VITERBO – “Il cuore del paesaggio italiano si sta trasformando in una monocoltura perenne che cancella ogni cosa; in questi luoghi, dove prima c’erano tante coltivazioni, oggi c’è soltanto quella della nocciola”.
E’ il grido d’allarme lanciato da Alice Rohrwacher, regista e sceneggiatrice italiana residente in Umbria, sull’altopiano dell’Alfina, figlia di un agricoltore e di un’insegnante, che ha denunciato l’attacco alla bellezza del paesaggio, alla biodiversità e all’ambiente sferrato dalla monocoltura da nocciole.
Un vero e proprio stravolgimento, che non interessa solo l’altopiano, luogo dove il Lazio tocca l’Umbria, ma va dal lago di Vico fino alla Maremma.
Con una lettera aperta ai presidenti delle Regioni Umbria, Lazio e Marche, la regista, famosa in tutto il mondo per i suoi film che raccontano il mondo contadino, ha puntato il dito contro le conseguenze di questa trasformazione a monocoltura perenne. Conseguenze che non sono solo ambientali ma anche economiche e sociali.
In Umbria il piano “Nocciola Italia”, siglato a giugno dello scorso anno da Ferrero Hazelnut Company, prevede entro il 2025 una superficie di 700 ettari di nuove piantagioni corilicole sul territorio regionale. A livello nazionale sono invece 20.000 gli ettari previsti.
Conciso ma efficace il commento di Famiano Crucianelli, presidente del Biodistretto della Via Amerina e delle Forre: «L’abbiamo già visto intorno al lago di Vico (nella foto in basso a destra,ndr), in provincia di Viterbo, quello che è successo». Un territorio dichiarato zona di protezione speciale, riserva naturale regionale e sito d’importanza comunitaria, negli ultimi anni ha subìto un forte degrado a causa dell’uso di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti chimici. «Il crescente fenomeno dell’eutrofizzazione, ovvero la riduzione del quantitativo di ossigeno, aumento della clorofilla, dei nutrienti e della biomassa algale – afferma Antonella Litta, dell’Isde Italia, l’associazione Medici per l’ambiente – sta determinando situazioni di alterazioni degli ecosistemi acquatici che minacciano anche la salute”. E tutto questo si rende possibile con i fondi europei destinati al biologico. Secondo il regolamento si possono ottenere i fondi per i nuovi impianti nei primi cinque anni, proprio quando le piante sono in crescita, ma quando si avvia la produzione delle nocciole si passa alla chimica, ovverosia ai fitofarmaci.
Il problema dei noccioleti è la cimice, in pratica una nocciola viene valutata buona o cattiva secondo il punteggio di cimiciato. E la multinazionale richiede un indice talmente basso che costringe i produttori all’uso dei pesticidi. Nonostante il lago di Vico sia una riserva naturale, gli agricoltori non vengono incoraggiati a modificare i comportamenti. «Si potrebbero usare dei prodotti che hanno origine naturale e a fronte della spesa i risultati ci sono”, afferma D’Amato.
Intanto, anche Ispra si è attivata sulla questione. La ricercatrice Silvia D’Antoni sta conducendo uno studio in cui i noccioleti biologici vengono comparati con quelli trattati.
«La politica sembra ferma agli anni Ottanta – conclude Rohrwacher – mentre fior di studi raccontano del valore del mosaico paesistico, della multifunzionalità del territorio e delle relazioni complesse, la politica sembra rimasta indietro». Al momento nessuna risposta alla sua lettera inviata ai presidenti di Regione. «Certo che l’agricoltura è mossa da grande interessi – aggiunge – ma la politica serve a capire proprio questo: se l’interesse dei pochi sia anche un vantaggio per i molti. È una grande responsabilità civile. Qui si sta scegliendo uno sviluppo, quello del nocciolo. Ma a quanti sviluppi alternativi si rinuncia? Che ne sarà delle piccole aziende agricole, degli agriturismi, delle guide escursionistiche, del turismo e della salute dei residenti? Chi vorrà bere e lavarsi con l’acqua che assorbe questa trasformazione? Alla fine, tutto si può ridurre a una sola domanda: ma la politica sta accompagnando questa trasformazione o la sta subendo?».
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