ROMA – A Trastevere, il più antico e popolare quartiere di Roma, nelle vicinanze del ponte Garibaldi si trova un imponente monumento voluto fortemente dai romani per omaggiare Giuseppe Gioacchino Belli, fedele testimone della Roma papalina di Gregorio XVI, popolata di prelati, boia e prostitute. Questo illustre poeta con i suoi versi denunciava l’inconsistenza della decadente società del suo tempo. Nei suoi sonetti prendevano vita vignette ricche di spirito popolare che, attraverso la lente di una satira graffiante, rivelavano l’amaro e pessimistico atteggiamento del poeta nei confronti della vita e della condizione umana. Nei suoi componimenti, animati da una pungente vena satirica e da una sorprendente immediatezza di narrazione, vengono raffigurati personaggi, vizi e costumi della Roma ottocentesca.
In uno dei suoi sonetti descrive con amara ironia e con arguta malizia la fiera ignoranza del marchesino Eufemio “d’alto ingegno, perché d’alto lignaggio” il cui esame da perfetto somaro si risolve, ovviamente, con un successo. La figura del giovane nobile “ritto all’ombra feudal d’un baldacchino” campeggia in tutti i versi, e l’ironia dell’autore sottintende ma non risparmia tutta una serie di servitori, di lacchè e soprattutto di servili esaminatori, pronti a premiare la bestialità. Seppur siano passati diversi secoli la poesia di Belli riflette ciò che avviene oggi. Noi siamo silenti testimoni della riedizione della vecchia storia perché non sempre chi merita va avanti, anzi spesso succede l’esatto opposto. Nella società attuale si possono distinguere diverse correnti: la “meritocrazia dei veri meritevoli”, la “meritocrazia dei figli di” e la “meritocrazia dei marchesini” ai quali viene riconosciuto “alto ingegno per il loro alto lignaggio”. I moderni “marchesini” della poesia di Belli sono coloro che accedono in un contesto professionale per conoscenza e non per merito, ledendo ovviamente la qualità del lavoro e privando chi si è impegnato per ottenere uno spazio che invece meriterebbe.
I “meritevoli” si impegnano nello studio per ottenere buoni risultati finalizzati ad entrare nel mondo del lavoro con una buona dose di sicurezza in se stessi in aggiunta a competenza e preparazione, quali elementi essenziali per saper reggere il peso della responsabilità e per essere in grado, nei momenti di difficoltà e smarrimento, di sapersi porre alla guida di un gruppo spingendolo e motivandolo ad andare avanti con rinnovata determinazione sapendo indicare, sempre con competenza, gli strumenti adatti per il conseguimento di obiettivi nuovi e più elevati. I “marchesini Eufemio”, invece, hanno una forte dose di consapevolezza del proprio io, tuttologi, orgogliosi e persino vanitosi della loro “somarità” tanto da esibirla e non subirla: in poche parole fanno dell’incompetenza e del non sapere una suprema virtù civile. Nonostante questo assunto di base, spesso si vivono situazioni di disagio che rendono i “meritevoli” incapaci di inserirsi adeguatamente nel contesto lavorativo e, se si prova a creare un circuito di meritocrazia, è facile trovarsi di fronte ad un ostacolo o per meglio dire ad un problema generato da quelle persone che vedrebbero i propri figli, solitamente mai meritevoli, impossibilitati a fare una carriera sfavillante ai vertici delle istituzioni o comunque in posti di prestigio calcando le orme del marchesino del Belli il quale alla fine del suo esame “…con ferma voce e signoril coraggio senza libri provò che paggio e maggio scrivonsi con due g come cugino ed infine latinizzando esercito distrutto disse exercitus lardi ed ebbe il premio”.
Adele Paglialunga
Nell’immagine di copertina, il monumento a Giuseppe Gioacchino Belli
BRAVA. Molto Interessante .