NAPOLI – La musica è una forma di comunicazione in grado di stabilire un rapporto con l’uomo sin dal grembo materno. Secondo una ricerca del Marques Institut di Barcellona, il feto sarebbe in grado di rilevare i suoni a 16 settimane di gestazione e di reagire muovendo la bocca e la lingua. Con la primissima infanzia, i bambini riescono ad esprimere le proprie emozioni al ritmo di nenie o cantilene e, viceversa, in caso di agitazione, una ninna nanna, può infondere calma e distensione.
Ma è con l’ingresso nel mondo della scuola che lo studente, grazie alla disciplina musicale, viene proiettato in uno spazio didattico in cui è possibile attivare processi di apprendimento multifunzionali e condividere esperienze formative. In una società sempre più multietnica e multiculturale, l’educazione musicale riveste, dunque, una funzione sociale e culturale e si rivela una valida strategia per l’inclusione scolastica, fino a diventare strumento di tolleranza e comprensione reciproca. Fare musica a scuola, in un Paese accogliente, permette ai neoarrivati di inserirsi in un nuovo contesto, interagire e mettere in atto processi di cooperazione e socializzazione tali da valicare ogni confine geografico perché “dove le parole non arrivano… la musica parla” (Ludwig Van Beethoven).
Amalia Ammirati
Sempre brava👍