PALERMO – La Strada Statale 640, che collega Porto Empedocle allo svincolo di Caltanissetta sull’autostrada A19, nota anche come scorrimento veloce Agrigento-Caltanissetta, da qualche anno è stata ribattezzata ‘La Strada degli scrittori’, su proposta del giornalista Felice Cavallaro, e con l’approvazione delle Istituzioni nazionali e locali.
Ecco quanto ha dichiarato qualche settimana fa ai microfoni del TG regionale siciliano il giornalista ideatore dell’iniziativa: “Il progetto nasce dieci anni fa e nasce dalla disperazione che porta i giovani a fuggire da questi luoghi meravigliosi, i luoghi dove sono nati e hanno operato Sciascia, Pirandello, Rosso di San Secondo, Russello, ma anche Tomasi di Lampedusa, con le pagine de Il Gattopardo centrate su Palma di Montechiaro… C’è un mondo da scoprire: a chi lo offriamo? Certo, ai viaggiatori che andranno a visitare la Valle dei Templi e la Scala dei Turchi, che possono fermarsi uno, due, tre giorni in più per essere portati per mano in questi luoghi dove possono essere rilette pagine straordinarie…”.
Di quali luoghi e di quali pagine letterarie si tratta? La ‘Strada degli Scrittori’ parte da Caltanissetta, dove nel 1887 nacque lo scrittore Pier Luigi Maria Rosso di San Secondo, che si trasferì a Roma per iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza. Visse poi per molto tempo in Germania, dove riscosse particolare successo. Tra i suoi scritti si ricordano La sirena ricanta, il lavoro d’esordio in teatro nel 1908, e del 1917, Marionette, che passione!, che catturò l’interesse di Luigi Pirandello; si tratta di un’opera teatrale drammatica e grottesca, affine a quelle scritte da Pirandello. Marionette, che passione! è incentrata sull’incontro casuale di tre personaggi, simili a marionette perché incapaci di dare un senso alla propria esistenza e di governare le proprie passioni.
La professoressa Maria Grazia Trobia sottolinea che “Rosso di San Secondo è uno dei tanti nisseni emigrati, che rimane però molto legato alla sua terra. Vive il dissidio di sentirsi interiormente parte di quella che Gesualdo Bufalino definisce l’isola plurale, ma, nello stesso tempo, di viverci male e non volere tornare. Vuole tornarci da morto”. Rosso di San Secondo, morto a Camaiore nel 1956, infatti è sepolto nel Cimitero monumentale degli Angeli, a Caltanissetta. Nel Parco letterario della città, intestato allo scrittore, possono essere visionate le sue opere in originale e le pubblicazioni che lo riguardano.
A soli trentasei chilometri da Caltanissetta c’è Racalmuto, il paese dove nel 1921 è nato Leonardo Sciascia, scrittore, giornalista, saggista, poeta, drammaturgo e politico. Lo spessore culturale di Sciascia, studioso dell’illuminismo, acuto indagatore del fenomeno mafioso e della cultura siciliana, osservatore attento dei fatti politici, è tale da non avere bisogno di tante presentazioni: gli è stato persino dedicato un asteroide, il 12380. Sciascia esordisce col romanzo Le parrocchie di Regalpetra, seguito da Il giorno della civetta (diventato anche un film con la regia di Damiano Damiani), Il Consiglio d’Egitto, A ciascuno il suo, Il contesto, Todo modo (poi film per la regia di Elio Petri), I pugnalatori, Porte aperte, Il cavaliere e la morte, Una storia semplice; i racconti Gli zii di Sicilia, Candido; i saggi Pirandello e il pirandellismo; Morte all’inquisitore; La corda pazza, L’affaire Moro, La Sicilia come metafora; i libri inchieste La scomparsa di Majorana, Dalle parti degli infedeli…
Molti angoli di Racalmuto sono ‘luoghi sciasciani’, hanno contribuito cioè a ispirare il grande scrittore: il Circolo Unione, alias Circolo della Concordia, descritto ne Le parrocchie di Regalpetra, di cui Sciascia fu socio, e dove è ancora intatta la sedia dove amava sedersi; la Casa Sciascia, dove lo scrittore ha vissuto fino al 1958, aperta al pubblico da Pippo Di Falco che l’ha acquistata per farne un museo e un centro studi sugli scrittori siciliani; l’aula scolastica dove Sciascia, maestro elementare, ha insegnato dal 1949 al 1957, ricostruita nel 2007 nella scuola elementare “Generale E. Macaluso” (i vecchi banchi scolastici furono ripristinati nel 1999 per le riprese del film-documentario “Ce ne ricorderemo, di questo pianeta” di Salvo Cuccia). Tra i ‘luoghi sciasciani’ anche la contrada Noce, la grotta di Fra Diego La Matina, il teatro Regina Margherita, la Chiesa della Madonna del Monte. Nel 2014, i luoghi di Sciascia sono stati inseriti nella Carta regionale dei luoghi dell’identità e della memoria.
“Chi ha letto Sciascia – afferma lo studioso Salvatore Picone – qui a Racalmuto ritrova i personaggi, ritrova quell’alchimia che gli ha permesso di diventare quel grande scrittore che conosciamo. Qui ci si rende conto che questo scrittore non solo ha raccontato la Sicilia, ma, partendo da questo paese, ha raccontato all’Italia e al mondo come siamo e dove vogliamo arrivare…
Terza – e per ora ultima – tappa lungo la Strada degli Scrittori è Favara, città natale di Antonio Russello, scrittore di romanzi e novelle, ma poco noto al grande pubblico. Russello, nato nel 1921 e quindi coevo di Sciascia, dopo avere svolto il servizio militare nell’Italia settentrionale, si sposò con una donna friulana e si stabilì a Castelfranco Veneto dove insegnò per molti anni Lettere negli istituti superiori e dove morì nel 1921.
Autore anche di numerose opere teatrali, Russello, insieme a Sciascia, è stato uno dei primi autori siciliani a trattare nei romanzi il tema della mafia. E Vittorini nel 1958, scartando addirittura Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, selezionò per Mondadori il suo romanzo La luna si mangia i morti, che ebbe allora molto successo; seguirono La grande sete, Siciliani prepotenti, L’isola innocente (con cui arrivò finalista al Premio Campiello), Lo sfascismo, Venezia Zero, I Rovesciano e La scure ai piedi dell’albero.
Infine, ecco cosa hanno detto ai microfoni del TG regionale della Sicilia rispettivamente Gaspare Agnello e Antonio Liotta, studiosi del Centro Studi “Antonio Russello” di Favara: “Russello era siciliano di nascita, ma divenne veneto nel cuore e scrisse due grandissimi libri su Venezia”. “Il fatto che lui scrivesse ogni opera ogni volta in maniera un po’ diversa non piaceva agli editori… In qualche modo, scriveva per sé stesso. Scrivendo a suo piacere, ha lasciato dei capolavori”.
Maria D’Asaro
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