NAPOLI – Le classi sociali oggi hanno cambiato la loro fisionomia. Nella storia degli anni addietro è stata netta la distinzione tra classi e la borghesia è stata sempre rappresentata da chi aspirava ad un’ascesa alla nobiltà agognata. E in questa suo tentativo di arrampicata sociale, ha dato di sé un’immagine goffa che ben si presta alla rappresentazione scenica e pittorica di Franz Borghese. A Napoli una sua mostra al Maschio Angioino fino al 26 novembre.
Pittore e scultore romano, scomparso nel 2005, Franz Borghese racconta la borghesia del ‘900 con un taglio ironico e fantastico che rende i suoi protagonisti universali e collocabili in spazi e tempi trasversali. E’ una metafora del perbenismo, del politically correct; impeccabili gli uomini con i loro cilindri e le donne con i loro cappellini immancabili anche quando si mangiano polpette a cena. L’analisi è ironica di un mondo visionario per risaltare una mancanza di valori, caricature di umane debolezze di una società in crisi che potrebbe essere l’attuale.
Piccoli personaggi in continuo affanno di affermazione, in azioni continue che li vede protagonisti della scena: prelati, cardinali gendarmi, assassini, narcisisti, servitori, buffoni, equilibristi, funamboli, prestigiatori, affabulatori, ma anche donne ma sempre accompagnate per ricostituire la coppia formale, l’unità familiare almeno in apparenza. Nella letteratura inglese ottocentesca questa classe sociale è degnamente rappresentata, nel rigore di mantener alterato l’establishment al cospetto della società. Il racconto in letteratura di una classe che dell’ipocrisia moralistica ne aveva fatto un costume di vita.
La classe operaia invece, protagonista negli anni 70 della lotta di una classe che sembra oggi annientata e fuori moda, come gli stessi borghesi impoveriti da una feroce crisi economica che l’ha lasciati nel limbo di chi non è tanto povero da vivere con pochi stenti e né più in grado di sostenere la vita alto borghese a cui erano abituati. La famosa forbice sociale che ha spazzato gli scalini di graduale difficoltà d’ascesa ed ha creato un divario enorme da chi ha tanto e chi nulla. Al centro il residuo di una moltitudine di finti ricchi e veri poveri, ma incapaci di vivere in povertà; uno scenario sociale nel disperato tentativo di rimediare una dignità d’immagine e di qualità di vita. Ma il borghese piccolo piccolo di Monicelli del 1977 interpretato da Alberto Sordi, in una diversa lettura meno beffarda , è in realtà il ritaglio di un uomo perbene, il bistrattato perbenismo è solo il tentativo di vivere seguendo regole e forse rituali di comportamento che rendono il vivere più civile.
Desiderare di avere una bella casa, di vestire in modo adeguato secondo le circostanze, di avvenire a convenevoli a volte atti formali, desiderare un’occupazione per il proprio figlio, oggi più di ieri, non restituiscono un’immagine moderna’ o forse sono i veri rivoluzionari? I ‘borghesi’ dei quadri di Franz Borghese alla rabbia delle classi in lotta che veniva loro scagliata contro, oggi fanno davvero tenerezza, sono simpatici; all’intento beffardo, ironico oggi quei goffi personaggi risultano ingenui nella loro caparbietà di un’affermazione di un’immagine di sé nostalgica di un tempo che non c’è più.
Angela Ristaldo
Nella foto di copertina, un’opera in bronzo di Franz Borghese
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