“Ustica, quarant’anni di bugie e depistaggi”. Correva il 2020 e Il Punto Quotidiano titolava così un articolo dedicato ad una vicenda sulla quale, ancora adesso, non è possibile trovare una verità univoca. Oggi, di anni ne sono passati 44 e la situazione non è molto cambiata da quel terribile 27 giugno 1980 quando il Dc9 Itavia in volo da Bologna a Palermo si inabissò nel mar Tirreno nella zona compresa tra le isole di Ponza e Ustica. Alle 20,59 il controllo aereo di Roma Ciampino perse il contatto radar con il velivolo. A bordo 81 persone, tra passeggeri ed equipaggio: 69 adulti e 12 bambini. Tutti morti.
E’ incredibile che un arco di tempo così ampio non sia bastato per giungere ad una conclusione che renda giustizia alle vittime e doni un po’ di serenità ai parenti che mai si sono arresi alle versioni di comodo, alle ricostruzioni parziali e costruite a tavolino per proteggere e salvare qualcuno. Alle bugie e ai depistaggi, appunto. Un castello di menzogne messo in piedi soprattutto da apparati dello Stato, ai più alti livelli istituzionali. Che cosa accade quella terribile notte oggi in gran parte è noto: quell’aereo non collassò improvvisamente per un qualche cedimento strutturale o per una qualche avaria o per lo scoppio di una bomba a bordo. Basti ricordare, una famosa intervista del 2008 di Francesco Cossiga (ex presidente della Repubblica e presidente del Consiglio in quel giugno 1980), che accusò senza mezzi termini un paese della Nato, la Francia, di aver fatto alzare in volo un caccia dalla portaerei Clemenceau, alla rada nel golfo di Napoli, per inseguire e colpire un Mig libico nel quale si riteneva fosse a bordo il colonnello Gheddafi, allora rais indiscusso della Libia e nemico dichiarato dell’Occidente. Quel Mig libico era effettivamente in volo quella notte e si “nascose” ai radar italiani proprio ponendosi nella scia del Dc9 Itavia. La ricostruzione più probabile è che il pilota francese lanciò il missile per abbattere l’aereo libico e colpì per sbaglio il velivolo civile che lo precedeva in cielo di qualche miglio.
Un terribile errore, insomma. Avvalorato anche dal fatto che sulla Clemenceau la notte del 27 giugno ci fu un suicidio sospetto: si pensa al pilota del caccia, sconvolto dal rimorso quando si rese conto di aver provocato la morte di decine di civili innocenti. E poi c’è il mistero del Mig libico schiantatosi sulle montagne della Sila in Calabria. I resti furono ritrovati a metà luglio, ma ai medici bastò costatare l’avanzato stato di decomposizione del corpo del pilota per stabilire che la morte era avvenuta una ventina di giorni prima, esattamente in coincidenza con la battaglia aerea della sera del 27 giugno 1980.
Alla tragedia di Ustica, la Rai ha dedicato uno speciale condotto da Massimo Giletti dove si è cercato di fare chiarezza, riuscendoci poco in verità, su quanto accadde quella notte. Un’occasione persa perché c’erano diversi elementi di novità che non sono stati sufficientementi valorizzati, dando spazio invece a ripetuti battibecchi tra gli ospiti che si sovrapponevano con le loro voci così da rendere spesso incomprensibili le parole. Decisamente inutile e controproducente la presenza del generale Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, che ha ribadito la posizione mantenuta inalterata nei decenni dell’Arma azzurra: l’aereo esplose in volo per la presenza a bordo di un ordigno posizionato nella toilette. L’alto ufficiale è stato ripetutamente accusato dall’Associazione dei parenti delle vittime di dire bugie, lui ha risposto promettendo querele, ma di fatto tutto questo dibattito non conteneva elementi nuovi rispetto al passato. Ciò che ha dato più fastidio è stato una specie di ghigno dipinto sul volto di Tricarico mentre ascoltava le accorate argomentazioni dei parenti delle vittime.
