LEGNANO (Milano) – “E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”: le parole di Albert Einstein (1879-1955) sono il monito di un progetto europeo sviluppatosi nel 1993. Un ristretto gruppo di giovani fonda la Human Library, a Copenhagen, come risposta all’aggressione a sfondo razzista subìta da un loro compagno. Convinti che la comprensione fosse la condizione primaria della tolleranza, creano l’associazione “Stop The Violence”, raggiungendo in breve tempo 30.000 adesioni fra i giovani danesi. Questi preparano un intervento su larga scala per il festival di Roskilde nel 2000, mettendo a punto il metodo Human Library, che pone le persone di fronte ai loro pregiudizi offrendo uno spazio protetto in cui ospitare un dialogo franco ed aperto, compreso l’ascolto dell’altro. L’iniziativa ha un enorme successo e dal 2003 viene riconosciuta dal Consiglio d’Europa come “buona prassi” e come tale incoraggiata.
Da allora è stata esportata in tutto il mondo con grande successo. La traduzione italiana al progetto è la Biblioteca Vivente, un metodo innovativo, semplice e concreto per promuovere il dialogo, ridurre i pregiudizi, rompere gli stereotipi e favorire la comprensione tra persone di diversa età, sesso, stili di vita e background culturale. La Biblioteca vivente coinvolge persone in carne ed ossa, è un evento molto limitato nel tempo, di solito uno o due giorni; in rarissimi casi può arrivare a tre o quattro giorni. La conversazione, cioè la lettura di un libro vivente, dura solitamente circa mezz’ora. La Human Library italiana si presenta come una vera biblioteca, con i bibliotecari e un catalogo di titoli da cui scegliere, la differenza sta nel fatto che per leggere i libri non bisogna sfogliare le pagine ma parlarci, perché i libri sono persone vere.
I libri viventi sono consapevoli di appartenere a minoranze soggette a stereotipi e pregiudizi. Desiderosi di scardinarli, essi si rendono disponibili a discutere le proprie esperienze e i propri valori con altri. I titoli sono volutamente molto diretti, come “immigrata pakistana”, o che attirino il lettore con “fiore di loto”, “acqua tra le mani”, “paternità felice” proprio per suscitare le reazioni emotive dei potenziali lettori attivandone la curiosità, ma anche gli stereotipi e i pregiudizi. La biblioteca vivente offre ai lettori l’opportunità di entrare in contatto con persone con cui difficilmente avrebbero occasione di confrontarsi. L’incontro rende concreta ed unica la persona che si ha davanti, che smette quindi di essere percepita come rappresentante di una categoria sulla base di una generalizzazione, ma viene riconosciuta nella sua unicità: una persona che non rappresenta nessuno se non la propria esperienza e storia.
Questi “libri viventi” vengono “presi in prestito” per la conversazione: ogni lettore sceglie il suo libro. L’incontro rende concreta ed unica la persona che si ha davanti, che smette quindi di essere percepita come rappresentante di una categoria sulla base di una generalizzazione, ma viene riconosciuta nella sua unicità, una persona che non rappresenta nessuno se non la propria esperienza e storia. Nel prossimo week end, si svolgerà a Legnano, precisamente sabato 30 aprile dalle 9.45 alle 13 presso la Biblioteca Civica Augusto Marinoni Via Cavour, 3 , in collaborazione con la Fondazione Somaschi di Milano, rappresentata in questa occasione da Costanza Bargellini (il progetto è patrocinato dalla Regione Lombardia).
“L’idea di portare il progetto a Legnano è nato da una comunione di intenti tra Fondazione Somaschi e la Biblioteca Civica – racconta la responsabile, Selene Buia-. Un’amministrazione fortemente orientata al progetto di inclusione che vuole favorire il dialogo ad abbattere gli stereotipi. E’ nata così una rete con la Fondazione Somaschi e quest’anno cureremo il tema della donne, del mondo del lavoro e della famiglia. Una ‘biblioteca per la comunità’ (è il nostro motto) che vedrà altre iniziative che vanno a coinvolgere vari target di età da 0 a 99 anni”.
Entrambe le realtà sperimentano e offrono umanità e bellezza ai lettori attraverso storie di verità vissute. Intervistati, sia i libri che i lettori, la descrivono come un’esperienza di grande impatto, che ha arricchito in modo significativo la loro umanità. Se ne esce arricchiti di aver dialogato con un essere umano di un esperienza dove ritrovarsi o semplicemente curiosare, sapendo che, per libro vivente e lettore, si è lasciato un po’ di sé all’altro. Iniziative come questa sono attive in molte città italiane a testimonianza che ci si può valorizzare sempre consultando un libro, soprattutto se “vivente”.
Claudia Gaetani
Lascia un commento