ROMA – Un triste bilancio a Roma. Sono ben undici i morti di freddo per strada negli ultimi due mesi. Una tragica realtà che porta a pensare a Modesta Valenti che 39 anni fa morì alla stazione Termini perché, essendo sporca, l’ambulanza si rifiutò di portarla in ospedale, condannandola a morte. Quante Modesta Valenti ci sono in giro per Roma, in Italia, nel mondo, vittime di un doloroso gioco del destino, abbandonate a se stesse?
Nel gennaio 2021 a pochi metri da Piazza San Pietro, un senzatetto nigeriano era stato trovato morto a causa del freddo. Aveva 46 anni, si chiamava di Edwin. Una triste vicenda che si era aggiunta al lungo elenco di morti in questa drammatica circostanza. Persino Papa Francesco aveva detto a tal proposito: “Pensiamo a Edwin, a cosa sentì quest’uomo, 46 anni, nel freddo, ignorato da tutti, abbandonato anche da noi. Preghiamo per lui”. Invisibili vittime del disagio sociale, acuito in questi ultimi due anni dall’emergenza Covid-19, che porta ad amplificare e ad aumentare il numero dei senza fissa dimora.
Mimetizzati tra cartoni e fagotti di stracci e coperte, ai bordi delle strade, sotto i portici in tutte le zone di Roma, come in tutta la Penisola. Sempre più soli ed ai margini di una società alle prese con la nuova variante Omicron. Raminghi nelle stazioni per cercare di riscaldarsi, di sopravvivere alle rigide temperature. Accanto a loro i volontari della Comunità cristiana di Sant’Egidio, fondata nel 1968, all’indomani del Concilio Vaticano II, per iniziativa di Andrea Riccardi, della Croce Rossa e della Caritas. Tutti in prima linea per offrire assistenza ai meno fortunati, agli ultimi che ormai sono diventati ben 7mila e molto più.
Un terzo di loro, più fortunato nelle avversità, vive nei luoghi destinati all’accoglienza, altri in casolari abbandonati e in baracche, gli altri per strada. Per sostenerli, per aiutarli, insomma per tendere loro concretamente una mano, sono state aperte persino le chiese, appartamenti come Palazzo Migliori che Papa Francesco ha affidato a Sant’Egidio, per accogliere una trentina di senzatetto che vivevano per strada. È questa, comunque, una tragica quanto dolorosa foto della situazione che evidenzia, in definitiva, l’acuirsi della divaricazione sociale tra una piccola parte di fortunati ed una massa di poveri indigenti sempre più a rischio e tra di loro una classe media alle presi con la crisi.
È dunque l’emarginazione che acutizza il divario di questi esseri umani avvolti in logore coperte, i senzatetto del Terzo Millennio, gli “homeless” inglesi, i “sans abri” francesi, gli “obdachlos” tedeschi, i “sin hogar” spagnoli. In costante aumento in ogni parte del mondo, vittime della loro stessa vulnerabilità, di una società che spesso si gira dall’altra parte, di leggi inesistenti ed inefficaci che non tutelano, non aiutano a riprendersi, a risalire la china.
Viene in mente la scultura di bronzo che rappresenta Gesù, come un senza fissa dimora, che è stata posta all’inizio della Settimana Santa dell’Anno della Misericordia nel cortile di Sant’Egidio in Vaticano, all’ingresso degli uffici dell’Elemosineria apostolica. Rappresenta un uomo disteso su una panchina, con il corpo quasi interamente avvolto da una coperta, si vedono solo i piedi che portano i segni della crocifissione. È un’opera, iper-realista, realizzata dallo scultore canadese Timothy P. Schmalz, che ben esprime la drammaticità di queste vite spezzate.
L’immane impegno dei volontari rappresenta un valido aiuto, ma anche un grande segnale di speranza, per riscoprire il valore di una società che metta al centro la dignità umana.
Laura Ciulli
Nell’immagine di copertina, l’opera dello scultore canadese Timothy P. Schmalz
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