ROMA – La cinquecentesca architettura della Villa Medici al Pincio, che nasconde nella sua pancia le macerie della villa di Lucullo, qualche secolo più tardi estromise dalle viscere escavate anche i resti scultorei di Niobe e dei tanto ostentati suoi figli. Erano sette maschi e sette femmine, tanti da battere la dèa Lete, che perciò li fece uccidere senza pietà dai figli suoi, Apollo e Artemide. La Villa si è arricchita ora di un nuovo bene artistico, il dipinto riproducente l’interno della Camera turca della Villa. Già, il grandioso edificio erto sul colle del Pincio con giardini favolosi, passò a vari proprietari, tra cui il cardinal Ferdinando De’ Medici, che fece completare e abbellire la Villa dall’Ammannati, finchè nel 1803 non la rilevò Napoleone Bonaparte, facendone terra francese.
Ma Ferdinando, divenuto granduca di Toscana nel 1587, pensò bene di trasportare nella capitale Firenze la massima parte dei tesori d’arte della Villa, le opere romane oggi nella Loggia dei Lanzi, la celeberrima “Venere de’ Medici” ellenistica, oggi agli Uffizi, vari gruppi del complesso della Niobe ed altro ancora che i Lorena, succeduti ai Medici, provvidero a spedire a Firenze. Però gli affreschi e gli stucchi delle pareti restarono, intrasportabili, a rendere Villa Medici luogo di raffinatezze e mondanità. Fra i capolavori, la Stanza degli Uccelli dipinta dal cinquecentista Jacopo Zuccari, che nelle aeree superfici si richiama ai cieli di Giovanni da Udine, nelle Logge Vaticane.
Il Sette e l’Ottocento portarono in Europa l’esotismo e l’orientalismo, di cui anche Villa Medici vanta un esempio: la Camera turca in uno dei torrini a nord dell’edificio, capolavoro che – nel suo serrato e astratto decorativismo tipicamente arabo – a suo tempo fu ritratto dal pittore francese Alfred de Curzon. Il quadro del 1850 “Chambre de l’artiste à la Ville Médicis, dite la chambre turque” di cm. 33×47, in proprietà privata dei coniugi Philip e Cathia Hall, grazie alla loro generosità è tornato nel luogo dove è stato dipinto, la stanza del pittore borsista Alfred de Curzon (1820-95).
La transazione è stata curata da Marie-Cécile Zinsou, presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Accademia. Poggiato oggi sul tavolo della Camera turca, il dipinto crea l’effetto caro a De Chirico del “quadro nel quadro”, che nella locuzione francese vale “mise en abyme”. Un effetto bellissimo, che esaltando gli azzurri, i gialli, i verdi, le luminose e fitte geometrie che sostituiscono le decorazioni floreali occidentali, ci porta il soffio di mondi lontani e irraggiungibili.
Paola Pariset
Nell’immagine di copertina, la Camera turca dipinta da Alfred de Curzon e nuovamente esposta a Villa Medici
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