NAPOLI – Alla ricerca di un’amicizia vera in una Quaresima “pandemica”.
A distanza di anni ciò che colpisce di più è l’assoluta tentazione, ben riuscita ormai per quasi ogni periodo liturgico o meno, di cancellare il significato più vero del presente vissuto, del non coglierne la valenza. Tutto si trasforma in pura allegria, in puro e spesso squallido divertimento o, come nell’ultimo anno, nella paura di affrontare la realtà una volta colpiti da uno stramaledetto virus, e tutto assume le caratteristiche assurde del “non senso”. E’ incredibile come, anche rispetto a momenti ben definiti dalla tradizione, cercandone il significato, non ci sia altro se non aspetti esteriori e superficiali come occasione di viaggi, spese e divertimento alla “mordi e fuggi”. Del resto passando dal Natale alla Pasqua, all’Epifania o alla Quaresima tutto si sta riducendo progressivamente in un business senza “limiti e confini” per dirla alla Lucio Battisti.
Eppure, ancor di più in questo periodo pandemico di immobilità fisica e pensosa (futuristicamente parlando) il suggerimento più vero e originale ci viene proprio dalla Chiesa, ormai considerata da molti come luogo di appesantimento quotidiano, come ambito moralizzatore più che occasione per ritrovare il proprio io. Quando c’è un richiamo ad un qualcosa di minimamente più profondo è come se si tendesse a far prevalere l’espressione “nun ce pensà” proprio a sottolineare la perdita di tempo a soffermarsi sulla cosa stessa, a non darne il peso richiesto. Eppure certe “ricorrenze” servono proprio a riguardarsi, a ricentrare il proprio io, a rimetterlo al centro della propria vita invece di essere in balìa di ciò che il mondo ci propina in un libertinaggio sfrenato.
Il primo richiamo in questo periodo di Quaresima è alla conversione, parola da prendersi nella sua straordinaria serietà, cogliendo la sorprendente novità che essa sprigiona. L’appello alla conversione, infatti, mette a nudo e denuncia la facile superficialità che caratterizza molto spesso il nostro vivere. Convertirsi significa cambiare direzione nel cammino della vita: non, però, con un piccolo aggiustamento, ma con una vera e propria inversione di marcia nel cercare il bene in ogni aspetto della giornata: dagli amici ai colleghi, dal lavoro alla famiglia.
L’obiezione più comune è posta con domande del tipo “perché devo convertirmi? Che senso ha?”. Effettivamente dove il limite tra il bene e il male, meglio, tra il senso e il non senso, non esiste più, che ragione c’è a convertirsi? Se tutto fila liscio in un quotidiano privo di uno sguardo che vada oltre, per esempio nel profondo di un’amicizia, di un’attenzione ad un prossimo che è in famiglia, sul luogo di lavoro, che senso ha porsi certe domande? Come diceva J. Ratzinger: “Conversione è andare controcorrente, dove la ‘corrente’ è lo stile di vita superficiale, incoerente ed illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale”.
Di fronte all’innata paura della fine e, ancor più, nel contesto di una cultura che in tanti modi tende a censurare la realtà e l’esperienza umana del morire, la liturgia quaresimale, ci ricorda la morte invitandoci al realismo e alla saggezza e ci spinge soprattutto a cogliere e a vivere la novità inattesa che si sprigiona nella realtà quando “certe domande” bisogna cominciare a porsele.
Del resto la ricerca del Bello cos’è se non scovare i dettagli di un significato recondito in ogni cosa facciamo, in ogni opera d’arte che ammiriamo, in ogni tramonto che osserviamo? La ricerca del Bello è ricerca di un senso! “L’uomo è polvere e in polvere ritornerà, ma è polvere preziosa agli occhi di Dio, perché Dio ha creato l’uomo destinandolo all’immortalità” (don Luigi Giussani).
Questo periodo quaresimale è appunto un suggerimento a richiamarsi al fatto che una misura nuova è entrata nel mondo, una proposta nuova è entrata nella nostra vita ed è bene prenderla in considerazione. L’estremo nichilismo del “niente ha senso”, l’incessante paura che determina i nostri giorni di chiusura forzata, costretti a restare a casa, intimoriti da una solitudine che ci attanaglia, richiede una scossa che, come ha sottolineato il Papa nella recente visita in Iraq, ci costringe a guardare le stelle, l’origine, i rapporti veri e gli amici veri che sono attorno a noi.
Innocenzo Calzone
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