ROMA – Torna “Ernani” di Giuseppe Verdi (1844, première alla Fenice di Venezia) al Teatro dell’Opera di Roma, dove fu rappresentato l’ultima volta nel 2013 diretto da Riccardo Muti. E’ la quinta opera del grandissimo compositore, creata non per Milano, ma per Venezia: ed è la prima in cui Verdi più che alle vicende storiche dà peso ai personaggi e ai loro sentimenti, intensi e trascinanti come voleva l’età romantica.
Non è tra le opere verdiane più popolari e amate, non è il Rigoletto, né la Traviata, né il Trovatore, ma si colloca fra i primi capolavori del Maestro ed è caratterizzata da “brevità e fuoco”, che Verdi aveva raccomandato a Francesco Maria Piave, il suo librettista. Anzi, dobbiamo questa volta veramente il fuoco proprio al direttore d’orchestra, il genovese Marco Armiliato, che tale fuoco ha mantenuto per tutta la durata dell’opera, potentemente coadiuvato dalle voci – prima fra tutte quella del soprano americano Angela Meade (Elvira: poi Anastasia Bartoli), voce possente, pastosa, sempre vincente, che interpretò il ruolo in USA già nel 2008.
Non è stato da meno il basso Evgeny Stavinsky, il grande di Spagna Gomez de Silva, zio e promesso sposo (non corrisposto) di Elvira. Il tenore Francesco Meli fu lodevole e combattivo Ernani anche nel 2013, innamorato di Elvira insieme al re di Spagna Don Carlo, baritono Ludovic Tézier (poi Giovanni Meoni). Questo è stato il quartetto protagonista dell’opera, legato da un’attorta vicenda parentale e politica, che si chiude drammaticamente con il suicidio obbligato di Ernani, seguìto da quello inevitabile di Elvira.
Mai un ripiegamento degli interpreti, sorretti dalla menzionata infuocata direzione di Armiliato, mentre senza sorprese (fortunatamente) e fedele alla drammaturgia, è stata la regìa di Hugo de Ana, presente anche nell’edizione del 2013. L’intera esecuzione dell’opera – allestita in coproduzione con Sydney Opera House, arricchita da splendidi costumi dello stesso de Ana – è stata un tributo alla creazione giovanile di Verdi, le cui melodie poggiavano su un asciutto sostrato ritmico, innervato da poderosi unisoni di voci e orchestra, e dall’ottima guida e del coro del M° Roberto Gabbiani.
Paola Pariset
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