Nicholas Green, il 29 settembre di 30 anni fa, è in viaggio con papà Reginald, mamma Margaret e la sorellina Eleanor (4 anni) sull’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. Sono diretti in Sicilia per trascorrere qualche giorno di vacanza. Nei pressi dell’uscita di Soriano Calabro (vicino Vibo Valentia), la loro Autobianchi Y10 viene scambiata da alcuni appartenenti alla malavita calabrese (la ’ndrangheta, per intendersi) per quella di un gioielliere locale e crivellata di proiettili. Colpito alla testa mentre dorme sul sedile posteriore, il piccolo (che era nato a San Francisco e che aveva compiuto 7 anni il 9 settembre) viene ricoverato presso il centro neurochirurgico del Policlinico di Messina dove, nonostante le intense cure, muore pochi giorni dopo, esattamente il 1º ottobre.
La vicenda scuote l’Italia intera che si stringe intorno alla famiglia Green, pregando con loro e sperando in un miracolo che riesca a strappare Nicholas alla morte. Quando il ragazzino se ne va senza aver mai ripreso conoscenza, un altro gesto commuove ancora di più l’opinione pubblica: Reginald e Margaret autorizzano il prelievo e la donazione degli organi. Ne beneficiano sette italiani, di cui tre adolescenti e due adulti, mentre altri due riacquistano la vista grazie al trapianto delle cornee. L’evento fece molto scalpore perché all’epoca la donazione degli organi non era una prassi comune in Italia (agli ultimi posti in Europa per numero di trapianti) e contribuì a sensibilizzare tutti sul tema e a far aumentare gli episodi di donazione nell’intero Paese.
Riassumere in poche righe un fatto così drammaticamente tragico è arduo e, per certi versi, anche un po’ cinico. Ma quell’episodio fu decisivo per produrre un consistente cambio di mentalità: la morte di una persona cara e amatissima può servire a salvare altre vite umane. “Da una terribile tragedia che tutti ancora oggi ricordiamo è nato un dono”, ricorda a Clarida Salvatori del Corriere della Sera, Tiziano Onesti, presidente del Bambin Gesù, l’ospedale dove venne eseguito il trapianto di cuore. E aggiunge: ”Nel 1994 in Italia non si parlava di trapianti, non esisteva una cultura in tal senso, e quello della famiglia americana Green è stato il primo gesto di sensibilizzazione in un Paese che non era ancora pronto, provocando uno scossone e facendo capire l’importanza di donare vita”.
Reginald Green oggi ha più di 95 anni e si muove con qualche difficoltà visto che, qualche mese fa, si è rotto il femore; al suo fianco c’è sempre sua moglie Maggie, che di anni ne ha 62. In occasione del trentennale dell’omicidio di Nicholas, sono state organizzate diverse manifestazioni. Al Bambin Gesù di Roma, appunto, ma anche al Niguarda di Milano e al Policlinico di Messina in un lungo tour per sostenere le donazioni e i trapianti. “È la quindicesima volta che sono qui – spiega Reginald – dopo che hanno sparato a mio figlio e sono molto contento del legame speciale che si è creato con questo Paese, grazie a Nicholas si sono salvate otto persone con i prelievi di pelle, organi, cornee, quindi sono molto contento che grazie a questo gesto fatto trent’anni fa oggi ci siano molte persone che abbiano potuto contare su questo dono”.
I coniugi Green non ebbero mai dubbi sulla scelta scelta di donare gli organi e i tessuti di Nicholas: “Ci sedemmo insieme e ci guardammo negli occhi: la decisione era stata presa…”. L’Italia si commuove; le donazioni diventano una pratica ricorrente; migliaia di vite vengono salvate. “Quando incontrammo i riceventi di Nicholas e le loro famiglie per la prima volta, quattro mesi dopo il trapianto, mi chiesi: un piccolo corpo ha potuto fare tutto questo? – ancora il papà -. In un breve lasso di tempo la medicina ha raggiunto l’incredibile sviluppo del più vecchio sogno dell’umanità: generare vita dalla morte. La storia di Nicholas è stato il fattore predominante nel portare l’Italia da nazione col tasso più basso di donazioni in Europa occidentale a uno dei più alti”. In effetti, dopo la decisione dei Green, l’Italia passò dal terz’ultimo posto in Europa al secondo per donazioni.
