NAPOLI – Da molto tempo ormai sembra che quando si parla di scuola necessariamente si finisce per screditare, ingiuriare, infangare un luogo, un contesto che, seppur in crisi, resta un luogo privilegiato in cui il ragazzo (ma anche l’adulto insegnante) ha l’opportunità di crescere mettendosi in discussione. Di porre le basi per strutturare l’io, la coscienza, il pensiero, la persona. Evidentemente se la scuola è in crisi il problema non è suo ma di qualcosa che viene prima.
Nei giorni scorsi si è assistito a spot contro la scuola da parte di associazioni o anche da singoli studenti come quel ragazzo che nel giorno degli scritti dell’esame di maturità si è presentato con la maglia con su scritto “la scuola fa schifo”. Peccato per lui ma se la scuola fa schifo vuol dire che hanno fatto schifo gli insegnanti della scuola elementare, media e superiore che lo hanno istruito, formato e contribuito a farlo diventare quello che è. Ma avranno sbagliato realmente loro? Se la scuola fa schifo, vuol dire che tutto ciò che ha vissuto in questi anni, le emozioni, le paure, le soddisfazioni per gli obiettivi raggiunti e tutto il resto non hanno avuto alcun valore. Ma la scuola è di sicuro lo specchio dei tempi. Lì si concentrano le mancanze della società e della famiglia.
Anche la mancanza di un quadro di regole definito e chiaro influisce nella decadenza della scuola come istituzione di riferimento. Secondo una precedente revisione, regole scolastiche eque, chiare e coerenti sono molto importanti per generare sicurezza. E ancora, colpevole è l’incapacità dei ragazzi di promuovere interazioni positive tra coetanei. Di conseguenza, quando gli studenti subiscono vittimizzazione o promuovono il bullismo, ciò si riflette inevitabilmente in un minore senso di sicurezza. La scuola è e permane nella sua valenza educativa, unica. “L’essere con” questa affermazione apparentemente astratta o volutamente incomprensibile in un mondo in cui “tutto cospira a tacere di noi” fondamentalmente salva la scuola. Essere dentro i rapporti, dentro i dialoghi con i colleghi e con gli alunni.
La scuola è in crisi? Va in crisi quando la percezione di sé si perde nei meandri della burocrazia e si pone la certezza nell’individualismo del nostro insegnare. Ma non può essere così, non possiamo continuare a piangerci addosso solo perché il ministro di turno adotta un criterio o l’altro. La scuola come luogo di incontro (perché è solo così che può essere intesa) oltre che di crescita, di conoscenza: essa deve diventare necessariamente luogo privilegiato per la scoperta di sé ancor prima del tentativo missionario di salvare il mondo o la scuola stessa. Occorre scoprirsi in azione, lavorare su di sé per proporre una modalità di conoscenza, mettere in crisi gli alunni attraverso non un sapere ma un giudizio sul sapere stesso, sulla conoscenza, sulla metodologia adeguata. Proporre il senso di ciò che si studia. Non basta lo studio in sé per sé. Ma non è facile né scontato.
E il nostro compito di docenti, dentro le difficoltà imprevedibili dell’oggi e senza la pretesa di facili soluzioni, continua ad essere quello di educare istruendo, di far riaccendere lo stupore per la conoscenza dentro l’ora di lezione, con tutta la nostra umanità e la capacità di istaurare relazioni significative e di cura che tra l’altro allevino i molteplici disagi di una pandemia che, come ha ricordato più volte Recalcati, non produrrà una “generazione Covid”, a patto che noi adulti, anche tra le mura scolastiche, accompagniamo i giovani a vedere come la realtà può esserci maestra anche tra le complessità del 2022, e come anche la mancanza di un bene possa generare desiderio, aprire la coscienza alle domande esistenziali più profonde e perfino generare un nuovo cammino umano.
Innocenzo Calzone
Lascia un commento