SANTA MARIA CAPUA VETERE (Caserta) – Nel cuore della provincia di Caserta si trova l’Anfiteatro Campano o Capuano, una meraviglia, ignorata dai più, silente testimone di epoche ormai passate. Si trova a Santa Maria Capua Vetere inglobato nel tessuto cittadino ed è il secondo anfiteatro del mondo antico per dimensioni, dopo il Colosseo di Roma, rispetto al quale è addirittura antecedente. L’Anfiteatro Campano, fu eretto tra la fine del I secolo e la fine del II secolo d.C. in sostituzione dell’arena d’età di Gracco. Della sua storia ci racconta l’epigrafe mutila dedicata da Antonino Pio all’imperatore Adriano. “La Colonia Giulia Felice Augusta Capua fece, il divo Adriano Augusto restaurò e curò vi si aggiungessero le statue e le colonne, l’imperatore Cesare T. Elio Adriano Augusto Pio dedicò”.
E’ un anfiteatro che probabilmente servì come modello essendo stato, verosimilmente, il primo del mondo romano. Fu sede della prima e rinomatissima scuola di gladiatori. All’esterno l’asse maggiore misura 170 metri mentre l’asse minore è di 139 metri. La struttura esterna disponeva di 4 piani dall’altezza complessiva di 46 metri tutti di ordine tuscanico. Riguardo alla data di costruzione dell’anfiteatro, non tutti gli storici ritengono attendibile il I secolo a.C. Secondo molti, l’attuale anfiteatro fu costruito tra il I e il II secolo d.C. sulle rovine di un anfiteatro precedente. Se è vera questa seconda ipotesi, allora il primo anfiteatro del mondo romano sarebbe quello di Pompei, costruito nel 70 a.C.
Ha un posto di grande importanza nella cultura classica e moderna, e nell’immaginario collettivo a livello mondiale, per essere stato il luogo da cui il gladiatore Spartaco guidò nel 73 a.C. la rivolta che per due anni tenne sotto scacco Roma negli anni immediatamente precedenti il primo triumvirato. L’anfiteatro, adibito ai giochi gladiatori, si prospettava in origine con i quattro ordini canonici di spalti. Essi erano accessibili tramite scale esterne e interne collegate ad altri livelli tramite gallerie. La facciata, inoltre, si apriva con ottanta arcate realizzate in blocchi di calcare di uguale ampiezza. Quelle poste ai quattro punti cardinali, invece, erano enfatizzate da semi-colonne adagiate a pilastri di ordine tuscanico.
Meraviglia e magnificenza si mostravano nelle chiavi d’arco dei primi due ordini di archi con ben 240 busti a rilievo che raffiguravano le divinità. Purtroppo, presso l’anfiteatro di Capua ne sono rimaste soltanto venti. Poche altre sono conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (come la Venera di Capua, rivenuta nell’area dell’anfiteatro) ed al Museo Provinciale Campano. L’anfiteatro, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, fu depredato nel 456 d.C. con il saccheggio di Genserico e nell’841 durante la guerra di successione del Ducato di Benevento dai Saraceni che lo utilizzarono come fortezza per i principi longobardi di Capua.
Viaggiare per il mondo per poi ritrovarsi, inaspettatamente, a Santa Maria Capua Vetere ad ammirare un’autentica meraviglia, sconosciuta al grande pubblico. Questa volta però, è stato diverso, è stato ancora più magico, perché nessuno si sarebbe aspettato di incontrare un anfiteatro di tali dimensioni, come quello nel cuore della remota provincia casertana. Nessuno si sarebbe immaginato di ritrovarsi ai piedi di una Storia così importante e allo stesso tempo sconosciuta, o meglio ignorata. Una sovrabbondanza di storia, di reperti, di dati, di fatti che altro non servono se non a farci percepire la grandezza della nostra tradizione e la bellezza che è in nostro possesso. Il nostro dovere è assolutamente quello di conoscere e tramandare.
Innocenzo Calzone
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