PERUGIA – È operativa dal 1734, anche se l’inaugurazione ufficiale avvenne dieci lustri più tardi, ma alzino la mano i perugini che l’hanno visitata. Pochi, vero? Eppure è un gioiellino non solo per gli affreschi, i quadri, le scaffalature, ma soprattutto per gli antichi e preziosi volumi che vi sono custoditi, che rappresentano un richiamo irresistibile per gli amanti delle rarità librarie. La “Biblioteca capitolare Dominicini” (dal cognome del sacerdote Antonio, perugino doc, che donò per testamento i suoi 658 libri per non “lasciarli in mano in mano ai pizzicagnoli” e con l’impegno per la cattedrale di farli consultare non solo internamente, ma al pubblico) rappresenta una delle ricchezze, nascoste, di Perugia, sebbene si trovi in pieno centro, nelle Logge di San Lorenzo, nel corpo della cattedrale.
Andrea Maiarelli, il direttore (dirige la struttura dal 2009), è sempre disposto ad indicare i quadri dei benefattori esposti nella seconda sala: Dominicini, appunto, ma pure Giovan Battista Alfani, sacerdote, della omonima famiglia patrizia perugina e Vincenzo Cavallucci, anche lui perugino, sacerdote e per anni insegnante all’Università di Padova. Di quest’ultimo molto interessanti i manoscritti di erudizione perugina. Il contenuto dei volumi è variegato e corrisponde ai gusti, agli studi e alla personalità dei vari donatori. Negli scaffali figurano testi e tomi di natura ecclesiastica, ma pure di letteratura e di diritto (Perugia è la città di Bartolo da Sassoferrato e di Baldo degli Ubaldi…). Circa 18mila i volumi ospitati, di cui 15mila del fondo antico, per cui a pieno titolo questa biblioteca può essere definita “storica”.
Tra i pezzi pregiati importanti incunaboli del Quattrocento, la rara raccolta di tutti i concili romani, la raccolta dei sinodi (tra le più complete del mondo: c’è anche il resoconto del sinodo di Trivento, cittadina del Molisano, che nemmeno in quella realtà è rimasto). Dei veri gioielli, poi, sono i famosi codici capitolari – ora in prestito al museo del Capitolo della Cattedrale – come il codex aureus o bizantino del VI sec. o gli Evangelari dell’VIII sec. o, ancora, un rarissimo codice armeno, scritto nell’alfabeto (indoeuropeo) di quella lingua. La seconda sala della biblioteca venne aperta nel dopoguerra grazie all’impegno di don Canzio Pizzoni, che in collaborazione con l’Università e in virtù di nuove acquisizioni e di abbonamenti a riviste specialistiche, l’ha resa vivace e l’ha rilanciata. Biblioteca e archivio, al tempo stesso, la Dominicini vale la pena di essere visitata, non solo dai turisti e dagli studiosi.
Per chi fosse interessato basta informarsi, per l’apertura (il martedì ed il mercoledì) con una telefonata allo 075-5731696. Buona visita.
Elio Clero Bertoldi
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