“Vite piene di Sapienza”. Questo è il titolo del progetto che nasce da un gruppo di bibliotecarie della Sapienza e nel quale sono stati coinvolti studenti e personale della stessa università.
Di cosa si tratta?
“Vita piene di Sapienza” è una biblioteca vivente, liberamente ispirata ai principi di “Human Library”: i libri sono quindi persone, ognuno con la propria storia da raccontare e, così come i libri, si faranno sfogliare dai visitatori che per l’occasione faranno davvero la parte dei lettori.
Il progetto “The Human Library” (in danese, “Menneskebiblioteket”) nasce a Copenaghen per contrastare l’aumento del clima di violenza tra i teenager: nel 2000 i fratelli Ronni e Dany Abergel e i colleghi Asma Mouna e Christopher Erichsen realizzano la prima biblioteca vivente. L’evento viene realizzato all’interno di un festival locale e prevedeva che la biblioteca fosse aperta 8 ore al giorno per 4 giorni di fila: disponibili oltre 50 libri. La vasta scelta permetteva ai lettori di leggere e mettere alla prova ogni tipo di pregiudizio, alla fine i lettori furono più di 1000.
L’idea della biblioteca vivente aveva riscontrato un parere molto positivo, così uno degli organizzatori, Ronni Abergel, decise di sfruttare il potenziale di quell’esperienza, andando alla ricerca di nuovi organizzatori per promuovere il suo progetto. Ad oggi sono più di 80 gli stati nel mondo in cui la Human Library è arrivata, molti dei quali sono in collaborazione con enti ed organizzazioni locali, per esempio in Italia si sono svolte biblioteche viventi sia a Pistoia che a Varese.
Il pensiero alla base di “Vite piene di Sapienza” è dunque quello che tutte le storie possono essere soggetto di discriminazioni, di pregiudizi e di stereotipi.
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