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La vera storia del babà, il re dei dolci italiani

di | 2022-02-17T18:36:56+01:00 20-2-2022 6:40|Enogastronomia, Sezione9|0 Commenti

MILANO – Affondare nella mordidezza, nel gusto deciso e al contempo dolce del babà. Chiunque di noi immaginerebbe di essere semplicemente nella bella Napoli e che uno chef, magari stellato, abbia inventato una simile bontà. Invece Napoli ha brillantemente ereditato dalla Francia questa soffice prelibatezza, imbevuta di rum, realizzabile sia nella versione classica che con aggiunta di crema pasticciera. Nel libro di Flavia Amabile “Si nu’ babbà”, è descritto il lungo viaggio del dolcetto che ha inizio a Luneville, in Lorena (Francia, appunto).

Questa originale ricetta lega Napoli, Francia e anche Polonia, perché a inventarla fu proprio il re polacco Stanislao Leszczyński. Essendo in esilio nella regione francese, egli decise di aggiungere uno sciroppo al rum al kugelhopf, dolce tipico da lui considerato troppo asciutto. Il kugelhopf è una torta di tradizione alsaziana piuttosto scenografica, di grandi dimensioni e slanciata, oggi preparata con lunghi tempi di lievitazione così da risultare soffice e ariosa. Il sovrano, in esilio in Lorena dopo essere stato due volte detronizzato durante le guerre tra le potenze europee, decise di bagnarla per prolungarne la morbidezza e conservarla più a lungo. Mentre si trovava seduto a consumare la sua porzione di kugelhopf, la allontanò da sé con un gesto repentino, perché troppo secca. Il piatto urtó una bottiglia di liquore sul tavolo, che inzuppò il suo dolce e da questo gesto casuale, il re percepí un profumo eccezionale e gradevole che esaltó la pietanza e delizió anche al palato.

La sua passione per la cucina lo portò a migliorare la ricetta, aggiungendo ben tre fasi di lievitazione, oltre ad altri ingredienti golosi come uva passa, canditi e zafferano, spezia pregiata che Leszczyński aveva scoperto durante la sua prigionia a Istanbul. L’antenato del babà, da lui chiamato Ali Babà in onore del protagonista de “Le Mille e Una Notte” (libro che amava leggere), è sbarcato poi a Versailles, dove sua figlia Maria, moglie del re di Francia Luigi XV, aveva deciso di trasferirsi insieme al pasticciere del padre, Nicolas Stohrer. È l’inizio del Settecento e a corte va di gran moda il rum giamaicano, considerato migliore rispetto al madeira utilizzato da Stanislao, che però non apprezzò molto la modifica fatta dalla figlia, come si legge in una conversazione con Voltaire: “Ho diviso i giorni in ore e le ho riempite di emozioni, di cose degne di memoria, di cose fatte, ma anche di cose solo immaginate. Questo lasciamo di noi, anche l’Alì Babà. Non è cosa degna di un Re? Lasciamo questi pensieri ai cortigiani e agli intolleranti; a chi pensa di dedicare la vita alla carriera, a chi se l’accorcia al servizio di cose che credono di dominare e di cui sono solo le dileggiate e luccicanti vittime. A me invece ricorderà la luna turca della notte di Costantinopoli, mi porterà il sapore dell’amicizia con il Re di Svezia, e i canditi riproporranno l’eleganza e la preziosità dei vostri ragionamenti […] Lo scorso mese mi hanno presentato un Babà, così lo chiamano ora, talmente inzuppato di liquore che gli ho dato fuoco. Perde di leggerezza e di memoria”.

Intanto nelle cucine del re, fu lo stesso pasticciere Sthorer a dare l’odierna forma a fungo che conosciamo; e lo stesso pasticciere aveva aperto una pasticceria al numero 52 di rue Montorgueil, ancora oggi allo stesso indirizzo. I nobili del tempo portarono la deliziosa novità, dalla Francia a Napoli. Proprio Maria Antonietta (moglie di Luigi XVI e sorella di Maria Carolina d’Austria, sposata con il re di Napoli Ferdinando IV di Borbone) portò a Napoli, alla fine del Settecento, varie specialità come la besciamella, il gratin e anche il babà. Nel 1863, nel manuale di cucina italiana di Vincenzo Agnoletti, compare la prima ricetta di questo dolce esportato. A fine ‘800, il babà diventerà il borghese dolce apprezzato dai nobili e che arriverà ad invadere le pasticcerie e le cucine più raffinate d’Italia, conquistando col suo gusto deciso anche i palati più fini, nonostante le proteste del Re.

Claudia Gaetani

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