Esce dopo tre anni di fermo la nuova edizione della guida La Tuscia del Vino, curata da Carlo Zucchetti e Francesca Mordacchini Alfani. In questo lasso di tempo sono sorte nuove aziende, c’è stato qualche abbandono, cambi di gestione: movimenti che hanno evidenziato il dinamismo del territorio e la sua forza attrattiva. Sono molte le nuove realtà frutto di una scelta radicale, persone che hanno deciso di lasciare grandi città o addirittura di cambiare continente, lavoro, stile di vita, alla ricerca di legami autentici, ritmi più lenti e di un contatto con la natura e con le cose più concreto.
Una guida al vino che si pone nell’intersezione tra l’assaggio e il paesaggio, in quello spazio in cui l’esperienza sensoriale si moltiplica e si rifrange in un gioco di rimandi tra palato, percezione e cultura dei luoghi. Percorsi che si snodano tra suggestioni geologiche, segni ancora tangibili di epoche passate e memorie storiche e delineano una regione nuova che è anche antica. Territori che seguono i confini della Tuscia Viterbese e delle sue D.O.C., Est!Est!!Est!!! di Montefiascone, Aleatico di Gradoli, Vignanello, Tarquinia e Tuscia, dell’I.G.T. Civitella d’Agliano e Colli Cimini, comprende i territori delle D.O.C. Orvieto, Lago di Corbara e Amelia, dell’I.G.T. Cilegiolo di Narni e Allerona, della D.O.C. Cerveteri e dell’ I.G.T. Costa Etrusco Romana fino a Veio per arrivare a nord alle terre delle D.O.C. Bianco di Pitigliano, Sovana e Maremma Toscana e dell’ I.G.T. Costa Toscana.
La particolarità di questa guida è che non vuole essere una selezione dei migliori, ma una fotografia d’insieme del territorio che sappia restituire la prospettiva di chi lavora, agisce e vive su queste terre. Senza eccezioni, senza selezioni, in maniera inclusiva. I numeri parlano chiaro, la scelta del biologico riguarda più del 50% delle aziende in guida. Ma anche chi non ha optato per un abbandono totale della chimica di sintesi ha comunque adottato un approccio più responsabile rivolgendosi all’agricoltura integrata. Si diffondono nuovi metodi come l’agricoltura generativa che mira soprattutto alla rivitalizzazione dei suoli e si conferma la biodinamica intesa sia nel suo portato filosofico che come impostazione di allevamento.
In questa edizione esordisce il simbolo della Nouvelle Vague enologica. Un’espressione usata già da qualche anno, prendendola in prestito al grande cinema francese, per raccogliere tutte quelle istanze innovative che in vario modo si pongono di fronte al vino e alla viticoltura in maniera differente rispetto alla convenzione. Più specificamente il simbolo nella sua valenza comunicativa immediata si rivolge al lettore per evidenziare una serie di scelte del vignaiolo. Non è un modo univoco di intendere il vino se non in una presa di distanza dalla norma, il convenzionale e ancor più l’industriale, in un’attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale, alla fertilità del suolo, alla pianta e al mantenimento dell’espressione territoriale. Un modo che non teme le variabili, ma riesce a comprenderle e a inserirle nella relazione uomo, natura, vino.
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