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Il mistero dell’autore dell’affresco perduto

di | 2018-09-28T22:49:38+02:00 30-9-2018 6:15|Arte, Cultura, Sezione 3|0 Commenti
NORCIA (Perugia) – “Dovrebbe trattarsi di un artista di rilievo, sebbene ancora non identificato”. Così si esprime Marica Mercalli, dirigente della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggi dell’Umbria, di fronte all’affresco (nella foto a sinistra) venuto alla luce nel corso dello smassamento dei detriti, causati del sisma del 30 ottobre del 2016, in corso di effettuazione nella basilica di San Benedetto a Norcia e di cui non c’erano notizie né tracce documentali. Insomma un dipinto che, fino ad ora, non esisteva, perché era stato coperto, alcuni secoli fa, dietro un muro.
Dalle macerie, dalla polvere, ecco un altro tesoro. Come l’affresco di San Benedetto, scoperto dai vigili del fuoco già nel novembre successivo al terribile terremoto.
L’affresco – che verrà difeso dalle intemperie con una pellicola protettiva – si trovava sulla parete di sinistra della basilica ed è stato trovato “in buone condizioni di conservazione” (parole della Mercalli) e presenta colori ancora brillanti. Si tratta di una “Madonna in trono con Bambino ed angeli“ di splendida fattura e di elevata qualità.
L’epoca indicata dalla studiosa sarebbe il Quattrocento.
Molto bella e ricca di particolari la figura del Gesù Bambino, che stringe nella manina un cardellino. Una iconografia che si riscontra a partire dal Duecento e Trecento. Anche Ambrogio Lorenzetti nella Madonna di Rapolano (1340) dipinge un cardellino (altri artisti propongono un pettirosso) che il bambino stringe nella mano. L’uccellino allude alla Passione. Isidoro di Siviglia ricordava che il cardellino si nutre di spine e di cardi, utilizzati dai soldatacci romani per la corona imposta al Cristo prima della condanna alla crocifissione. Questa simbologia, utilizzata a partire dalla seconda metà del Duecento, arriverà sino a Raffaello (Madonna del Cardellino, 1506) e a Giovan Battista Tiepolo (Madonna del Cardellino, 1760).
Tuttavia la pittura presenta un altro interessante particolare: la collana di corallo. Nel Medioevo il corallo rivestiva, nella credenza popolare, una funzione apotropaica, cioè una azione contro i flussi maligni, ma anche una protezione dai temporali, dai fulmini e dalle malattie infantili. Il colore rosso, poi, simboleggia la vita e la morte e la funzione salvifica stessa, con la resurrezione, del Redentore. La collana ed il pendaglio di corallo sono presenti anche sia ancora in Lorenzetti (Polittico di San Procolo), sia cento anni ed oltre più tardi in Piero della Francesca (nella Sacra conversazione e nella Pala di Brera, quest’ultima commissionatagli da Federico da Montefeltro).
Al collo il Bambino porta pure quella che sembra una “bulla”, amuleto che in epoca romana veniva fatto indossare, ai figli maschi nove giorni dopo la nascita e che restava indosso al piccino per tutta l’adolescenza. Sempre con funzione protettiva contro i mali.
Ora gli esperti cercheranno di dare una paternità all’opera. In zona hanno lavorato gli Sparapane, che erano di Norcia, Giovanni e il figlio Antonio, in primis (cui succedettero, in epoche successive, altri quattro pittori dello stesso ramo familiare e dunque con lo stesso cognome). La ricerca si dovrà orientare, soprattutto, verso gli artisti della scuola umbro-marchigiana. A pochi chilometri di distanza operava Cola di Amatrice (chiamato anche a Norcia, dai Gabellini, per dipingere un quadro) 30e, poco più lontano, verso L’Aquila teneva banco Andrea Delitio.
Elio Clero Bertoldi
Nella foto di copertina, la basilica di San Benedetto a Norcia distrutta dal terremoto del 2016

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