MILANO – Sono 103 i piccolissimi capitoli che compongono un libro fruibile e di facile lettura che tiene il lettore attaccato alle sue pagine. Ecco “Kant e un vestitino rosso” i cui ingredienti rendono appassionante la storia narrata da Lamia Berrada-Berca. Una donna intraprende il suo percorso di trasformazione e autoconsapevolezza delle prigionie legate alla cultura e alla religione del paese di origine, cercando la strada verso la liberazione, nella speranza di vederne il lieto fine. Desidera da dietro una vetrina di Belleville, nell’odierna Parigi, un vestito rosso che rappresenta la libertà del proprio corpo e mente, talmente bello da divenire un pensiero fisso.
La protagonista, giovane madre analfabeta esiliata in un paese di cui non conosce la lingua, vive rinchiusa nel suo piccolo mondo casalingo e si avventura all’esterno solo protetta e isolata dal suo burqa. Saranno due incontri inaspettati ad aprire una breccia in questo guscio di solitudine e rassegnazione al quotidiano. Il primo avviene durante una delle angoscianti sortite per effettuare le compere quotidiane, quando la donna intravede nella vetrina di un negozio un vestitino rosso: il desiderio, sentimento fino ad allora sconosciuto o ignorato, di possedere e indossare quel vestito è la molla che fa scattare la voglia di emancipazione.
Il secondo incontro è quello con un libro di Kant, lasciato sul pianerottolo da uno sconosciuto e che sua figlia le legge. Di nuovo il desiderio, stavolta di decifrare e capire quel tesoro proibito, sarà la chiave per la definitiva emancipazione, il modo attraverso cui la protagonista imparerà a porsi domande e a rispondersi, ma anche a trovare il coraggio di guardare ed essere guardata, di nominarsi ed essere nominata. Un percorso irrefrenabile verso quello che è un uso personale e pieno della ragione, supportato ovviamente dalla filosofia che nel suo stesso nome racchiude il suo leit motiv, ossia l’amore per il sapere. Elemento importante quello filosofico, non solo nel titolo e nel dispiegamento della storia, bensì alla fine del racconto quando, con un coinvolgimento primario e diretto, l’autrice inserisce testi di Molière, Voltaire, Montesquieu, Choderlos de Laclos, Immanuel Kant, Olympe de Gouges, George Sand e Maupassant, per poter vivere più intensamente questa storia. Percorrendo brevi testi fondativi dell’Illuminismo su temi di attualità come l’emancipazione femminile, la lotta contro le superstizioni e il fanatismo religioso.
L’autrice Lamia Berrada-Berca è nata nel 1970 da madre francese e padre marocchino, vive in Marocco, ha tra i suoi antenati un nonno svizzero-scozzese e un nonno arabo, una nonna francese e una nonna berbera. È stata per molti anni professoressa di Lettere moderne prima di esplorare altri universi, come la fotografia e le arti plastiche. La piccola chiave di volta è Sapere aude! (Osa sapere!, motto dell’Illuminismo, diffuso dal filosofo tedesco Kant) con le cui parole si attraversa la storia della liberazione di una donna da una vita che la opprime e che è il faro per tutte e tutti noi.
Claudia Gaetani
Nell’immagine di copertina, Lamia Berrada-Berca che ha scritto “Kant e un vestitino rosso”
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