere un arbitrio da parte di Bussotti – fu presentata nel Teatro dal Verme di Milano nel 2010, col MDI Ensemble diretto nelle sue bellissime sonorità da Marco Angius, che li ha guidati anche nel concerto della IUC. La partitura dell’austriaco prevede sei strumentisti, che solo in sei dei 21 brani suonano insieme, unendosi altrimenti in quattro, in tre, in due, e soltanto nell’ultima sequenza- quando Pierrot, dopo il suo viaggio virtuale torna nella natìa Bergamo, al timone di un raggio di luna – la cantante si rivolgerà da sola al freddo astro. Prima del concerto, alle 18,45 è stato presentato il libro di Bussotti “Ther Theatres of Sylvano Bussotti” (ed. by Daniela Tortora, Turnhout, Brepols, 2020): hanno presenziato Franco Piperno, Guido Salvetti, Patrizia Veroli, Daniela Tortora.
Paola Pariset
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