E invece di importante e diverso c’era parecchio. Per esempio, la testimonianza del maresciallo Giuseppe Dioguardi, ora in pensione, che ha parlato di un incontro nel 1986 con l’allora ministro della Difesa Spadolini durante il quale si parlò in maniera chiara di una battaglia nei cieli di Ustica. Ancor più eloquente l’intervista rilasciata a Sky TG24 dallo stesso sottufficiale: “Sotto al Dc9 c’erano due Mig libici, che provenivano dalla ex Jugoslavia. I due caccia di Gheddafi erano disarmati e cercavano di sfruttare l’ombra radar dell’aereo civile per fare ritorno a Tripoli. Ad intercettarli invece erano arrivati un aereo americano decollato da Capodichino e due Mirage francesi partiti dalle piste di Solenzara, in Corsica. I Mig si separarono in volo. Il primo si diresse verso Pantelleria inseguito dai due Mirage e riuscì a farla franca. Il secondo invece passò sotto la fusoliera del DC9 e fuggì verso la Calabria tallonato dal jet statunitense. L’aereo libico, dopo essere stato colpito, si schiantò sulla Sila”.
Va riportato per completezza che approfondite indagini, effettuate dal professor Firrao, docente di Tecnologia dei materiali metallici e frattografia del Politecnico di Torino, e dall’esperto esplosivista Giovanni Brandimarte, escludono categoricamente sia la bomba a bordo che il missile. Secondo i due studiosi le cause della tragedia possono essere invece spiegate con l’interferenza di un jet militare o nella collisione dello stesso con l’aereo civile. Secondo gli inquirenti infatti non è un caso che insieme ai pezzi del relitto dell’aereo civile sia stato ritrovato in mare un serbatoio alare, un battellino di salvataggio di colore giallo e un casco di un pilota con su scritto John Drake, tutti appartenenti alla US Air Force.
Sul fatto che quella notte ci fu guerra in cielo, ormai non ci sono più dubbi. Ma qui comincia il più grande depistaggio della storia italiana. In quello stesso istante in cui avvengono questi fatti, tutti i radar che potevano vedere furono spenti. I tracciati e i documenti distrutti. Persino la presenza del personale nelle strutture fu nascosto o addirittura negato. Insomma, quello che accadde nei cieli italiani non doveva essere rivelato. “Scopri il mistero del Mig e capirai cosa è successo a Ustica”, diceva Giovanni Spadolini. Una posizione ripresa pochi mesi fa da Giuliano Amato che ha accusato apertamente la Francia, chiedendo al presidente Macron di fare definitivamente chiarezza: se la Francia non c’entra, lo dica chiaramente, altrimenti chieda scusa alle vittime e ai parenti. E il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha chiesto ai “Paesi amici” di contribuire finalmente alla verità.
A proposito, alla tragedia di Ustica ha dedicato un articolato reportage anche Sky Tg24: lo ha ideato e narrato Max Giannantoni. Un lavoro ben riuscito, decisamente migliore rispetto al caos gilettiano. Ciò che si evince da ricostruzioni e testimonianze è che nei cieli italiani quella notte ci fu battaglia e il volo Itavia si trovò nel momento e nel posto sbagliati. Ma quel che più conta è che per decenni si fece di tutto per nascondere la verità attraverso la complicità di consistenti apparati dello Stato, anche se va aggiunto che i vari processo a carico dei più alti esponenti delle Forze Armate si sono conclusi con assoluzioni. Ancora oggi, a distanza di 44 anni, non c’è ancora una verità certa su quello che accadde davero. Ancora oggi i parenti di quelle 81 vittime chiedono di sapere e non vogliono arrendersi. E questo non è accettabile e non può essere consentito in uno Stato davvero civile.
Buona domenica.
Lascia un commento