Reginald e Maggie hanno avuto altri figli nel 1996, i gemelli Martin e Laura, mentre Eleonor si è sposata e ha dato loro due nipotini, ma tutta la vita della coppia statunitense è stata dedicata al ricordo di Nicholas. Il papà ha scritto due libri: The Nicholas Effect (Il dono di Nicholas) sulla storia che ha visto protagonista la sua famiglia, e The Gift that Heals (Il dono che guarisce), che contiene storie di persone comuni e professionisti ad ogni stadio di un trapianto. Dalla vicenda, nel 1998 fu tratto un film per la televisione dal nome Il dono di Nicholas, con Jamie Lee Curtis e Alan Bates, visto complessivamente da più di 100 milioni di telespettatori. Nell’ottobre del 1994 i coniugi Green vennero ricevuti al Quirinale dal presidente Scalfaro e al Campidoglio dal sindaco di Roma Rutelli. In seguito, ai Green è stata conferita la medaglia d’oro al merito civile.
Nel 2019, in occasione dei venticinque anni dalla morte, è stato dedicato a Nicholas Green il nuovo reparto di rianimazione del Policlinico di Messina. In tutta Italia al piccolo sono stati intitolati parchi, scuole, strade e altre strutture pubbliche. Nel 1996 i coniugi Green hanno costruito a Bodega Bay la Children’s Bell Tower, un monumento dedicato a Nicholas e a tutti i bambini, opera dello scultore americano Bruce Hasson. Il monumento ha più di 140 campane, la maggior parte donate da individui e famiglie italiane. La grande campana centrale fu realizzata dalla Fonderia Marinelli di Agnone e benedetta da Papa Giovanni Paolo II prima di essere spedita in California. La Fonderia Marinelli di Agnone ha poi costruito una seconda campana dedicata al suo sacrificio, con i nomi dei sette beneficiari dei trapianti.
La cronaca racconta anche che per il delitto di Nicholas Green vennero indagati e rinviati a giudizio nel 1995 Francesco Mesiano (22 anni) e Michele Iannello (27 anni), entrambi originari di Mileto (Vibo Valentia); nel 1997 i due furono assolti dalla corte d’assise di Catanzaro, mentre nel 1998 la corte d’assise d’appello condannò Mesiano a 20 anni di reclusione e Iannello (in qualità di autore materiale dell’omicidio) all’ergastolo, sentenza poi confermata in Cassazione. I due si sono dichiarati sempre innocenti.
La generosità di famiglie come i Green, l’impegno di tanti specialisti e i progressi della scienza (che ha permesso di migliorare la conservazione e quindi l’utilizzabilità degli organi donati), tuttavia non bastano: in Italia, nel 2023, il tasso di donazione è stato di 28,2 per milione di abitanti. I progressi sono stati nottevoli, ma bisogna fare di più soprattutto sul piano dell’informazione. Con una legge del 1999, che ha creato la rete trapiantologica italiana, è nato il Centro nazionale trapianti ed è stata sancita la possibilità dei cittadini di esprimere in vita la loro volontà sulla donazione di organi. “Da allora ad oggi sono stati fatti molti passi in avanti, basti pensare che sono stati effettuati oltre 90.000 trapianti – conclude il direttore del Cnt, Giuseppe Feltrin – ma il 30-35% degli italiani esprime opposizione alla donazione. Il tema non è la mancanza di generosità, ma la paura. Per questo bisogna continuare a informare i cittadini”.
Il sacrificio del piccolo Nicholas e lo splendido gesto dei suoi genitori ha smosso le coscienze. E’ necessario continuare a farlo ogni giorno.
Buona domenica.
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