FIRENZE – Tra il 2004 e il 2018 il 7% i laureati italiani ha contribuito a creare lavoro con le loro imprese. Le aziende nate risultano più forti da un punto di vista giuridico e si spingono anche nelle zone più in difficoltà, portando una vera forma di innovazione. Un dato in crescita, nonostante il numero ancora piccolo dei laureati che si “buttano” a fare impresa, quello presentato da Marina Timoteo, direttrice del consorzio AlmaLaurea che ha presentato un rapporto che evidenzia il legame che può crearsi tra laurea ed imprenditorialità.
Si tratta di uno studio sul nesso tra imprenditorialità e laureati italiani, condotto insieme al dipartimento di Scienze aziendali dell’università di Bologna e Unioncamere. Sono solo 205137 i laureati che si sono messi in gioco fondando un impresa, per un totale di 236362 aziende fondate, che rappresentano il 3,9% delle imprese presenti in Italia fino a settembre 2019. Secondo Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, si tratta di un dato notevole tanto più che “il dato cresce man mano che passa il tempo dalla laurea, ma – aggiunge – fermarsi alla percentuale non è sufficiente, per comprendere i dati in nostro possesso è necessario leggere l’indagine nella sua interezza”. Poiché è fondamentale sostenere una cultura imprenditoriale nella formazione universitaria.
Secondo Maurizio Sobrero, direttore di Scienze aziendali di Alma Mater, confrontando il 7% dei laureati che hanno fondato un’impresa ai datori di lavoro slu territorio italiano (1,4 milioni) il risultato è più che soddisfacente, ricordando che quel 7% è corrispondente a più di 205 mila fondatori di aziende.
Andando più nel dettaglio si osserva che il 61,3% dei laureati fondatori ricopre la carica di titolare, il 22,1% di amministratore e il 16,6% è un socio. Poco più del 37% dei laureati ha costituito la sua impresa prima del conseguimento della laurea, in particolare il 13,4% prima dell’iscrizione all’università, mentre il 23,7% durante gli studi universitari, il 27% entro il terzo anno dal conseguimento della laurea. Il 35,9% ha costituito la propria azienda dopo tre anni dalla fine del percorso universitario. I fondatori sono rispettivamente il 53,9% uomini e il 46,1% donne.
Tra i fondatori risulta un alto numero di laureati con genitori che svolgono professioni rilevanti, si può constatare che l’11,5% ha un padre imprenditore, il 39% ha un padre libero professionista, il 7,4% un padre dirigente, il 7,2% un padre direttivo, un padre impiegato si trova nel 21,2% dei laureati avviatori di impresa, mentre il 13,2% possiede un padre operaio, anche considerando le professioni delle madri dei fondatori si confermano tali dati.
Le imprese individuali fondate risultano il 60,2% mentre il 24,8% sono società di capitale, il 15% società di persone. Una ripartizione coerente con i dati nazionali, nel corso degli ultimi 10 anni il dato relativo alle società di capitale è cresciuto del 65,2%, ben due volte il tasso di crescita delle società capitale sul fronte nazionale.
I settori in cui operano le imprese dei laureati sono l’11,6% in agricoltura, il 9,4% nell’industria e il 79% nei servizi. Nello specifico in quel 79% sono inclusi i settori del commercio, le attività professionali, scientifiche e tecniche, seguite dalle finanziarie e assicurative, infine servizi di alloggio, ristorazione ed informazione.
Le aziende sono in gran parte micro imprese, con un fatturato inferiore a 2 milioni di euro, principalmente fondate nel Nord Italia. Nel 2009 sono state fondate 9821 imprese, e nel 2019 il 54,8% era ancora attivo, il tasso di crescita è in aumento, passa dal 2,2% del 2009 al 3,7% del 2018. Il 20,2% delle imprese fondate dai laureati sono start-up innovative, ed operano nel settore professionale, scientifico ed attività tecniche.
In estrema sintesi, laurearsi conviene se si vuole costituire un’azienda e inoltre si hanno più possibilità di far “durare” la propria impresa.
Boris Zarcone
Nell’immagine di copertina, il manifesto di Unioncamere
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