ROMA – “Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti”. Se qualcuno non lo avesse riconosciuto, questo è il Primo emendamento sul quale si fonda la Costituzione statunitense. Un articolo rappresentativo per tutto il mondo libero e un sinonimo di civiltà indiscussa, che si sia supporter del popolo americano o meno. Un articolo atto a difendere la libertà di parola e la stampa, in quanto massime rappresentanti e difensori della democrazia di un Paese.
Il giorno 16 agosto 2018, più di 350 giornali statunitensi hanno scelto di pubblicare editoriali in difesa proprio di questo emendamento, ancora una volta attaccato dal presidente Donald Trump, che ha definito in maniera molto sommaria alcuni media “nemici del popolo americano” e “dispensatori di fake news”. L’iniziativa, nata dalla redazione del Boston Globe, ha visto l’immediata partecipazione del New York Times e di altre importanti testate (sia liberali che conservatrici), che hanno definito la retorica del presidente USA “un assalto prolungato alla stampa libera”.
In difesa della stampa libera, chi dirige il New York Times ha cercato di chiamare il popolo americano a responsabilizzarsi, spronandolo a tornare a credere nella stampa e chiedendogli di abbonarsi alle testate locali, da sempre promotrici della parola dei cittadini: “Se non l’avete ancora fatto, per favore abbonatevi al vostro giornale locale. Lodateli quando pensate che abbiano fatto un buon lavoro e criticateli quando pensate che possano fare meglio”.
La libertà di stampa, di espressione e di manifestazione del proprio pensiero (in Italia difesa dall’Art. 21 della Costituzione), non è mai stata così a repentaglio. Senza una stampa libera di criticare, e di essere criticata, l’eco della voce del popolo potrebbe essere destinata a svanire, soffocata dalle più invitanti grida di un pericoloso populismo, che solo apparentemente vuole difendere i cittadini.
“Dove la stampa è libera e tutti sanno leggere, non ci sono pericoli”, disse Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d’America e uno dei fondatori del partito Democratico-Repubblicano, in un tempo lontano, dove progressisti e conservatori potevano andare d’accordo per il bene del mondo libero. Viene da chiedersi che fine abbiano fatto quei tempi oggi, quando vi sono, nel 2018, Paesi che cercano di limitare il potere dei media, di sfruttare la post-verità per promuovere le proprie opinioni e di nascondere verità scomode premendo il tasto “cancella” sugli articoli del proprio blog.
Diego Galli
Nella foto di copertina, il presidente Usa Donald Trump
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