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Amori, fama, tormenti: Achille, un eroe sexy

di | 2022-09-18T14:32:41+02:00 18-9-2022 6:10|Cultura, Sezione 3|0 Commenti

ROMA – E’ un personaggio – il Pelide Achille – insolito rispetto alla tradizione ma che non sorprende, quello di Madeline Miller nel suo ultimo libro, “La canzone di Achille” (Ed. Marsilio, 2019, traduzione Curtone Parolini). Non ci sorprende perché, anche se il retroscena e gli anni che precedono la guerra di Troia non sono materia dell’Iliade da cui l’autrice prende spunto, li conosciamo un po’ attraverso il mito. E sappiamo quanto il mito faccia ormai parte della nostra cultura, quanto a noi piaccia credere di provenire da quella epoca fiabesca e senza tempo in cui gli dei intervenivano nella vita degli uomini. Così questo Achille per certi aspetti nuovo, in una storia così romanzata rispetto a quella che conosciamo, ci diventa familiare e siamo portati ad amarlo di più.

Madeline Miller

“La canzone di Achille” è destinato a portare avanti la tradizione del poema omerico che sembrava interrotta, anacronistica, superata. Questo suo ritorno non avviene in Europa, dove sarebbe naturale, ma in America, dove la cultura classica, a differenza che da noi, continua ad avere la massima considerazione. L’autrice è nata a Boston, ha studiato lettere classiche ed ha insegnato latino e greco per anni nei licei americani. Ora scrive libri dedicati al mito ed ha un grandissimo successo anche tra i giovani. Del poema epico cui si ispira, il suo libro ha tutto: il contenuto, i personaggi, la dovizia di particolari con cui elenca oggetti, armi, battaglie. L’autrice però non ricorre ai versi bensì ad una prosa preziosa, agile, scattante e leggera dove, tuttavia, non manca la poesia. L’eco dei classici è forte e ci fa fare un viaggio nella civiltà micenea con la sua sfilata di re e di cittadelle fortificate i cui princìpi di vita e di governo sono basati sull’orrore della vergogna in nome dell’orgoglio virile.

E’ da quest’ultimo che nasce la guerra di Troia, dove il rapimento della bella Elena è un po’ la causa e un po’ la giustificazione per la quale la città oltre l’Egeo, sulle rive del Bosforo, deve essere conquistata. Roba da uomini veri e duri, insomma, quella che ha portato ad un decennale assedio, il cui racconto occupa tutta la seconda parte del libro della Miller e che già Omero aveva raccontato nel suo poema da cui tutto – storia e letteratura – è scaturito. Tra le tende dei micenei, in tutti questi anni in attesa della battaglia finale, accadono tanti fatti, si svolgono tante vite, si intrecciano relazioni e affetti in un crescendo di emozioni che non può lasciare indifferenti. La Miller ci fa ricordare – concetto sempre valido – che la guerra, seppur necessaria, non riesce a raffreddare i cuori e chi provoca la morte di un nemico porterà con sé un carico pesante di orrore per tutta la vita. Achille è il soldato che riesce ad uccidere di più ma è anche quello che ha il fardello più opprimente in termini di sangue sparso e violenza.

E’ lui il protagonista della guerra di Troia, raccontata dietro le quinte, dall’autrice americana. E’ lui, con la sua natura semidivina, essendo figlio di un re e di una ninfa. E’ lui con il suo destino, tragico, di eroe. E’ un figlio come tanti lo sono oggi, Achille, ossessionato da una madre anaffettiva ed esigente– Teti – che vive nel mare e ne esce solo per redarguirlo, indicargli la strada per il successo, commentare le sue imprese e imporgli quelle future in nome della fama, una parola che anche oggi ha un ruolo fondamentale nell’educazione come la intendono tanti genitori. Achille è schiavo di un destino da eroe impostogli dagli dei, che lo vuole come il guerriero più forte di tutti i tempi. Lo conoscevamo solo per la sua epica ira, per le sue gesta. Qui lo scopriamo riflessivo, fragile, spaventato. Ci appare come un giovane dei nostri tempi, seppure con una bellezza, un talento e una nobiltà d’animo eccezionali, schiacciato tra i suoi desideri e la frustrazione di una madre mai accogliente, fredda.

Ma il vero protagonista del romanzo è il suo amore per Patroclo, un amore da sempre noto, accennato, dato per scontato, un amore omosessuale in una società che al sesso tra due uomini strizza l’occhiolino anche se considera la mascolinità fondamentale. La Miller, questa passione tra due adolescenti che poi diventano uomini la racconta eroticamente, senza veli, con i suoi turbamenti sin da quando i due si conoscono bambini fino al drammatico epilogo finale. L’amore è l’occasione, per l’autrice, di scavare a fondo la psiche dell’uomo. In Achille scopriamo un personaggio inaspettato, seppur fedele alla tradizione omerica, che impariamo ad amare per la sua umana fragilità, i suoi dubbi e le sue paure, il suo sentirsi piccolo di fronte ad un destino tanto grande e anche per il suo vano desiderio di gloria.

Achille e Patroclo

E poi Patroclo. Pa-tro-clo, come dolcemente il Pelide chiama il suo compagno di tutta una seppur breve vita. Lui è l’antieroe. Achille lo ama nonostante la sua goffaggine, la sua apparente mediocrità che è, appunto, solo apparente perché poi i veri uomini – a prescindere dai loro gusti sessuali – si rivelano nel corso della vita. Patroclo ha tantissime doti che si manifestano al momento opportuno, come è giusto che sia per un ragazzo che cresce senza nessuno che gli monti la testa. E’ l’eroe per caso, che un bel giorno ha il coraggio di mettere in campo tutte le sue forze e le sue capacità per proteggere il suo adorato Achille.

Sullo sfondo di tutti questi temi, l’assedio alla città di Troia, le battaglie giornaliere e il ritorno dei soldati feriti, il trasporto dei morti, una guerra dettata dalla prepotenza degli uomini che vogliono dimostrare l’uno all’altro di essere il più forte. La Miller spinge molto su questo tasto ma quell’ira di Achille che era per Omero la causa di tuti i lutti degli Achei e l’inizio del poema, diventa nel suo libro l’epilogo di una bellissima, intensa storia di uomini e dei, di amore e di amicizia, di giustizia.

La commozione del lettore alle ultime pagine è la conferma del valore dei classici: sempre attuali e capaci di far vibrare le nostre corde più intime.

Gloria Zarletti

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