NAPOLI – Paranza: rete per raccogliere piccoli pescetti da cui “frittura di paranza”; ultimamente termine attribuito ai bambini di Napoli, gruppetti sparuti con un leader deputato al comando. Una rete sciolta senza matrice, senza appigli. Una realtà che registra una grave e incommensurabile mancanza dell’adulto educatore. Figli senza padri, cresciuti troppo in fretta seguendo la falena della prevaricazione nella disperata ricerca di essere, senza essere nulla se non uno stereotipo e adesso un’icona da raccontare e da emulare.
Lo scugnizzo ha sempre attratto registi, scrittori, e da sempre ci sono stati bambini senza padri in cerca di chi li voglia prendere in carica, ma dal punto di vista affettivo perché qui è la loro mancanza, quella di un’attenzione che non può risolversi in una di tipo mediatico e fittizio che li porta al grande schermo legittimando la loro vita vacua e priva di qualsiasi regola del viver civile. Cani sciolti, disperati alla ricerca di uno sguardo che parli al loro cuore. E allora come si può pensare di aiutarli raccontando di loro stessi senza alcuna possibile speranza, nella delirante idea di poter raccontare solo il lato oscuro volutamente, tralasciando tutto il bene che anche nei luoghi raccontati esiste eccome? Ma non fa rumore.
Molto più attraente il macabro, il minore che compie grandi imprese come le stese o peggio ancora per noia accoltella un ragazzo per strada solo perché percepito come diverso. Eppure, quanta gente perbene agisce caparbiamente per il bene, disseminando bellezza e gentilezza a caso con la egoistica convinzione che solo questo agire può portare alla gioia che si prova donandosi in modo gratuito. La stessa gratuità commuove, arriva al cuore anche di questi ragazzi anche dei più irriducibili: tutti hanno diritto ad una possibilità di riscatto che Saviano non intende raccontare. E tanto si fa nei quartieri a rischio, tanto si fa nell’educare alla bellezza ma nessuno lo racconta. E proprio questi ragazzi hanno uno sguardo desideroso di essere ricambiato con amore e non sono stati educati al bene sin da piccoli con vite familiari di padri a loro volta che non hanno creduto in una possibilità di vita differente.
Lo sa bene Gianni Maddaloni che nella sua terra, Scampia, ha voluto essere e rappresentare l’altra faccia del male. La sua palestra è una palestra di vita, accoglie tutti con la sua tenacia e caparbietà di educare ai valori concreti e di senso, con il linguaggio dei ragazzi, ma dal primo sguardo attrae i ragazzi e li porta al suo piano diventando mentore e padre a cui affidarsi. Certo lo sport è grande motore e linfa per i ragazzi, ma da solo non basterebbe se non ci si passa attraverso la relazione umana. Gianni ne ha per tutti, l’oro olimpico di suo figlio non gli ha cambiato la sua mission, non lo ha distolto dal suo passato di ragazzo a rischio, a sua volta salvato, rimasto lui orfano troppo presto, da un maestro, un padre che gli ha trasmesso amore della vita e per se stesso a cui dimostra umilmente riconoscenza e rispetto e che ha segnato la sua svolta.
Quanta paranza raccoglie nella sua rete una rete amica salvifica che inneggia alla bellezza pur restando a Scampia un luogo amato, proprio dove le vele diventano simbolo di casa, punto di riferimento e che sarebbe ingiusto per le tante persone che lì vivono ingabbiare nel racconto di Gomorra. Il libro, dovuta denuncia del male che non si deve certo nascondere, ma trasformarlo in serie, in fiction è rinnegare ed affossare qualsiasi tentativo di uscirne da un vortice mortale. Il racconto reiterato s’insinua nell’immaginario collettivo e diventa icona indiscussa, uno stereotipo a sua volta per il visitatore di turno che tra le sue tappe inserisce le vele volendo provare il brivido del rischio come in un set.
Le battute/tormentoni diventano canovaccio per i piccoli fruitori che non vedranno il racconto con senso critico, distaccato o presunta denuncia, bensì come identificazione e legittimazione del sé. Questi ragazzi hanno invece bisogno di esempi positivi, regole, possibilità di sviluppare senso critico ed autonomia di giudizio, autostima e soprattutto hanno bisogno di uno sguardo attento al loro cuore.
Angela Ristaldo
Nella foto di copertina, la palestra di Gianni Maddaloni a Scampia
Cara prof io facevo parte di quel “sistema”
Della “paranza” uno di quelli con gli occhi spenti.
Per mancanza di alternative valide e veritiere ho passato tanti anni in carcere ricordandomi della
Mia famiglia solo attraverso una telefonata settimanale di 10 minuti.
Ma un giorno sul mio cammino è comparsa una alternativa, una mano tesa ma senza pretesa.
GIANNI MADDALONI ha preso in carico mio figlio in primis perché èsi stava incanalando in un percorso che io conoscevo molto bene.
poi la scuola lo ha segnalato al maestro che ha praticamente adottato tutta la mia famiglia.
Oggi mio figlio ha avuto una esperienza al coservatorio di Napoli e sta viaggiando a vele spiegate nel PERCORSO MADDALONI.
Questo è la testimonianza di cambiamento
Grazie al maestro MADDALONI.
Grazie della testimonianza diretta che avvalora la mia idea di intervento per i ragazzi a rischio: cuore e prospettive di bellezza e di valori.